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Estetica e forma: chi ha detto che non si può essere belli e anche intelligenti?

Per Ferruccio Laviani la definizione di una lampada passa dalla libertà nella scelta del linguaggio e dalla sperimentazione più ampia e senza pregiudizi.

di Cristina D'Antonio

Qui con la lampada da terra Orbital, prodotta da FOSCARINI, in una versione speciale total white, in vetro serigrafato e metallo verniciato (1.034 + Iva €). Foto di Lea Anouchinsky

2' di lettura

Tutto serve, nella vita. Scorrazzare in campagna da adolescente, e venire poi assoldato per la spannocchiatura, ha lasciato a Ferruccio Laviani una serie di cartoline del buon ricordo: da qui è partito per concepire la parete selvatica di erbacce, soprattutto graminacee, per lo showroom di Foscarini durante la Design Week. La sua installazione verticale, (im)possible natures, funzionava da introduzione a Fregio, la lampada a sospensione che Andrea Anastasio ha realizzato con la Bottega Gatti di Faenza: le sue caratteristiche sono un bassorilievo floreale e la sperimentazione con la ceramica. «È un incrocio di poetiche leggermente divergenti: con la mia spero di evocare quella polvere d'aria che passa tra le spighe e i papaveri».

La relazione tra Laviani e Foscarini è di lunga data: dura dall'inizio degli anni Novanta, quando il designer/architetto, nel tempo libero che gli lascia Michele De Lucchi, con il quale all'epoca lavora, inizia a tracciare su un foglio le prime forme della Orbital, una lampada da terra inconfondibile per linea e colori, prossima all'immaginario di Alexander Calder. Foscarini la produce, ma lui ne possiede una speciale e in copia unica: total black. «In azienda la guardavano malissimo e hanno preferito regalarmela: resterà sempre con me», dice adesso, godendosi la rarità della sua idea. Libero pensatore e libero professionista, di Foscarini è l'uomo-immagine, nel senso che cura la coerenza visiva del marchio.

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Raccontare la luce è un piacere che Foscarini si riserva dal primo progetto editoriale, nel 2002, con la rivista Lux, e che adesso occupa il suo canale Instagram con un'alternanza di voci – esponenti noti o emergenti del mondo delle arti visive: dopo Luca Font e Noma Bar stanno arrivando Federico Babina, Oscar Pettersson e Alessandra Bruni – chiamate a rispondere alla domanda: cos'è una lampada? «Decidere che cosa dire, e come dirlo, è un bonus anche per l'utente finale: ci si innamora di una forma, ma è interessante scoprire cosa c'è dietro l'estetica di un prodotto. Dopotutto, si può essere belli e al tempo stesso intelligenti, non è vero?».

Curriculum disomogeneo («A Cremona l'unica scuola internazionale era quella di liuteria: perciò l'ho frequentata, ma in testa avevo l'egittologia»), almeno finché il padre non gli ha chiesto di fare la persona seria, e allora ha scelto il Politecnico, Ferruccio Laviani crede nei movimenti controcorrente: «Foscarini è stata premiata perché ha avuto il coraggio di aprirsi al nuovo, senza pregiudizi: da azienda decorativa che sperimentava linguaggi diversi è diventata un riferimento nel settore dell'illuminazione. Ci è riuscita, tra l'altro, perché è aperta ai giovani: non considera un problema avere un designer sconosciuto nella propria collezione, una scelta che dà freschezza al catalogo». L'ultima inserita è la danese Felicia Arvid: una under 30 passata dal Salone Satellite nel 2018 al Compasso d'Oro per il sistema fonoassorbente Klipper nel 2020. PLI segna il suo debutto in questo mondo: sapremo presto se è destinata a brillare di luce propria.

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