Eternit bis, l’industriale Schmidheiny condannato a 12 anni
La sentenza al processo per la morte di 392 persone esposte all’amianto nel territorio di Casale Monferrato
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L’industriale svizzero Stephan Schmidheiny è stato condannato a 12 anni di carcere per le morti legate all’amianto, il reato è stato derubricato da omicidio volontario con dolo eventuale a omicidio colposo. Questa la sentenza in Corte d’Assise a Novara del processo Eternit bis per la morte di 392 persone vittime dell’esposizione al minerale nel territorio di Casale Monferrato. Schmidheiny è stato condannato anche a pagare 50 milioni di euro di risarcimento al Comune di Casale, 30 milioni allo Stato italiano e centinaia di milioni ai familiari delle vittime.
Nei confronti dell’imprenditore svizzero i pubblici ministeri Gianfranco Colace e Mariagiovanna Compare avevano chiesto l’ergastolo. Gli avvocati della difesa, Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva, avevano chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste» per mancanza di prova sul nesso di causalità, e in seconda battuta «perché il fatto non costituisce reato».
«Finalmente un giudice ha dato un nome e un cognome alla tragedia di Casale Monferrato». Così al termine della lettura della sentenza del processo Eternit bis il pm Gianfranco Colace che ha aggiunto «ora sappiamo che il responsabile è l'imputato che noi avevamo tratto a giudizio». «Siamo soddisfatti del nostro lavoro, avevamo portato una mole imponente di prove, siamo convinti che i criteri che la suprema corte con il caso Thyssen aveva dettato per distinguere tra il dolo eventuale e la colpa cosciente ricorressero in questo caso - ha proseguito - leggeremo attentamente le motivazioni e valuteremo se fare appello perché credo sia un caso che meriti di essere ulteriormente vagliato». «A Casale Monferrato ogni anno si ammalano 50 persone e non ancora finita né dal punto di vista sanitario ne' da quello giudiziario», ha detto ancora.
Il sindaco di Casale Monferrato, Federico Riboldi, ha commentato la sentenza: «Siamo parzialmente soddisfatti. È stato messo un punto chiaro. Non so se i familiari delle vittime avranno i risarcimenti. Certo è che si è stabilito che chi poteva intervenire sapeva e non l’ha fatto».
«Finalmente accanto al nome di Stephen Schmidheiny è comparsa la parola colpevole. Egli è quindi riconosciuto oggi come criminale colpevole di omicidio colposo aggravato ed è stato condannato a risarcire lo Stato, la città di Casale Monferrato, le organizzazioni sindacali, le associazioni e le famiglie delle vittime», ha aggiunto Riboldi: «Sicuramente la condanna a 12 anni di carcere non soddisfa appieno la sete di giustizia di un territorio e di una comunità che dopo anni continua a soffrire a causa delle conseguenze di quelle azioni commesse da chi ha anche avuto la responsabilità di fuggire da Casale abbandonando uno stabilimento nel territorio cittadino che era una vera e propria bomba nociva per la salute».
«Finalmente il responsabile della strage silenziosa consumatasi per decenni a Casale Monferrato ha ufficialmente un nome e cognome. La sentenza restituisce al territorio casalese, e all'Italia tutta, un rinnovato senso di giustizia dal quale ripartire con maggior serenità per completare il percorso di bonifica e cura di un territorio che ancora sta facendo i conti con gli effetti nefasti dell'inquinamento da amianto e dove ogni anno ancora si ammalano oltre 50 persone». Ad affermarlo in una nota congiunta sono Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente , Giorgio Prino, Presidente di Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta, e Vittorio Giordano, Presidente del Circolo Legambiente “Verdeblu” di Casal M.to dopo che l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny è stato condannato dalla Corte di Assise di Novara a 12 anni di reclusione per omicidio colposo aggravato.
Il magnate è stato condannato anche alla pena accessoria di 5 anni di interdizione ai pubblici uffici. Il risarcimento totale fissato dalla Corte è pari a oltre 86 milioni. Schmidheiny era accusato di omicidio volontario con dolo eventuale per la morte di 392 persone decedute per amianto a Casale Monferrato e dintorni. L’imprenditore aveva gestito lo stabilimento Eternit di Casale dal 1976 al 1986. «Legambiente ed Afeva (Associazione Familiari e Vittime Amianto) hanno seguito tutte le udienze del processo – continuano Ciafani, Prino e Giordano – non possiamo che esprimere soddisfazione per essere arrivati ad una sentenza in cui si stabiliscono precise responsabilità».
«Siamo di fronte a una sentenza importante in questo livello di giudizio, perché viene riconosciuta la colpa con una pena importante di 12 anni. La sentenza riconosce le parti sociali, i danni fatti al territorio, un indennizzo, ovviamente serve un esame più attento e bisognerà che la sentenza regga nei prossimi gradi di giudizio, ma intanto è un inizio su una vicenda che da decenni chiede giustizia». Così Giorgio Airaudo, segretario generale della Cgil Piemonte, dopo la lettura della sentenza Eternit bis. «Restano vive nel processo molte delle parti lese che sono cadute per le scelte del proprietario della Eternit - aggiunge Airaudo - Non si arriva all’omicidio volontario perché bisogna sottolineare che c’è una carenza, un baco nel sistema legislativo italiano che non riconosce questo tipo di giudizio, come successo per la Thyssen».
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