Crisi valutaria in Turchia

Le «folli» 24 ore della lira turca: com’è passata dal crollo all’impennata

L’ultima sortita del presidente fa scivolare ancora la lira turca che precipita oltre quota 20 sull’euro. Il maxi-recupero dopo l’annuncio di un piano straordinario per tutelare i depositi in valuta locale

di Gabriele Meoni

Articolo aggiornato il 21 dicembre alle 14.30

Turchia, Erdogan accoglie ad Ankara il principe ereditario degli Emirati

4' di lettura

Sono giornate di passione per la lira turca, protagonista in poche ore di un fragoroso crollo, seguito da un rimbalzo ancora più spettacolare. Scosse telluriche che lasciano sconcertati gli osservatori e confermano la grande incertezza che circonda la politica economica e monetaria turca imposta dal presidente Erdogan e fondata su ribassi in serie dei tassi d’interesse nonostante un’inflazione galoppante. Il tutto in nome del sostegno alle esportazioni e all’industria manifatturiera turca.

A innescare una nuova raffica di vendite è stata a inizio giornata, lunedì 20 dicembre, l’ultima sortita di Recep Tayyip Erdogan: «Cosa succede? Stiamo abbassando i tassi d’interesse. Non aspettatevi altro da me. Da musulmano continuerò a fare quello che è richiesto dal decreto divino (Nass)». Il presidente si riferisce alla dottrina islamica che vieta l’applicazione di alti tassi di interesse e l’usura (riba) come forma di credito.

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Lira senza rete

Dichiarazioni subito accolte dagli investitori con una nuova, pesantissima, ondata di vendite sulla già provata lira, che in poche ore è precipitata del 10% e oltre sfondando al ribasso quota 20 contro l’euro e quota 18 contro il dollaro. Un mese fa la divisa turca era scambiata intorno a 10 contro il biglietto verde e 12 contro l’euro. Un vero e proprio tracollo, iniziato. Giornata nera anche per le obbligazioni turche denominate in dollari, vittime di massicce vendite.

Il piano di Erdogan ridà fiato al cambio

Nella serata di lunedì il «Sultano» è però nuovamente intervenuto, in diretta tv, per garantire che la riduzione dei tassi farà scendere l’inflazione nel giro di pochi mesi - tesi contraria alle più consolidate teorie economiche internazionali - e che la Turchia non volterà le spalle alle regole dell’economia di mercato.

Erdogan ha poi annunciato una serie di misure eccezionali per tutelare i depositi in valuta locale nel tentativo di fermare la corsa sempre più frenetica dei risparmiatori locali verso dollaro, euro e oro. È stato questo annuncio a far invertire la rotta al cambio, con la lira che ha recuperato terreno, annullando tutte le perdite di giornata. Martedì 21 dicembre, in apertura di contrattazioni, la moneta si è spinta addirittura brevemente fino a quota 11 contro il dollaro e 12,7 contro l’euro per poi assestarsi rispettivamente intorno a 13 sul dollaro e a 14,5 sull’euro. Una spettacolare rimonta che conferma il periodo di eccezionale volatilità per la divisa di Ankara, in un contesto di bassa liquidità.

Come funziona il piano

Il nuovo strumento presentato dal governo consiste in conti di deposito in lire turche della durata di 3-12 mesi «protetti dal tasso di cambio». Il governo, ha spiegato il ministero delle Finanze, si impegna a rimborsare l’eventuale svalutazione della moneta nel periodo intercorso tra l’apertura e la chiusura del conto. Una sorta di garanzia pubblica contro il rischio di cambio. L’obiettivo è quello di fermare la fuga dalla lira turca da parte dei risparmiatori, che da tempo preferiscono convertire i loro investimenti in dollari e oro.

Secondo alcuni analisti il piano salva-risparmi è un rialzo dei tassi di interesse mascherato che carica sulle spalle dello Stato, cioè dei contribuenti, il costo delle violente oscillazioni del cambio. «Il governo promette garanzie sui conti correnti con soldi che non possiede», ha attaccato il leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu.

«C’è stato un epico aumento dei tassi d’interesse senza chiamarlo tale - ha detto all’agenzia Bloomberg Refet Gurkaynak, professore di economia alla Bilkent University di Ankara - Ci sarà un grande onere sul bilancio dello Stato ogni volta che la lira tornerà a svalutarsi. Questo onere di solito viene monetizzato, il che significa deprezzamento della valuta e inflazione ancora più alti».

Erdogan nelle ultime settimane ha più volte rispedito al mittente i moniti del mondo imprenditoriale sui pericoli di una politica monetaria di questo tipo e ha ribadito che non tornerà mai sui suoi passi. Negli ultimi quattro mesi ha chiesto altrettanti tagli dei tassi, nonostante l’aumento dell’inflazione, spingendo la Banca centrale turca ad andare in direzione opposta rispetto agli altri istituti centrali globali, che stanno cercando di contrastare il carovita stringendo le maglie della politica monetaria.

La scorsa settimana la banca centrale ha tagliato il costo del denaro al 14 per cento, nonostante un’inflazione che ha già superato il 20 per cento, I tassi reali sono dunque in territorio fortemente negativo.

Con questi chiari di luna, a poco è servita la decisione del presidente di aumentare del 50% il salario minimo mensile, che all’inizio del 2022 passerà da 2.826 a 4.250 lire. Finché la lira continua a svalutarsi a questi ritmi, quel denaro varrà sempre meno.

Industria turca in difficoltà

Operai e pensionati sempre più spesso sono costretti a umilianti code per ottenere pane sovvenzionato, mentre le principali associazioni imprenditoriali del paese hanno iniziato ad attaccare pubblicamente il governo con l’accusa di aver destabilizzato l’economia. Settori cruciali come quello delle nocciole - di cui la Turchia è il maggiore produttore al mondo - stanno entrando in grave crisi a causa dell’impennata dei costi all’import di fertilizzanti, pesticidi, energia e imballaggi.

Qualsiasi impresa che per il suo business deve importare o esportare prodotti o semilavorati si trova in enormi difficoltà con un cambio che da un giorno all’altro subisce sbandamenti del genere.

«Naturalmente, conosciamo l’impatto dell’aumento dei prezzi sulla vita quotidiana delle persone. Siamo consapevoli dell’instabilità causata dalle fluttuazioni della lira e del suo impatto sui prezzi - ha replicato Erdogan - Ma opporremo resistenza. Non c’è nessuna marcia indietro».

Le prospettive per l’economia

L’economia turca finora ha vissuto un anno di forte ripresa, con il Pil previsto in crescita dall’Ocse del 9% dopo il debole biennio precedente (+0,9% nel 2019, +1,8% nel 2020). Queste stime rischiano però di essere riviste al ribasso dopo la tempesta valutaria che ha travolto la moneta da settembre. Nel suo ultimo Outlook sulla Turchia da poco pubblicato l’Ocse è stato molto chiaro: se la politica monetaria diventerà più restrittiva e riuscirà ad abbassare l’inflazione - avverte - la normalizzazione dei tassi di interesse offrirà sostegno all’economia. In caso contrario, se cioè la Banca centrale continuerà con l’attuale politica monetaria, «le condizioni di finanziamento esterne e interne potrebbero peggiorare, con conseguenze macroeconomiche avverse».

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