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Etna, il gestore dell’autostrada non risarcisce per la macchina danneggiata dai lapilli

La caduta di un corpo estraneo esula dalla responsabilità di chi ha la cosa in custodia

di Patrizia Maciocchi

L'Etna torna in attività: chiuso l'aeroporto di Catania

2' di lettura

Il Consorzio gestore delle Autostrade siciliane non è tenuto a risarcire i veicoli danneggiati dalla cenere e dai lapilli in seguito all’attività parossistica dell’Etna. La Cassazione respinge così il ricorso di un utente, secondo il quale la colpa dei gestori stava nel non aver chiuso il tratto autostradale, deviando il traffico su percorsi non interessati dall’eruzione. O perlomeno segnalare la situazione di pericolo per consentire ai conducenti di scegliere altre strade. Il primo no alla richiesta era arrivato dal Tribunale che, pur ribandendo l’esistenza di un obbligo generale di custodia tale da integrare la responsabilità in base al codice civile, aveva escluso la “colpa” perché il danno «era stato cagionato dalla caduta di lapilli e cenere lavica per effetto di un fenomeno eruttivo improvviso, i quali si erano abbattuti non sulla carreggiata ma direttamente sull’autovettura». L’ente era comunque intervenuto la sera precedente la nuova eruzione per pulire il tratto stradale «interessato dalla caduta di cenere lavica e che il tempo trascorso fra il prodursi dell’anomalia ed il verificarsi del sinistro era stato relativamente breve».

La caduta di corpi estranei

Circostanze che, unite al all’imprevedibilità dell’attività vulcanica, consentivano di parlare di caso fortuito. Una tesi che l’automobilista contesta ma senza successo. Ad avviso del ricorrente, infatti, doveva essere seguito lo stesso criterio che vale in caso di abbondanti precipitazioni, ipotesi in cui il custode deve provare di aver fatto di tutto per evitare il danno e non solo l’esistenza del caso fortuito. Nel ricorso si contesta anche l’imprevedibilità dell’evento visto che l’Etna è attivo da sempre e lo era da giorni. Una violazione dei doveri di comportamento in ipotesi riconducibile alla cosa in custodia.

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Nello specifico però, l’evento dannoso, precisa la Cassazione «alla stregua del fatto accertato dal giudice del merito, non è riconducibile eziologicamente alla cosa, ma ad un corpo estraneo». E nulla poteva fare il custode per impedire la caduta.

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