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Eni, spunta l’ipotesi dell’acquisizione di Neptune Energy. Partita da 5-6 miliardi

Il gruppo italiano è in trattative preliminari per l’acquisizione del produttore britannico di gas e petrolio

di Alberto Magnani

(dpa Picture-Alliance via AFP)

2' di lettura

Eni sarebbe entrata in trattative preliminari per l’acquisizione del produttore di gas e petrolio Neptune Energy, in un’operazione dal valore stimato in 5-6 miliardi di dollari Usa. È l’indiscrezione rilanciata dall’agenzia Reuters, anche se al momento non risulta formalizzata alcuna offerta ufficiale. Né Eni né Neptune Energy hanno rilasciato commenti sui rumour circolati finora. Neptune Energy produce circa 130mila barili di petrolio equivalente al giorno ed è posseduta da China Investment Corporation (CIC), Carlyle Group e CVC Capital Partners. Le sue operazioni sono dispiegate fra Norvegia, Regno Unito, Indonesia, Paesi Bassi e altre regioni, in alcuni casi in mercati già presidiati dalla stessa Eni.

Eni tenta la via della diversificazione

Nella prospettiva del gruppo italiano, il take-over potrebbe spingere verso la diversificazione e irrobustire il segmento del gas naturale nel suo mix produttivo. L’obiettivo di Eni è che la componente gas raggiunga il 60% della produzione complessiva di idrocarburi entro il 2030, alzandosi a un picco del 90% nel 2050. Una traiettoria che si sposerebbe bene con la fisionomia di Neptune, gruppo che ricava dal gas circa tre quarti della sua produzione complessiva. Il gruppo è stato fondato nel 2015 con fondi controllati dai private equity Carlyle e CVC Capital Partners, a tutt’oggi fra i principali azionisti con quote pari - rispettivamente - al 30,6% e del 20,4%. La China Investment Corporation si è imposta come prima azionista nel 2018, salendo dal 30% all’attuale 49% quando Neptune ha messo le mani sul 70% di Exploration & Production International, una sussidiaria del gruppo francese Engie.

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L’ipotesi Ipo per Neptune

A quanto riporta l’agenzia Bloomberg, i proprietari di Neptune hanno lavorato con advisers come Rotschild&Co. e Goldman Sachs per valutare nuove ipotesi di business, inclusa la vendita. Al momento, scrive ancora Bloomberg, non sono state prese decisioni su un eventuale accordo con Eni e il gruppo potrebbe valutare anche vie «alternative» come il debutto in Borsa. Neptune aveva già considerato l’ipotesi di quotarsi, ma a fine agosto l’amministratore delegato Pete Jones ha escluso lo sbarco sui listini nel 2022. «Non vediamo un’apertura in questo momento» ha dichiarato, secondo quanto riporta Reuters. Il gruppo conta su un organico di quasi 1.300 dipendenti e ha chiuso il terzo trimestre del 2022 con ricavi per 1,262 miliardi di dollari, contro i 638,7 milioni dello stesso periodo del 2021, a fronte di profitti netti calati da 175,7 milioni di dollari Usa a 90,2 milioni. La società prevede di aumentare la produzione a 165mila barili di petrolio equivalente nel 2023, il frutto di 4 miliardi di dollari in investimenti avviati nel 2018.

Riproduzione riservata ©
  • Alberto MagnaniRedattore

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: inglese, tedesco

    Argomenti: Lavoro, Unione europea, Africa

    Premi: Premio "Alimentiamo il nostro futuro, nutriamo il mondo. Verso Expo 2015" di Agrofarma Federchimica e Fondazione Veronesi; Premio giornalistico State Street, categoria "Innovation"

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