eSport, professionisti contro dilettanti. Ripartono eSerie A Tim, Fan Cup ed eCup
Quello del calcio è tuttavia uno sport minore se guardiamo agli esport. Sono altri i titoli che muovono milioni di euro
di Luca Tremolada
4' di lettura
Sessantaquattro team, 1600 giocatori su piattaforma PlayStation in modalità “Pro Club” di Fifa, ossia in formato 11 contro 11. Squadre di calcio di professionisti come Fiorentina, Cagliari e Udinese contro club, magari di un comune di 1000 abitanti, che gioca nella serie D. Tutti contro tutti, come nelle Fa Cup britannica.
È partita alcuni giorni fa la Lnd eCup, la prima competizione interleghe promossa dalla Lega Nazionale Dilettanti. Ogni mercoledì una partita in diretta su Twitch. Le finali sono previste per fine maggio, in presenza. Si gioca anche così la partita delle competizioni di videogiochi, rompendo un po' gli schemi.
Aperta a tutti è partita l’1 febbraio l'eSerie A TIM Fan Cup, il torneo di FIFA 22 aperto a tutti, veramente tutti, gli appassionati e ai tifosi. La competizione si svolgerà sia su PS4 che su PS5. il primo classificato di ogni torneo potrà vivere un'esperienza dal vivo alle Final Eight.
Quello del calcio è tuttavia uno sport minore se guardiamo agli esport. Sono altri i titoli che muovono milioni di euro e hanno poco o nulla a che fare con gli sport tradizionali. Parliamo di League of Legend (Riot Games), Dota2 (Valve), Counter Strike: Global Offensive (Valve), Heartstone (Blizzard) Raimbow Six Siege (Ubisoft), Overwatch (Blizzard) più tutti i cloni che stanno nascendo su smartphone. Otto tornei su dieci appartengano al genere Moba, che sono giochi strategici in tempo reale nei quali ci si dà battaglia in un’arena quasi speculare e divisa in corsie con l'obiettivo di arrivare a controllare la mappa. I due restanti sono competizioni Fps (sparatutto in prima persona) dove sei immerso in un mondo in 3D, vedi con gli occhi del protagonista e devi fare fuori i nemici. L'anno scorso, in piena pandemia, League of Legends Worlds è stato l'evento di eSport più visto da sempre con 174,8 milioni di ore. Ma su mobile la Free Fire World Series 2021 Singapore è stata la competizione con più spettatori al mondo con ben 5,4 milioni di persone collegate contemporaneamente, record assoluto per l’intera scena esport.
Ma partiamo dalle basi: gli eSport sono videogiochi, cioè prodotti commerciali basati su proprietà intellettuali. «Proviamo a dirla meglio: ci sono tre soggetti in questo business - racconta Federico Brambilla giovane vice-presidente di Iidea (l'associazione di categoria di chi si occupa di videogiochi in Italia) con la “delega” agli eSport -. Il publisher che sono quelli che hanno creato il videogioco, chi organizza gli eventi e i team di cyber-atleti».
Come funziona oggi? Più o meno così: gli sponsor cercano di intercettare il pubblico giovane, investono nei team che gareggiano e nei tornei che vengono organizzati “in presenza” e trasmessi su Twitch o in rarissimi casi anche sul piccolo schermo. Gli organizzatori “staccano” biglietti e prendono soldi dagli sponsor. I publisher concedono la licenza del loro gioco per gli eventi e possono organizzare l'acquisto di merchandising digitale (e non) che magliette con i colori del team più forte o gadget con le immagini dei campioni dentro (o fuori)dal gioco. Quello degli eSport, va detto subito, è un mercato da trattare con cautela perché parla alle generazioni più giovani e insegue una forma di intrattenimento che non ha ancora trovato un suo punto di equilibrio.
Partiamo dai numeri: secondo la società di analisi Newzoo i ricavi globali degli eSport hanno superato l’anno scorso 1,1 miliardi di dollari, con una crescita anno su anno del 14,5%. Il dato è interessante per due motivi: il primo perché è inferiore al valore dell’operazione del fondo Savvy Gaming Group che due settimana fa ha comprato la tedesca Esl e l'italiana Faceit per 1,5 miliardi di dollari per fonderle in un nuovo soggetto candidato a diventare un attore di primo piano di questo mercato. L'importo della fusione è da è da nababbi e va contestualizzato all'interno delle dinamiche delle acquisizione dei fondi sauditi. Il secondo perché non è chiaro quanto e come crescerà il mercato degli eSport.
Esattamente come è avvenuto per la musica e il cinema la pandemia ha depresso gli eventi in presenza legati agli eSport. Tre quarti dei ricavi totali del mercato degli eSport sono arrivati infatti dalla vendita di diritti e sponsorizzazioni dei media. Cosa vuole dire? Che gli eSport interessano moltissimo le aziende che vogliono raggiungere un target giovane. Ma non è ancora chiaro se è un settore destinato a vendere eventi fisici e ad avere un domani da prima serata in tv. Oppure se sarà una nuova voce di ricavi per chi detiene i diritti del gioco e quindi dei publisher come Microsoft, Playstation, Ubisoft.
In Italia fa più fatica che altrove. Secondo l'ultimo report di Nielsen commissionato da Iidea l'impatto economico totale (diretto e indiretto) stimato per il settore esports in Italia ammonta a 45 - 47 milioni di euro. Di questi, il 65% viene generato dai team di esports, seguiti dagli organizzatori con il 16% e dai publisher con il 4 per cento.
Cosa servirebbe? Brambilla ci pensa un po' su e poi: «Gli eSport non hanno bisogno della televisione, non sono un evento da prima serata. Hanno i loro canali come Twitch e YouTube. Forse per recuperare rispetto ad altri Paesi europei abbiamo bisogno di ospitare un evento mondiale in presenza. Una finale di League of Legend. Ecco forse così potrebbe diventare davvero più popolare».
loading...