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Errori della Fed e pericolo di un contagio

La Fed ha commesso un errore che può costare caro, e non solo agli americani

di Donato Masciandaro

(REUTERS)

3' di lettura

La Fed ha commesso un errore che può costare caro, e non solo agli americani. Sbagliando l’analisi sulle ragioni della crescita dei prezzi, provocherà un aumento dei tassi di interesse più rapido e deciso del necessario, con il rischio di un effetto domino sulle altre banche centrali, dalla Bce a quelle dei Paesi emergenti. Non sarebbe la prima volta.

Facciamo un salto indietro, tornando alla scorsa estate. Il presidente della Fed Jerome Powell così analizzava lo stato dell’economia americana: la recessione è stata la più breve mai registrata, anche se profonda, e la ripresa dell’occupazione è stata anche essa veloce e robusta, con un tasso di disoccupazione al 5,4%, mentre il tasso di inflazione è al 4,3 per cento. Ma è alla dinamica dell’occupazione che occorre dare la priorità, mentre i prezzi non destano preoccupazione. Perché? L’aumento dell’inflazione appare correlato a un aumento dei costi delle imprese, per di più di natura temporale. È la cosidetta inflazione da offerta aggregata. Questa analisi portava Powell a concludere che la politica monetaria doveva continuare a essere espansiva, per stimolare una ulteriore riduzione della disoccupazione, tollerando «per qualche tempo» un aumento dei prezzi maggiore rispetto al 2 per cento.

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L’analisi era sbagliata. I dati allora disponibili – che Powell cita – già segnalavano un aumento dei prezzi da surriscaldamento della domanda aggregata, come pure da un aumento di salari e stipendi. Ma tali segnali sono stati ignorati. Perché? Esiste una regola generale, che applica la psicologia alle scelte decisionali: quando un banchiere centrale, come qualunque essere umano, deve valutare la probabilità che un evento sgradito si materializzi, tende a sottovalutare il fenomeno. Per quanto riguarda la Fed, c’è un esempio famoso. Nell’ottobre del 2005 fu chiesto a Janet Yellen – oggi segretario del Tesoro, allora presidente della Fed di San Francisco e membro del Federal Open Market Committee – cosa ne pensasse del rischio di una bolla immobiliare negli Stati Uniti. La sua risposta fu che l’argomento aveva la stessa rilevanza economica di quello che ha una buca in una strada. Quello che è successo qualche tempo dopo lo sanno tutti. Come spiegare un errore così enorme? Si sottovaluta tutto ciò che disturba. All’epoca, la politica monetaria doveva essere espansiva, perché era quella la direzione gradita all’amministrazione di George W. Bush e a Wall Street. L’espansione monetaria fu eccessiva, e contribuì all’innesco della Grande crisi. Non basta: l’eccesso di espansione monetaria innescò un effetto contagio sulle altre politiche monetarie. Se i mercati finanziari mondiali sono globali, ed esiste una moneta di riserva leader – il dollaro – gli sbagli della politica della Fed si possono riflettere sulle altre politiche monetarie. Così fu. In Europa, la Bce guidata da Jean-Claude Trichet implementò una politica più espansiva di quella che la congiuntura avrebbe consigliato. L’eccesso fu particolarmente pronunciato per la situazione di Spagna, Irlanda, Portogallo e Grecia; si crearono così i presupposti per le bolle immobiliari e finanziarie di quei Paesi, poi deflagrate.

E oggi? Powell e i suoi possono aver nuovamente sbagliato l’analisi per ragioni psicologiche. Di norma le banche centrali non amano fronteggiare le inflazioni da offerta, perché sono le più antipatiche da gestire: se si trascurano, incombe il rischio inflazione; se si prendono sul serio, si aumenta il rischio recessione. L’ideale è allora che l’inflazione sia temporanea, come auspicava Powell. Ma l’errore può essere nato da opportunismo: in quel momento la politica monetaria espansiva faceva comodo sia all’amministrazione Biden che a Wall Street. Psicologia e opportunismo si possono anche rafforzare a vicenda. Ora la Fed, fatta la frittata, corre ai ripari. Di nuovo, oltre la congiuntura, psicologia e opportunismo possono spingere alla fretta; la frittata può anche peggiorare. Con tutti i costi connessi, incluso il rischio domino sulle altre politiche monetarie.

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