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Eurallumina, assolti i manager e dissequestrato il bacino fanghi rossi

Chiuso con assoluzione il processo contro i vertici dell’Eurallumina di Portovesme, aperto nel 2018 per disastro ambientale in concorso e traffico illecito di rifiuti. Per il rilancio, ancora da firmare autorizzazioni e Piano energia

di Davide Madeddu

3' di lettura

Gli ostacoli giudiziari sono superati. Ma per il rilancio dell’Eurallumina di Portovesme si devono ancora superare quelli amministrativi e burocratici. Nello specifico si tratta degli ultimi tre tasselli necessari per dare gambe al progetto di rilancio che prevede investimenti per 300 milioni di euro per riattivare il primo anello della filiera dell'alluminio. Risorse private che la controllata russa intende mettere sul piatto per sistemare gli impianti e riprendere la produzione.

In bilico da 14 anni

La vicenda è quella che riguarda l’Eurallumina, l’azienda controllata dalla russa Rusal che produceva nello stabilimento del Sud Sardegna l’allumina (materia prima da cui si ricava alluminio primario) dalla raffinazione della bauxite. Poi, a marzo del 2009, lo stop a causa degli alti costi dell’olio combustibile necessario per la produzione di energia e vapore, dell’impianto che per la sua capacità produttiva di 1,07 milioni di tonnellate l’anno di allumina, viene considerato dagli esperti uno dei più grandi d’Europa. Nello stesso anno, anche l’apertura un'inchiesta culminata con il sequestro del bacino dei fanghi rossi di Portovesme in uso all'azienda e impiegato per lo stoccaggio dei residui di lavorazione. E i sigilli nelle aree attigue interessate al rilascio di acque contaminate da fanghi rossi.

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L'assoluzione

Nel 2018, il processo. E il 5 maggio 2023 la parola fine alla vicenda giudiziaria con l'assoluzione dell'amministratore delegato e del direttore generale, «perché il fatto non sussiste», dall'accusa di disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti. Non solo, i giudici hanno anche disposto la revoca del sequestro del bacino dei fanghi rossi.

Tra burocrazia ed energia

Perché il progetto di rilancio dello stabilimento possa partire, nonostante la chiusura della partita giudiziaria, devono essere ancora sciolti alcuni nodi cui sono legate le sorti dello stabilimento chimico per cui il gruppo russo, dalla fermata a oggi, ha speso più di 200 milioni di euro. Si tratta della sottoscrizione dell’Addendum al Memorandum of Understanding, il programma degli impegni che l’azienda deve siglare con la Regione, Invitalia per i contratti di programma, i ministeri del Lavoro, del Made in Italy e quello dell'ambiente, e i sindacati, in cui si assumono gli impegni per il riavvio dello stabilimento. Inoltre la chiusura della procedura autorizzativa e la soluzione energetica.

Subito accordi e autorizzazioni

«Il dissequestro senza prescrizioni del bacino Eurallumina – premette Francesco Garau, segretario regionale della Filctem – rimette al centro della vertenza la bontà della lotta messa in campo dai lavoratori in questi 14 anni e il buon lavoro fatto quando l’impianto era in esercizio. Adesso la palla passa in mano alla Regione che dovrà prendere atto che dal punto di vista ambientale l’attenzione è sempre stata alta da parte dei lavoratori e da parte dei sindacati. Attendiamo il parere favorevole della procedura Paur». Il sindacalista ricorda anche che «da settimane stiamo spingendo il Ministero delle Imprese a convocare la riunione per aggiornare il Protocollo d’intesa che garantirà l’inizio degli investimenti nonché il rientro a lavoro dei dipendenti diretti e degli appalti».

Manca ancora il metano

Resta da chiarire l'aspetto legato all'approvvigionamento energetico. «La Regione e il Governo – aggiunge – si sbrighino a definire l’assetto energetico della Sardegna: la nostra isola, oggi più che mai, non potrà fare a meno del metano».Il percorso tracciato per arrivare a soluzione è quello di portare il gas con la Fsru simile a quella di Piombino (previsto dal Dpcm varato dal Governo Draghi) da sistemare nell’area portuale (da dragare perché allo stato ha il fondale troppo basso). Si tratta dell’ultima proposta presentata dopo una serie di progetti che hanno spaziato dal Galsi alla centrale di cogenerazione a carbone sino al vapordotto con la vicina centrale elettrica.

Tra ricorsi e prospettiva

Il Dpcm è stato poi impugnato dalla Regione che, dopo la sentenza del Tar ha presentato ricorso al Consiglio di Stato che si pronuncerà a novembre. Nel frattempo si attende una soluzione alternativa tra Regione e Governo. «Credo che per le lotte che i lavoratori hanno fatto e stanno facendo, davanti a una multinazionale che non ha mai avuto intenzione di lasciare il territorio – conclude – sia un fatto importantissimo per il rilancio dell’industria, non solo del Sulcis ma di tutta la regione».


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