Epatiti: 8mila infezioni al giorno nel mondo, l’obiettivo ora è eradicare il virus
Possono causare infezioni croniche e gravi problemi al fegato. Più di un milione di persone muore ogni anno per le conseguenze derivanti da queste malattie
di Francesca Indraccolo
I punti chiave
7' di lettura
Sono ottomila le nuove infezioni causate ogni giorno dai virus dell'epatite B e C nel mondo, per un totale di tre milioni l'anno, e sono più di un milione le morti a esse correlate. L'Organizzazione mondiale della Sanità lancia l'allarme alla vigilia della Giornata mondiale dell'Epatite, che si celebra il 28 luglio, istituita dell’ente sanitario internazionale per sensibilizzare i governi a mettere in campo azioni e programmi con l'ambizioso obiettivo di eradicare le epatiti entro il 2030. Secondo i dati diffusi dall'Oms, 325 milioni di persone vivono con un'infezione cronica.
Solo il 10% di chi ha sviluppato epatite cronica di tipo B h una diagnosi, percentuale che sale al 21% nel caso dell'epatite C, e l'accesso alle cure è ancora troppo basso. La malattia può restare a lungo silente e non diagnosticata e quando i sintomi compaiono può aver già danneggiato il fegato causando la cirrosi epatica e l'epatocarcinoma.
Salvare il fegato per salvare la vita
Lo slogan scelto quest'anno per la campagna di comunicazione è «One life, one liver» («Una vita, un fegato»), un claim che vuole porre l'accento su quanto si può fare per proteggere questo organo, che svolge quotidianamente ben 500 funzioni al servizio del nostro metabolismo, e la propria salute.Le armi a disposizione per contrastare questa minaccia alla salute pubblica ci sono. A partire dalla diagnosi precoce, grazie agli screening e ai test di laboratorio, passando dal trattamento farmacologico e dalla prevenzione. In particolare, quella attuabile con il vaccino contro l'epatite B, in Italia obbligatoria già dal 1991.Un'altra questione non va trascurata. Diagnosticare l'infezione nelle persone inconsapevoli di essere contagiate, consentendo loro di evitare le complicanze di una malattia epatica avanzata, permette anche di interrompere la circolazione del virus impedendo nuove infezioni che si trasmettono a seguito del contatto con sangue e fluidi corporei infetti. I virus che causano l'epatite sono A, B, C, D ed E. Sotto la lente dell'Oms sono particolarmente attenzionate le infezioni causate dalla B e dalla C proprio per la minaccia che rappresentano per il fegato e le gravi conseguenze per la salute di chi ne è affetto.
L'identikit dei virus: l’epatite B e il vaccino
L'epatite virale B è causata da un virus a DNA appartenente al genere degli Orthohepadnavirus della famiglia degli Hepadnavirused. «Si tratta di uno dei virus tra i più infettivi al mondo – sottolinea Giuliano Rizzardini, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’azienda socio sanitaria Fatebenefratelli Sacco di Milano - e causa un'infezione acuta del fegato che nel 90% dei casi si risolve con la guarigione e l'immunizzazione, nel 5-10% dei casi si trasforma in cronica e può compromettere nell'arco di 10-30 anni la funzionalità epatica. Può evolvere inoltre in epatite fulminante con un'elevata mortalità e nei restanti casi richiedere il trapianto dell'organo. L'80-90% dei bambini che contraggono l'infezione durante la gravidanza o il primo anno di vita – aggiunge lo specialista - diventano portatori cronici del virus e si ammaleranno con le stesse percentuali che caratterizzano l'evoluzione della malattia negli adulti, quindi con lo stesso rischio di sviluppare cirrosi ed epatocarcinoma».Per prevenire l'epatite B è disponibile un vaccino efficace e sicuro, che offre una protezione del 98-100% dalla malattia, grazie al quale il numero di nuovi casi è notevolmente diminuito, in particolar modo nelle classi fino ai 36 anni di età che hanno usufruito della vaccinazione. «Purtroppo, nonostante la gratuità del vaccino, molti non accedono e lo possiamo vedere da Seieva, il sistema di controllo del Ministero della Salute che monitora l'andamento delle epatiti virali acute. E' un'opportunità che non va sprecata perché consente di proteggere sé stessi e gli altri», segnala Rizzardini.
Le epatiti D e C e i farmaci disponibili
L'epatite D, invece, è causata da un virus a RNA difettivo (agente delta), che si può replicare solamente in presenza del virus dell'epatite B. «Il 5-9% dei pazienti con virus da HBV – aggiunge Rizzardini - sono anche infetti dal virus HDV. Per l'epatite delta è stato recentemente approvato un farmaco specifico. Per un utilizzo ottimale sarebbe opportuno aumentare lo screening del virus delta nei pazienti che hanno l'epatite B e aumentare anche lo screening della B. Tutte le armi di prevenzione e terapie ormai ci sono, ma è fondamentale tracciare i casi».Per quanto concerne l'epatite C, è provocata da un virus a RNA (HCV) appartenente al genere Hepacivirus della famiglia dei Flaviviridae. Anch'esso, come il B, si trasmette attraverso il contatto con sangue infetto o fluidi corporei che lo contengono.L'infezione spesso è asintomatica o presenta sintomi vaghi e aspecifici. «Circa un terzo delle persone infette – evidenzia Rizzardini - elimina spontaneamente il virus entro sei mesi dall'infezione senza alcun trattamento. Un terzo di chi ha l'epatite cronica sviluppa la cirrosi e di questi il 2-5% un epatocarcinoma. Non è ancora disponibile un vaccino contro l'epatite C, tuttavia i nuovi farmaci antivirali ad azione diretta, estremamente efficaci e sicuri, sono in grado di curare più del 95% delle persone infette», specifica Rizzardini.
Lo screening dell'epatite C
Fondamentale, dunque, andare a scovare i casi sommersi. In Italia lo screening per l'individuazione del virus dell'epatite C è gratuito ed è offerto a tutti i cittadini nati tra il 1969 e il 1989 che non abbiano mai assunto farmaci orali di ultima generazione per il trattamento dell'epatite, disponibili dal 2015, oltre ai tossicodipendenti che afferiscono ai Serd (Servizio Dipendenze) e ai detenuti. Sono considerate particolarmente a rischio le persone emotrasfuse o sottoposte a interventi chirurgici prima degli anni '90, quelle che si sono sottoposte a procedure odontoiatriche o estetiche, come i tatuaggi, a basso standard di sterilizzazione, il personale sanitario, i familiari e i partner sessuali di persone con HBV o HCV, tossicodipendenti, emodializzati ed emofiliaci che abbiano ricevuto emoderivati prima degli anni '90, chi ha avuto rapporti sessuali occasionali, immigrati provenienti da aree a maggior rischio di infezione da HCV (Egitto, Pakistan, Afghanistan, Medio Oriente), bambini nati da madri con infezione da HBV o HCV e persone con infezione da HIV o HBV.
Come funziona il test
Il test prevede un prelievo di sangue per la ricerca degli anticorpi contro l'epatite C, effettuato eventualmente anche insieme agli esami del sangue di routine. «Purtroppo quando la patologia si manifesta è ormai tardi e i danni, soprattutto a livello del fegato, sono irreparabili. È importante approfittare di questa opportunità ed è importante sottoporsi al test. Deve passare il messaggio che se l'infezione viene diagnosticata per tempo si può guarire e, grazie alla terapia antivirale, che dura 2-3 mesi, l'infezione viene eliminata e il fegato guarisce. Diversamente, la malattia resta silente e il paziente rischia che insorgano gravi patologie del fegato», sottolinea Luigi Pusterla, primario delle Malattie Infettive dell'Azienda socio sanitaria territoriale Lariana di Como.«Per quanto riguarda la popolazione generale, gli screening fanno emergere circa l'un per cento di casi misconosciuti. Quando si tratta di persone a rischio, come tossicodipendenti o detenuti, questo dato sale al 6% - prosegue l'infettivologo -. Se il test risulta positivo, ovvero vengono trovati gli anticorpi al virus, si passa al secondo step per verificare la viremia, cioè la presenza dell'infezione. Se anche questo secondo controllo risulta positivo, il centro si fa carico di tutto il percorso, che è gratuito, dalla richiesta dell'esenzione alle visite mediche e alla somministrazione dei farmaci». In caso, invece, l'esame successivo sia negativo, al paziente viene consigliato, se appartiene alle categorie più a rischio, di sottoporsi a controlli con cadenza annuale. «In Italia sono state trattate dalla fine del 2014 250 mila persone con i farmaci DAA (Direct Antiviral Agent). Il vantaggio è anche che si tratta di terapie di breve durata e meglio tollerate rispetto a quelle precedenti, come l'interferone», specifica Rizzardini.
L'appello degli esperti
Gli esperti della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit) e dall'Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (Aisf) sostengono in un comunicato congiunto emesso in questi giorni la necessità di stanziare nuovi fondi per prolungare lo screening, al momento previsto fino al 31 dicembre 2023, e di ampliare la fascia d'età della popolazione da sottoporre al test. «Se all'11 luglio 2022 i pazienti avviati al trattamento per l'eradicazione del virus dell'Epatite C erano 239.378, a un anno di distanza il 17 luglio 2023 sono 252.781: vi è stato un incremento di poco più di 13mila persone. Si tratta di un balzo in avanti significativo dopo la notevole flessione dovuta alla pandemia, ma non è ancora sufficiente per percorrere l'ultimo miglio necessario per l'eliminazione dell'infezione dal nostro Paese entro il 2030 come indicato dall'OMS», sostengono Simit e Aisf.
La parola all'epatologo
I virus dell'Epatite B, C e D infettano direttamente le cellule del fegato e possono causare cirrosi epatica. Ogni anno il 2-5% dei pazienti affetti da questa patologia sviluppano epatocarcinomi. «La rigenerazione nodulare del fegato – specifica Giovanni Galati internista epatologo della Fondazione Campus Biomedico di Roma – è una risposta allo stimolo cronico del virus e può causare neoplasie, una complicanza della cirrosi nella maggior parte dei casi, che sono completamente asintomatiche fino agli stadi più avanzati, quando si manifesta un malessere generalizzato e un'alterazione dei test epatici. Nel caso della cirrosi abbiamo a disposizione terapie che stabilizzano il danno anche se non eliminano la malattia. Quando si sviluppa una neoplasia, a seconda dei casi, si ricorre alla chirurgia, al trapianto di fegato, a terapie locali mininvasive e a chemioterapia e immunoterapia di ultima generazione».
Un'allerta su piercing e tatuaggi
Per non abbassare la guardia sulle modalità di trasmissione, bisogna tenere anche alta l'attenzione su alcuni trattamenti estetici come manicure e pedicure eseguiti con strumentazione non sterile, piercing e tatuaggi. «Il registro Seieva evidenzia che nel 2022 in più della metà di nuovi casi di epatite acute da HBV la prima modalità di trasmissione è riconducibile a queste pratiche, seguite da contagio da rapporto sessuale non protetto. Riguardo le epatiti acute da HCV, invece, i trattamenti estetici sono attualmente secondi solo alle esposizioni nosocomiali (in ospedale). L'allerta, dunque, deve essere massima a fronte dei rischi e dei gravi problemi di salute in cui si può incorrere», conclude Galati.
loading...