Dal 23 settembre nelle sale

Eskhol Nevo: Ho camminato sul red carpet come una star del cinema

Mentre esce il film di Nanni Moretti, Tre piani, tratto dall'omonimo romanzo, lo scrittore scrive l'elenco delle cose per cui vale davvero la pena vivere

di Eskhol Nevo

Eskhol Nevo e Nanni Moretti sul set del film “Tre piani” (Credit 01 Distribution).

5' di lettura

Le partner con cui ho allacciato relazioni più o meno lunghe nel corso della mia vita mi hanno sempre rimproverato perché non prestavo attenzione agli oggetti, non guardavo mai le vetrine delle gioiellerie, non mi curavo di entrare negli atelier di design o di scegliere sedie e mobili di particolare fattura. Che cosa ci posso fare se mi piace di più la gente?

Però, come scrittore, gli oggetti devi usarli per forza, anche molto frequentemente. Ad esempio in Neuland, il protagonista si reca in Sud America e porta sempre con sé un cuscino ortopedico che tiene nello zaino. Durante una lezione tenuta agli studenti del mio corso, ho chiesto di portarne uno in aula proprio perché volevo intrattenerli e farli riflettere sulla descrizione degli oggetti. Essi servono per contestualizzare nella realtà la vita di un personaggio, per delimitare i confini di una situazione. Se sei bravo a raccontarle, le cose balzano fuori dalla pagina e acquistano una dimensione materiale.

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I libri? Ci si aspetta che uno scrittore ne abbia moltissimi, li collezioni in maniera compulsiva, invece io non agisco così: li presto, li condivido, li regalo. Fanno eccezione solo le traduzioni dei miei romanzi, in particolare quelle in italiano, perché nel vostro Paese ho tanti lettori appassionati e quando vengo in Italia mi fanno sentire a casa come in Israele.

Una scena tratta dal film “Tre piani” (Credit 01 Distribution).

Più che a un oggetto fisico, io non potrei mai rinunciare ai viaggi. La pandemia è stata perciò durissima per me. Mi ha fatto comprendere quanto valga un bene immateriale come la libertà di movimento, perché viaggiare per me rappresenta una fonte inesauribile d'ispirazione. Ad esempio, adesso ho una voglia pazzesca di andare in Sud America, soprattutto in Cile, in Colombia e vorrei tanto trascorrere un periodo in Spagna. So che dovrò aspettare ancora perché la documentazione sanitaria da produrre, i test necessari per partire, fanno passare l'entusiasmo e provocano un senso d'insicurezza e sfiducia.

Al denaro non attribuisco grande importanza. Certo, sarei preoccupato di non averne abbastanza per poter scrivere. La preoccupazione per la sussistenza impedisce di essere creativi e ho visto molti amici finire sul lastrico per colpa della pandemia. Ma il vero lusso per me non è fatto di proprietà o esperienze materiali, è spirituale. Sono felice quando mangio un piatto chiamato shakshuka che compare in tanti miei libri (mi viene fatto notare spesso). È il mio piatto preferito, lo preparo io stesso ogni sabato utilizzando tanti ingredienti, dai peperoncini verdi alla cipolla, dai pomodori alle spezie: del resto a comporlo è un mix di elementi che rispecchia in pieno la mescolanza del Medio Oriente.

L'altro elemento di cui non posso proprio fare a meno è l'acqua: stare in spiaggia, nuotare tra le onde, immergermi dentro una piscina: ne sento proprio il bisogno. Avrete notato che sulle copertine dei miei libri c'è quasi sempre. Penso che per me l'acqua rimpiazzi la fede in un Dio verso la cui esistenza non provo altrettanto interesse.

Altra passione: non posso fare a meno nemmeno delle albicocche. Le celebro durante la stagione della loro maturazione, comparandone chili e chili: oltre al sapore e al colore della buccia, il loro valore simbolico esercita su di me una grande attrazione. È il fascino unico delle cose che nella vita sono limitate nel tempo e quindi si apprezzano di più. Bisogna goderne appieno quando ci sono.

Il film che Nanni Moretti ha tratto dal mio libro Tre piani è stato presentato al Festival di Cannes e io ho avuto l'onore di camminare sul tappeto rosso come una star del cinema. Quel film ha dimostrato, ancora una volta, che quando scrivi non sai dove ti porterà il libro. Questa considerazione mi riporta fisicamente al punto di partenza, dentro la stanza in cui tutto comincia, là dove scrivo. L'arredo cambia e si trasforma molto spesso, a seconda di quello che mi succede e delle esperienze che riporto a casa da un viaggio. In quella camera ci sono due oggetti che non si muovono mai e nemmeno subiscono cambiamenti. Il primo è un dipinto di mia figlia. Ha iniziato a prendere in mano i pennelli durante il lockdown, prima non lo aveva mai fatto. Da allora le si è acceso dentro un fuoco di creatività e io ne sono molto orgoglioso. Chiunque guardi quel quadro non crede sia opera di una quindicenne autodidatta. Il che svela una cosa importante: ognuno può scoprire all'improvviso di possedere un particolare talento. Forse dentro di lei c'è un patrimonio ancestrale di antiche culture che ha portato a questa esplosione di colori. Forse albergava nella sua mente e nel cuore uno spazio segreto che ha trovato la maniera di uscire allo scoperto, esprimendo pensieri e desideri sino ad allora nascosti. Durante la pandemia siamo andati in una casa nel Nord di Israele, dove io scrivevo e lei dipingeva, ci prendevamo alcune pause e parlavamo: è stato bellissimo. Ogni volta che guardo il quadro, provo quelle stesse sensazioni, sto bene, mi sento ispirato. Nella stanza dove scrivo, è appesa anche una grossa bandiera nera, il simbolo del movimento di rottura col partito che è stato troppo a lungo al governo. Molti miei connazionali hanno esposto la bandiera in tanti luoghi, innalzandola nel corso delle manifestazioni pubbliche consentite. Mi fa compagnia da tanto tempo, simboleggia il mio impegno per la libertà e la legalità. L'ho portata con me a ogni incontro, lettura, evento al quale ho preso parte. Quella bandiera, insieme a tante altre uguali, è riuscita a far cadere un governo corrotto. Non è di tessuto pregiato, bensì di una fibra di scarso valore, però dice chi sono, in che cosa credo. Anche io, come molti altri, me la sono fatta da solo, l'ho mostrata e sventolata con orgoglio, e abbiamo vinto una battaglia civica.

Adesso, arrivati alla conclusione di questa pagina, posso fare un'ultima confessione: vi farà sorridere e pensare che sia un po' infantile. Sono un tifoso sfegatato del Maccabi Tel Aviv e colleziono innumerevoli gadget di questa squadra di calcio: sciarpe, magliette, fotografie dei nostri trionfi come l'ultima coppa nazionale. I miei vicini lo sanno: urlo quando segniamo, specialmente se riusciamo a vincere il derby contro l'Hapoel!

Però in testa alla classifica degli oggetti che per me hanno valore ci sono le fotografie e le lettere di mia figlia. Specialmente se le guardo mentre sono lontano da lei, mi restituiscono l'emozione di averla accanto.

Eshkol Nevo, nato a Gerusalemme nel 1971, dopo un'infanzia trascorsa tra Israele e Stati Uniti, completa gli studi a Tel Aviv e intraprende una carriera nel campo pubblicitario, poi abbandonata per dedicarsi alla letteratura e alla scrittura. Oggi insegna scrittura creativa in diverse istituzioni. Oltre a Nostalgia (2014), vincitore nel 2005 del premio della Book Publisher's Association, per Neri Pozza ha pubblicato in Italia: La simmetria dei desideri (2010), Neuland (2012), Soli e perduti (2015), Tre piani (2017, da cui è stato tratto il film presentato all'ultimo Festival di Cannes per la regia di Nanni Moretti), L'ultima intervista (2019), Vocabolario dei desideri (2020).

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