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Enrico Giovannini (Asvis): “Bisogna lavorare per rendere la transizione giusta”

Secondo l'ex ministro, oggi direttore scientifico dell'Alleanza per lo sviluppo sostenibile, il rilassamento delle regole Ue sugli aiuti di Stato e la rimodulazione dei fondi disponibili possono aiutare i Governi a supportare chi ne ha bisogno

di Laura La Posta

Enrico Giovannini

3' di lettura

La transizione ecologica deve essere giusta: così è scolpito nella roccia di tutte le norme europee. Ma una transizione così rapida come quella attuale, imposta a suon di regolamenti Ue immediatamente attuabili e sostanzialmente dettata dai Paesi nordici - per realizzare gli obiettivi del Green deal e per completare il pacchetto Fit for 55 - pare non giusta per definizione. Quanto sono giuste delle spallate normative per spostare in poco tempo interi comparti economici (auto, casa, energia, packaging, oltre a trasporti e industria pesante impattati dal sistema Ets 2) su produzioni o pratiche ecologiche, con scarsi o inaccessibili fondi per la riconversione?

Su questi temi il Sole 24 Ore ha interpellato, in occasione del Festival dell’economia di Trento, il direttore scientifico dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis) ed ex ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini. Paladino della sostenibilità, creatore del maggiore stakeholder italiano sul tema, l’Asvis appunto, e advisor dell’Unione europea, Giovannini non poteva che fare una difesa appassionata delle politiche Ue.

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«Con la strategia del Green deal e tutte le norme varate, l’Unione europea è di fatto il luogo politico più sostenibile al mondo: gli Stati Uniti inseguono e stanno copiando le nostre soluzioni- ha spiegato -. Eppure tutto ciò non basta: neanche l’Europa, di questo passo, potrebbe raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 Onu (e firmata da tutti gli Stati) entro il 2030. Bisogna accelerare, perché il cambiamento climatico in atto non ci aspetta e progredisce, purtroppo, con i suoi effetti nefasti che tutti vogliamo e dobbiamo evitare. Anche per senso di responsabilità verso le generazioni future».

Permane però l’impressione, tra le imprese soprattutto, che la transizione ecologica sia cosa buona e giusta - quella energetica in particolare è fondamentale anche in chiave geopolitica - ma che la Ue abbia perso tempo negli anni passati e ora stia accelerando in vista delle elezioni europee del giugno 2024. Di qui la raffica di regolamenti, proposte di direttive e direttive sparata su base quasi settimanale. «La Commissione von der Leyen e tutte le istituzioni europee sono state fortemente rallentate dal Covid - spiega Giovannini -. Non si è perso tempo ma c’era un’emergenza da gestire in via prioritaria, poi si è dato spazio ai negoziati con gli Stati che si sono rivelati complessi. Ora le misure arrivano a compimento tutte insieme, per motivi tecnici. Ma non c’è dubbio che questa legislatura europea sia stata quella della svolta verde». Ora però si pretende che i Paesi e i sistemi economici si adeguino, correndo a rotta di collo. Ma Ursula von der Leyen rischia sul campo di battaglia di negoziati ed elezioni di scoprirsi un generale senza più esercito alle spalle. «Gli Stati devono negoziare al momento opportuno, chiedendo deroghe o esenzioni motivate (ad esempio noi lo abbiamo fatto per i piccoli produttori di auto e furgoni), poi però devono rispettare gli impegni presi; è poco efficace se il Governo successivo chieda di rinegoziare tutto, fuori tempo massimo», chiosa Giovannini.

Il riferimento è all’Italia, naturalmente, ma l’ex ministro non vuole polemizzare con il Governo Meloni. Resta però il tema della transizione giusta, che necessita di un supporto pubblico per la riconversione delle imprese, ben oltre il sostegno ai cittadini e ai territori garantito in prevalenza dal Just transition fund europeo. Confindustria parla di 650 miliardi di investimenti necessari in Italia, con il Pnrr che ne copre solo 60-70 e il resto sulle spalle di aziende e famiglie. «I fondi ci sono, garantiti da più strumenti, non solo dal Pnrr, e dovrebbero essere affiancati da altrettanti investimenti privati che si dimostreranno remunerativi - conclude Giovannini -. Il rilassamento delle regole europee sugli aiuti di Stato e la rimodulazione di fondi disponibili, indirizzandoli dove occorrono, possono aiutare i Governi a supportare chi ne ha bisogno. La transizione è nelle nostre mani: se vogliamo renderla giusta dobbiamo lavorare tutti per renderla giusta».

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