Eni, produzione e nuove scoperte trainano il piano
di Celestina Dominelli
3' di lettura
Anche se il prezzo del greggio mostra segnali di correzione di rotta, l'Eni procede lungo la direzione prudente che il numero uno Claudio Descalzi ha impresso fin dal suo arrivo alla guida del gruppo, puntando ancora sul suo instancabile motore, l'upstream, che continua a girare a pieni giri grazie alla rifocalizzazione su progetti ad alto valore aggiunto (su prospetti convenzionali e vicini a impianti esistenti per sfruttare al massimo le sinergie), alla generazione di cassa assicurata dalla vendita di parte degli asset (quelli in cui il Cane a sei zampe detiene quote rilevanti e può quindi diluirsi senza perdere il controllo, come per Zohr e il Mozambico) e al traino costante delle nuove scoperte, e portando a compimento la ristrutturazione degli altri business (gas e power e chimica), che, dopo anni di difficoltà, sono tornati a fornire un contributo positivo e dove il prossimo passo è la creazione di un braccio ad hoc per il segmento retail (con i suoi 10 milioni di clienti). È questo il cuore del piano strategico 2017-2020 che il gruppo ha svelato oggi alla comunità finanziaria, riunita nel centro della City, in cui si conferma una cedola di 80 centesimi per quest'anno con la promessa di una politica di distribuzione crescente, in linea con il rialzo degli utili e, naturalmente, con un occhio allo scenario
Il traino di produzione e nuove scoperte
La spinta principale, come detto, continuerà ad arrivare dall'upstream dove, nonostante il taglio degli investimenti del 13% (con una riduzione del 10% solo per l'esplorazione), la produzione di idrocarburi crescerà ancora del 3% annuo nell'arco di piano (con un incremento già del 5% quest'anno rispetto al 2016, un dato, quest'ultimo, su cui era molto alta l'attesa degli analisti), supportata dal progressivo aumento della produzione (ramp-up) e dall'avvio di nuovi progetti, nonché dall'ottimizzazione dell'esistente. L'esplorazione rimane il grosso driver di Eni, pronta a fare anche meglio del piano precedente: da qui al 2020, infatti, il gruppo prevede nuove scoperte per 2-3 miliardi di barili, il doppio dell'asticella fissata finora.
Avanti con la ristrutturazione negli altri business
Nel gas, invece, che, nel corso del mandato di Descalzi, ha cambiato verso praticamente azzerando le perdite accumulate negli anni e che è destinato, come noto, a raggiungere il break-even quest'anno (e con l'Ebit atteso a oltre 600 milioni dal 2019), le prossime mosse passano per la valorizzazione del retail - che diventerà una società ad hoc in vista di una futura valorizzazione ancora tutta da decidere però - e per la capacità di estrarre il massimo ritorno dal proprio portafoglio. Anche la raffinazione e la chimica faranno la loro parte e, per fronteggiare al meglio la congiuntura ancora molto complicata, il gruppo lavorerà a ridurre ulteriormente il margine che garantisce il pareggio nella raffinazione a 3 dollari circa al barile entro il 2018 e a procedere lungo la via dell'ottimizzazione degli impianti e dell'avvio delle bio-raffinerie di Venezia e Gela, nonché attraverso un mix di innovazione ed efficienza dal lato del marketing. Mentre la chimica continuerà a puntare su specialità ad alto margine e sulla svolta “green” già avviata.
Nuovo traguardo per le dismissioni
L'Eni puntella quindi la sua strategia che, in questi anni di mini-greggio, le ha consentito di superare la tempesta abbattutasi sul settore dell'oil&gas. La direzione quindi resta la stessa con uno nuovo sforzo anche sulle dismissioni. Il traguardo annunciato oggi è di 5-7 miliardi, che vanno ad aggiungersi ai 18 miliardi di euro già realizzati negli ultimi 4 anni e che saranno assicurate sopratutto dalla vendita di quegli asset, come già accaduto, per esempio, con Zohr (che da sola ne ha garantiti 2 miliardi), in cui Eni può cedere quote avendo pacchetti molto rilevanti e conservare comunque il controllo (dual exploration).
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