Enti funzionali europei per ridare coesione a una Unione incrinata
Il Consiglio europeo del 6 e 7 ottobre si troverà di fronte a molti e gravi problemi
di Alberto Quadrio Curzio
4' di lettura
Il Consiglio europeo del 6 e 7 ottobre si troverà di fronte a molti e gravi problemi. Il più recente è la decisione della Germania di mobilitare 200 miliardi di euro per contrastare la sua crisi economico-sociale, dovuta all’aumento dei prezzi dell’energia. Si pone così alla Ue e alla Uem un problema che è sia economico sia politico-istituzionale. Problema che si aggrava per l’opposizione della Germania a fissare un tetto massimo al prezzo del gas per gli acquisti dei Paesi della Ue. Su entrambe le scelte sono già stati fatti molti commenti negativi che evidenziano come questo unilateralismo tedesco ha molteplici effetti dannosi.
Si tratta di un vulnus alla forza unitaria contrattuale della Ue per gli approvvigionamenti di energia e un messaggio che gli Stati forti della Ue possono fare da soli. Collocando questa decisione in un contesto più di lungo periodo si possono avanzare alcune altre interpretazioni forse non chiare al presente ma che vanno considerate.
La prima è che il governo Scholz sia nel panico per l’inflazione e la crisi del suo sistema economico la cui competitività molto dipendeva dal gas russo a prezzi bassi. La seconda è che quel governo pensi che operando da solo si può salvare, mentre gli altri Stati della Ue e della Uem non hanno la forza per contrastare le sue decisioni e non solo per i meccanismi unanimistici nei Consigli della Ue. La terza è che la Germania, dati i suoi ampi margini di bilancio e la sua credibilità sui mercati finanziari per collocare i suoi titoli di debito pubblico, voglia usare a fondo questa sua forza. Ciò potrebbe danneggiare altri Stati che gia faticano a finanziarsi sui mercati e sui quali potrebbe quindi arrivare un patto di stabilità e crescita rivisitato dai “falchi” delle Ue e Uem.
Queste ipotesi convergono in due conclusioni pericolose per Ue e Uem.
Una riguarda l’economia reale e cioè il rifiuto di una politica energetica unificata in Europa. Quando mesi fa Mario Draghi propose un prezzo massimo (price cap) unificato per l’acquisto del gas (e quindi a cascata per altre materie prima energetiche) il potere contrattuale della Ue era molto più forte e sarebbe anche aumentato. La decisione avrebbe potuto assumere anche carattere preparatorio alla creazione di un Ente funzionale energetico europeo che da tempo propongo.
Un’altra conclusione riguarda l’economia monetaria e finanziaria. Perché la Germania con un’inflazione sopra il 10% presto spingerà la Bce ad aumentare i tassi di interesse con effetti pesanti sugli Stati (come l’Italia) che hanno debiti pubblici imponenti. La politica monetaria della Bce è già alquanto confusa con la Presidenza Lagarde e non potrà continuare ad acquistare titoli di stato dei Paesi della Uem. La via d’uscita non è però quella di strozzare dalla sera alla mattina gli Stati con alti debiti pubblici e di accentuare il rischio di recessione senza controllare l’inflazione che è da costi dell’energia e delle materie prime. La scelta strategica sarebbe quella di creare degli Enti funzionali europei che svolgano dei ruoli specifici e che così diano forza unitaria a
una Uem che rischia sempre di più.
Un indicatore sintetico della disunione europea è quello del cambio dell’euro sul dollaro i cui effetti saranno gravi e non solo perché i prezzi delle materie prime che sono quasi tutti in dollari ma anche per i flussi di capitali verso l’area del dollaro. In aggiunta anche tutti i servizi e i prodotti degli oligopoli/monopoli degli Usa costeranno di più.
Dopo il 2003, sotto il cambio alla parità, si era scesi brevemente tra il 2016 e il 2018 durante la crisi finanziaria. Ma allora il duo Draghi-Merkel anche con il supporto di François Hollande ed Emmanuel Macron guardava alla Uem come entità unificata da rafforzare. Ho l’impressione che la coppia formata da Olaf Scholz e Christine Lagarde non sia all’altezza della gravità della situazione e non sappia cercare orientamenti nella storia della Costruzione europea. Questo indebolisce molto anche la posizione della presidente della Commissione Ursula von der Leyen che non ha più il supporto della Cancelliera Merkel, buona conoscitrice anche della storia dei rapporti internazionali. La dimostrazione ultima del suo concreto europeismo (sempre presente sia pure con qualche discontinuità) si è vista nella crisi della pandemia quando nel luglio del 2020 al Consiglio europeo (con il quale iniziò anche il semestre di presidenza Merkel del Consiglio stesso) fu varato il Recovery Plan. Anche von der Leyen fu eccellente con un’innovazione della Unità europea di questo inizio di XXI secolo. I Commissari europei Thierry Breton (Mercato interno) e Paolo Gentiloni (Economia) hanno ieri proposto che si vari uno strumento tipo “Sure” (utilizzato nella pandemia) per «aiutare gli europei e gli ecosistemi industriali» e per arrivare poi a «beni pubblici europei» per l’energia e la difesa. Spero che questa sia una proposta diplomatica per arrivare agli Enti funzionali europei che ho sempre sostenuto.
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