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Enpam: «Senza reti di tlc efficienti e capillari si rischia di avere un 'telemedicina divide'»

La posizione di Alberto Oliveti, presidente dell'Enpam. Occorre, aggiunge, una provata efficia delle applicazioni

di Simona Rossitto

Alberto Oliveti, presidente Enpam

2' di lettura

La sfida più importante, in tema di telemedicina, è avere «una tecnologia di supporto uniformemente distribuita e fruibile su tutto il territorio nazionale». Lo afferma Alberto Oliveti, presidente della Fondazione Enpam, facendo un punto, a tre anni dalla pandemia, sullo stato e lo sviluppo della telemedicina in Italia. Altrimenti, dichiara a DigitEconomy.24, report del Sole24Ore Radiocor e di Digit'Ed, gruppo attivo nella formazione e nel digital learning, «il rischio è che la telemedicina diventi paradossalmente uno strumento di accentuazione del social e digital divide che già c'è nel nostro Paese». Aggravando la situazione con il «telemedicina divide».

«Occorre avere una provata efficacia delle applicazioni»

Un altro punto da sottolineare, molto importante e su cui non c'è abbastanza enfasi, è, secondo Oliveti, la necessità di avere sempre una provata efficacia delle applicazioni. «La parola ‘telemedicina' viene usata in maniera generica, riguarda tante branche. Innanzitutto, c'è una medicina specialistica che è quella che riguarda, ad esempio, la televisita e la teleconsulenza, la diagnostica per immagini. C'è poi una medicina di base più orientata sul mantenimento della salut.e, oltre che sul versante assistenza e cura della malattia. Infine, c'è una terza forma di utilizzo della telemedicina, nel controllo sociale non strettamente collegato a pratica medica. Ad esempio, quella che si può applicare a un vecchietto che vive solo in casa, in modo da monitorarlo. Non tutto, ripeto, è di comprovata efficacia, non ci sono ancora evidenze scientifiche consolidate su tutte queste branche, per questo bisogna stare attenti». E in tutti questi scenari è necessaria avere una connessione Internet «uniforme, stabile e capillare, occorrono infrastrutture digitali come banda ultra larga, torri, fibra che coprano tutta la Penisola».

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«Puntare sulla formazione e sulla collaborazione tra tecnici e clinici

Un terzo aspetto da considerare è quello della formazione che dovrà riguardare «tutti gli addetti e sarà focalizzata sull'uso delle tecnologie. Sempre restando in questo contesto, servirà inoltre una collaborazione nuova tra tecnici e clinici. Come Enpam abbiamo fatto un accordo con l'Iss per avere tutti i loro tutti contenuti formativi sulla telemedicina in Tech2Doc , piattaforma che abbiamo costruito per garantire a tutti i medici iscritti all'Enpam un aggiornamento sulle frontiere tecnologica e digitale». In più, la formazione va iniziata nelle Università: «stiamo parlando con diverse realtà, ci sono discussioni in corso, per realizzare anche su questo fronte una collaborazione».Nello scenario in evoluzione della telemedicina è importante il ruolo dei finanziamenti del Pnrr, ma, avverte Oliveti, «occorre pure andare avanti con le riforme» legate ai fondi europei. «Ognuno - afferma deve fare la sua parte e la telemedicina va intesa come un cassetto al cui interno troviamo tante declinazioni, è un cassetto da aprire, da cercare di realizzare pezzo per pezzo».

«Puntare sulla riqualificazione degli studi professionali»

Quanto all'obiettivo del Pnrr di rilanciare il territorio, Oliveti propone, tra le altre cose, di puntare sulla riqualificazione della rete degli studi professionali esistenti. Bisogna investire a livello digitale, fornendo interconnessione e dotazione tecnologica appropriata per il livello, poi devono esser messi in grado di lavorare in team, in squadre, ed è importante che ci sia qualcuno che gestisca il sovraccarico burocratico-amministrativo»

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