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Enrico Caruso a Palazzo Reale

A Napoli il primo museo nazionale dedicato al grande tenore

di Cesare Balbo

2' di lettura

Dopo la Casa museale di Luciano Pavarotti e il museo dedicato a Renata Tebaldi arriva quello dedicato a un altro grande della lirica: il primo museo nazionale intestato a Enrico Caruso, uno dei più grandi tenori di tutti i tempi. È stato inaugurato a Napoli all'interno del Palazzo Reale in occasione dell'anniversario della nascita ( 25 Febbraio 1873). Non poteva che essere la sua città natale ad ospitarlo da lui idealizzata nella celebre interpretazione di “ ‘O sole mio”, scritta dal compositore Di Capua su testo di Capurro, non nel capoluogo campano ma a Odessa sul mar Nero, ma per l'eterogenesi dei fini la canzone è diventata un inno di amore per Napoli.

Si è aspettato una ricorrenza per celebrarlo arrivando persino dopo Hollywood, dove sulla “Walk of Fame “ il tenore ha ricevuto l'onore di una stella a cinque punte infissa nel viale che immortala la gloria dell'arte. Una straordinaria testimonianza d'affetto per un artista che fece innamorare l'America, dove era emigrato come milioni di connazionali tra la fine dell'800 e l'inizio del ‘900. Certo non come quelli descritti nei bastimenti che partivano per terre assai lontane, ma un emigrante di successo alla conquista dell' America né più né meno come fecero i Beatles negli anni Sessanta.

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Il debutto

Il suo debutto avvenne 120 anni fa al Metropolitan di New York dove rimase sotto contratto per diciassette anni.Finora Napoli nel centenario della morte ( 2 Agosto 1921) oltre a intitolargli la Stazione Marittima di Napoli, per onorare la sua arte e la memoria degli emigranti di tutto il mondo in ogni epoca, aveva reso museo la sua casa natale. Al suo interno già si potevano ammirare lettere, foto, caricature, locandine, un grammofono del ’900 e un personale bastone da passeggio. Nel nuovo spazio permanente curato da Laura Valente, è allestita una collezione rara di cimeli e incisioni originali, in parte donati.

Intuizioni

Visitandolo si può cogliere il senso non solo per l'arte anche per l'innovazione di Caruso, rispetto ad altri cantanti più diffidenti verso le nuove tecnologie. Ben si comprende la sua intuizione circa le potenzialità artistiche ed economiche della discografia: fu tra i primi a incidere dischi con arie d'opera per conto della casa inglese “Gramophone & Typewriter Company” che lo fecero conoscere in tutto il mondo.L'aria “Vesti lagiubba” dall'opera “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo, incisa negli Stati Uniti per l'etichetta Victor, è il primo disco a superare il traguardo del milione di copie vendute. In seguito gli venne tributato un premio postumo, il Grammy Hall of Fame nel 1975.Nella monumentale “Sala Dorica” è allestita non solo un'esposizione di preziosi oggetti carusiani, ma si entra in una vera e propria stanza delle meraviglie, con animazioni in 3D e piattaforme multimediali, postazioni e installazioni musicali e cinematografiche.


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