eSport, il lockdown ha accelerato la crescita del gaming competitivo?
Dalla vittoria agli Europei di Pes al riconoscimento avviato dal Coni: ecco come è messa l'Italia che gioca
di Emilio Cozzi
4' di lettura
L'eSport non sarà esente dal contraccolpo causato dall'emergenza sanitaria. Lo confermava poche settimane fa una stima al ribasso di Newzoo, che dopo aver decantato nel 2019 un mercato globale per la prima volta sopra il miliardo di dollari, nel 2020 prevedeva una contrazione di almeno 50 milioni rispetto a quanto ipotizzato a gennaio. Complici cancellazioni e rinvii di tanti eventi dal vivo - checché se ne dica, il volano del business esportivo -, nel 2020 il gaming competitivo non dovrebbe discostarsi da un fatturato di un miliardo e 49 milioni.
Eppure, a conferma di quanto l'Italia faccia storia a sé, non è da escludere che almeno da noi il lockdown sarà ricordato come un momento di maturazione per il settore.
Il titolo europeo conquistato dagli italiani a Pes
La notizia di esport più clamorosa dei giorni scorsi è stata il titolo europeo conquistato dalla Nazionale Figc di “Pes”. Orgoglio campanilistico a parte, un trionfo ancora più significativo perché arrivato nel primo torneo virtuale organizzato da una federazione istituzionale, in questo caso la Uefa. La vittoria degli azzurri, Rosario Accurso, Nicola Lillo, Carmine Liuzzi e Alfonso Mereu, è stata coronata dalla promessa, da parte della Fifa, dei primi Mondiali digitali in arrivo.
La procedura di riconoscimento del Coni
Il punto saliente è questo e porta dritto alla seconda notizia di esport del momento, meno clamorosa ma dall'impatto più profondo: a fine maggio il Coni ha avviato la procedura di riconoscimento delle discipline esportive. Con una lettera destinata a scrivere la storia dell'esport tricolore, il presidente Giovanni Malagò ha delegato Michele Barbone, già a capo del Comitato promotore E-Sport e di Federesports, a «svolgere ogni attività utile all'unificazione delle realtà che operano in Italia nel settore dell'esport». Il soggetto giuridico risultante sarà cruciale per «avviare un percorso di riconoscimento a fini sportivi», cosa che conferirebbe al gaming competitivo la parificazione all'interno della costellazione dello sport nazionale. Lettera e delega hanno prontamente stimolato la nascita della Federazione italiana discipline elettroniche (Fide), in cui sono confluite le due associazioni di settore più rappresentative del Paese: Gec e Itespa. Una mossa fondamentale, considerati gli appoggi internazionali vantati dalla Fide con Esport Europe e con la International Esports Federations.
La convergenza tra gaming e sport
Sono tutti segnali di un processo lento ma inarrestabile: la progressiva convergenza delle discipline tradizionali e dei loro eredi elettronici. Beninteso, stabilire cosa sia o non sia “sport” e schierarsi da una parte della barricata sa sempre più di speculazione. Ben più importante, come ha riconosciuto anche il Comitato olimpico, è sottolineare quanto gli sport con la “E” davanti non siano l'antitesi delle discipline che li hanno preceduti, ma ne costituiscano un'evoluzione. Gli esport non sostituiranno il calcio, la pallacanestro o l'atletica leggera, li affiancheranno, con i loro tornei istituzionali e, perché no, anche con le loro Olimpiadi. Il processo, «a due velocità», ha già spiegato Barbone, inizierà da quei videogame «che simulano gli sport più praticati o riconosciuti dai Comitati Olimpici Nazionali», per poi estendersi ai «videogiochi di fantasia, che avranno la possibilità di essere considerati sportivi».
This is eSport
Una prossimità ribadita anche da uno dei libri più attendibili sul gaming competitivo: «This Is Esports», del veterano (e leggenda) del settore Paul Chaloner, è uscito alla fine del lockdown, quasi a suggellare mesi in cui in molti, Oms compresa, hanno visto nel videogioco un'attività aggregativa, capace di sostanziare il distanziamento fisico e, insieme, la prossimità sociale: quella del tifo, di una passione che nessun virus può fermare.
Non è un caso che nelle stesse settimane, exploit nell'exploit, il racing game abbia fatto un salto di popolarità decisivo. Complice la comune presenza di un intermediario tecnologico - moto o auto da una parte, computer e console dall'altra - i motorsport sono molto più vicini all'esport di quanto questi lo siano alle discipline tradizionali. Lo dimostrano non solo il fatto che il 13 e il 14 giugno prossimi la 24ore di Le Mans sarà disputata interamente come una corsa virtuale, e neppure che Lamborghini abbia annunciato il debutto nell'arena digitale con la sua “Real Race”, una serie di appuntamenti agonistici sui circuiti di “Assetto Corsa Competizione”.
Gli atleti e i cyber-atleti
A sancire definitivamente la contiguità, se non la sovrapposizione, di esport e discipline “analogiche” sono stati campioni come Valentino Rossi e Charles Leclerc, ma anche intere federazioni come la Formula 1, la Formula E e la Moto Gp.
Mentre la Formula 1 fin dal 22 marzo ha proposto i suoi “Virtual GP”, resi prestigiosi dal coinvolgimento di piloti “ufficiali” come Leclerc, Carlos Sainz o Lando Norris, la Formula E si è replicata nel “Race at Home Challenge”, clone elettronico in cui i driver veri hanno corso in sostegno dell'Unicef. Un intento, quello sociale, non estraneo nemmeno alle sfide virtuali che hanno visto Valentino Rossi contrapporsi a Pecco Bagnaia o, ancora, a Leclerc. E tutto mentre il Moto Gp Esport Championship correva verso le sue tappe conclusive, le Global Series (dal prossimo agosto), ancora una volta con centauri italiani come Lorenzo “Trastevere73” Daretti e il Campione del mondo in carica, Andrea “Andrewzh” Saveri, fra i favoriti.
I numeri
È significativo notare come oltre alle stime al ribasso per il 2020, Newzoo abbia previsto una crescita per i ricavi provenienti dagli streaming di eventi esport: l'incremento dovrebbe essere del 9,34% per l'anno in corso (da 18,2 a 19,9 milioni di dollari) e continuare fino all'8,86% del 2023 (da 31,6 milioni a 34,4 milioni). Quasi a giustificare la previsione, in Italia canali come Sky Sport da settimane trasmettono regolarmente gare virtuali di “Formula 1”, “Fifa” e “Moto Gp”, che beninteso non sono titoli esportivi “di punta”, come “League of Legends” o “Counter Strike”, e nemmeno la più fulgida promessa del momento, “Valorant”, lo sparatutto tattico di Riot Games che uscito da poco è già negli annali di Twitch.
Detto altrimenti, è difficile capire come l'esport uscirà dai tre mesi in cui il mondo si è fermato. Di certo il settore, soprattutto in Italia, ha la possibilità di capitalizzare un'attenzione che non è mai stata così alta.
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