ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLe partite d’autunno

Eni stringe i tempi sul dossier Plenitude: prima cessioni di asset, poi Piazza Affari

Entro fine anno la vendita di una quota di minoranza agli svizzeri del fondo Eip: sul piatto un 10-15 per cento. Per l’Ipo della società l’orizzonte ora è il 2024

di Celestina Dominelli

La strategia. La valorizzazione di Plenitude è basata sul modello satellitare voluto dall'ad Descalzi

4' di lettura

Eni stringe sulla valorizzazione di Plenitude, il “braccio” che integra la produzione da rinnovabili, la vendita di energia, i servizi energetici e un’ampia rete di punti di ricarica per veicoli elettrici. Sul tavolo ci sono, come noto, due «opzioni congiunte e coincidenti», per dirla con le parole del ceo Claudio Descalzi: la cessione di un pacchetto di minoranza e il collocamento in Borsa. Operazione, quest’ultima, che il gruppo aveva già tentato di mettere in pista a giugno dello scorso anno attraverso una Ipo (offerta pubblica iniziale), poi congelata, e che al momento, date le incertezze del mercato, è da escludere possa andare a traguardo prima dell’inizio del 2024.

L’accelerazione della vendita di una quota di minoranza

Ecco perché l’altro binario, la vendita di una quota tra il 10% e il 15%, ha perciò subito un’accelerazione e potrebbe chiudersi entro fine anno, forse già in autunno. A tratteggiare lo stato del negoziato, lasciando intuire che la partita è vicina alla conclusione, è stato il cfo del gruppo, Francesco Gattei, nell’ultima conference call sui risultati semestrali: «La trattativa per la cessione di una quota di minoranza di Plenitude è a uno stadio avanzato, c’è bisogno di tempo per definire molti dettagli, di governance e di valore. Una volta che tutti gli elementi saranno definiti lo comunicheremo».

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In pista il fondo svizzero Eip

In pista, secondo i rumors, ci sarebbe il fondo svizzero Energy Infrastructure Partners (Eip), il cui profilo - specializzazione forte sul settore energetico unita a un approccio a lungo termine (che ha portato Eip a diventare partner industriale di diversi big del- comparto, a partire da Statkraft, il più grande produttore di energia rinnovabile in Europa) - sembra sposarsi perfettamente con l’identikit tracciato su questo giornale, a fine luglio, dallo stesso ad Descalzi. «Le condizioni di mercato allungano forse i tempi di una Ipo - aveva spiegato il top manager commentando i risultati del semestre - ma non impediscono la selezione accurata e bilanciata di un investitore strategico, che dovrà cioè partecipare al percorso di crescita della società e alla nostra visione strategica che è quella della quotazione». Perché la strada dell’approdo a Piazza Affari non è stata accantonata, ma sarà rivitalizzata non appena si presenterà una finestra di mercato favorevole.

La valorizzazione di Plenitude

Nel frattempo, Eni punta a chiudere la cessione di una minoranza (si parla di un 10-15%) per un deal che potrebbe toccare il miliardo. Secondo le stime in circolazione, l’ultima delle quali firmata da Jeffries, Plenitude avrebbe infatti un valore di circa 10 miliardi di euro, incluso il debito.

Nel portafoglio 10 milioni di clienti europei nel retail

La società benefit, al cui timone siede da novembre del 2021 Stefano Goberti, fornisce energia a circa 10 milioni di clienti europei nel mercato retail e punta a raggiungere oltre 11 milioni di clienti entro il 2026. Plenitude vanta inoltre un portafoglio di 2,5 gigawatt di capacità rinnovabile in esercizio e ha l’obiettivo di centrare oltre 7 GW installati al 2026 e oltre 15 GW al 2030. Mentre, nel settore della mobilità elettrica, possiede una rete di oltre 16mila punti di ricarica che sarà ampliata sia in Italia che in Europa per toccare l’asticella dei 30mila punti entro il 2026. Plenitude è inoltre leader in Italia nella generazione distribuita da impianti fotovoltaici di piccola taglia.

Semestre in crescita per la società benefit

Secondo i dati diffusi da Eni a fine luglio, la società ha chiuso il secondo trimestre con un utile operativo adjusted di 133 milioni di euro, in aumento del 19% rispetto allo stesso periodo del 2022, grazie al traino della performance positiva del business retail e dell’entrata a regime della capacità installata di generazione rinnovabile e delle relative produzioni. A fine giugno, infatti, la capacità green della società era pari, come detto, a 2,5 gigawatt, in aumento di circa 1 GW rispetto al 30 giugno 2022, per via soprattutto delle acquisizioni effettuate in Italia (Gruppo Plt), in Spagna (Boreas e Helios), negli Stati Uniti (Kellam), allo sviluppo organico dei progetti di Brazoria negli Stati Uniti, Cerillares in Spagna e in Kazakhstan con la prima tranche del progetto Shaulder, nonché alla realizzazione del primo impianto di accumulo di energia in Italia, presso il sito di Assemini. Mentre la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha toccato quota 980 gigawattora nel secondo trimestre 2023 (in aumento di 318 GWh rispetto allo stesso periodo del 2022). Un trend di crescita registrato anche sul semestre, archiviato con un utile operativo adjusted di 265 milioni (+6% sull’anno prima).

Il modello satellitare

Numeri che confermano la validità della strategia del gruppo basata sul modello satellitare che prevede di investire sui propri asset liberando al contempo risorse aggiuntive per gli investimenti nella transizione energetica. Questa via ha portato per l’appunto alla creazione di società dedicate, come Plenitude, impegnate nella progressiva riduzione e azzeramento delle emissioni “Scope 3”, e mira a far emergere il valore inespresso mediante possibili cessioni di quote minoritarie o la quotazione sul mercato. Percorsi stringenti di valorizzazione, insomma, che il gruppo intende mettere in campo anche per Eni Sustainable Mobility, il veicolo che racchiude attività di bioraffinazione, commercializzazione e distribuzione di tutti i vettori energetici per la mobilità.

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