Entro il 2026 la super fibra arriverà nel 68% delle abitazioni
di Andrea Biondi
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Ai primi tre posti Bolzano, Udine e Palermo. All’estremo opposto Oristano, Nuoro, Sud Sardegna (dove l’intervento riguarderà all’incirca 3 civici su 4), ma anche Chieti, Vibo Valentia, Sassari, L’Aquila, Catanzaro, Teramo e Potenza. Qui dalla metà al 61% dei civici dovranno essere oggetto di intervento statale per arrivare al 2026 ad avere la soglia di 1 gigabit per secondo necessaria a garantire gli obiettivi di connettività definiti nel Digital Compass europeo.
Eccola, per province, la fotografia della banda ultralarga in Italia al 2026, frutto della mappatura effettuata da Infratel (società in house del ministero dello Sviluppo economico) la scorsa estate, sulla base dei cantieri in corso, ma soprattutto degli investimenti previsti dalle telco di qui ai prossimi 5 anni nelle aree grigie (un’unica rete privata presente o prevista) e nere (almeno due reti private).
A scattarla è I-Com, think tank presieduto da Stefano da Empoli, che ha analizzato tutti i civici indicati nei file excel allegati alla ricognizione Infratel elaborando la classifica nazionale della banda ultralarga al 2026. È a quella data infatti che gli operatori privati hanno presentato i loro piani di investimenti, in modo che lo Stato possa concentrare l’intervento pubblico dove i loro progetti non garantiscono una velocità di connessione stabile in download pari o superiore a 300 megabit al secondo. La soglia di 300 Mbit/s sopra la quale scatta l’intervento pubblico è stata ritenuta dal ministero dell’Innovazione tecnologica e la transizione digitale guidato da Vittorio Colao l’unica in grado di garantire il principio del salto tecnologico che per le regole Ue giustifica l’aiuto di Stato.
È così, dunque, che i dati puntualizzano come l’Italia sarà connessa al 68% alla rete ultraveloce (con una velocità maggiore di 1 Gbps) entro il 2026, al netto degli interventi previsti dal Pnrr.
«Le risorse finalmente ci sono, sebbene siano ancora in discussione i meccanismi di assegnazione», ha sottolineato il presidente I-Com Stefano da Empoli. Secondo l’economista, «al netto dei tempi burocratici, i restanti 4 anni a disposizione per l’infrastrutturazione costituiscono un tempo assai limitato, in cui rischiano persino di non essere sufficienti le imprese e le risorse umane necessarie a portare a termine i lavori». Per questo motivo «potrebbe essere utile prevedere meccanismi incentivanti per ottimizzare il numero degli interventi e favorire la condivisione delle opere tra i diversi operatori, così come valutare opportune politiche di reskilling aziendale finalizzate ad aumentare la forza lavoro impegnata in queste mansioni».
La fotografia provinciale (che rappresenta il valore aggiunto del lavoro di I-Com presentato due giorni fa) si unisce con quella regionale emersa già a valle della consultazione e da cui traspare che la prima regione per copertura ad almeno 1 Gbps sarà nel 2026 il Friuli-Venezia Giulia (84%), seguita da Sicilia (79%), Trentino-Alto Adige (78%) e Liguria (76%). Tra le regioni del Sud solo Puglia (72%) e Molise (71%) figurano al di sopra della media nazionale (68%). Questo al 2026 perché quella consultazione non dà risposte sul livello attuale di copertura che I-Com prova a estrapolare invece dalla broadband map dell’Agcom, indicante lo stato di copertura delle famiglie italiane distinto per tecnologia: Fttp (fiber to the premises) equivalente del Ftth (fiber to the home); Fttc (fiber to the cabinet) e Dsl. E così si vede che la copertura in fibra con reti Fttp raggiunge il 34% delle famiglie a livello nazionale con la copertura maggiore nel Lazio (50%) e la più bassa in Calabria (10%), dove però è presente una estesa copertura della rete Fttc (frutto dei bandi Eurosud) che copre un ulteriore 89% delle famiglie della regione.
È in questo quadro che le speranze dell’Italia digitale sono riposte nel progetto “Italia a 1 Giga” da 3,8 miliardi di euro (da risorse del Pnrr) che è stato prenotificato dall’Italia alla Commissione e di cui si stanno discutendo gli ultimi aspetti per procedere alla notifica, passaggio finale per l'autorizzazione in materia di aiuti di Stato e per la conseguente gara (nel 2022) per la copertura nelle aree grigie e nere a parziale o più elevata concorrenzialità e in quelle aree bianche, a fallimento di mercato, che sono rimaste fuori dall'intervento pubblico del 2016. In quest’ultimo caso il pallino è nelle mani di Open Fiber, che ha vinto i tre bandi (fra 2017 e 2019) per la realizzazione di una rete di proprietà statale data in concessione ventennale. Sul sito Infratel si legge che, rispetto ai 6.232 comuni coinvolti «dall’avvio operativo del Piano Bul sono in totale 2.574 (oltre 2.700 secondo i dati forniti dall’azienda) i comuni in commercializzazione (843 in più rispetto a dicembre 2020), 1.467 i comuni collaudati positivamente (838 in più rispetto a dicembre 2020), 4.890 i cantieri aperti (1.175 in più rispetto a dicembre 2020)». In totale, non solo nelle aree bianche, Open Fiber ha oltre 12,7 milioni di unità immobiliari cablate complessivamente, di cui 7,5 su aree nere.
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