Euralluminia, un altro anno di cassa integrazione
La controllata Rusal proprietaria della raffineria di bauxite di Portovesme, ferma dal 2009, è in attesa del rilancio
di Davide Mededdu
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Un altro anno di Cassa integrazione, in attesa del rilancio dell’Eurallimina, la controllata Rusal proprietaria della raffineria di bauxite di Portovesme, ferma dal 2009. Il dispositivo, siglato tra Regione, azienda e parti sociali, è finalizzato al rinnovo della Cig straordinaria per riorganizzazione aziendale. Ossia il tempo necessario per avviare le procedure necessarie per il revamping del compendio. Destinatari dello strumento che avrà una durata di 52 settimane, ossia dal 1 gennaio al 31 dicembre del 2023 saranno i 210 dipendenti diretti dell’azienda considerata primo anello della filiera dell’alluminio, dato che l’allumina, che si ricava dalla raffinazione della bauxite viene poi utilizzata per la produzione di alluminio primario.
Tredici anni di procedure
A determinare il ricorso agli ammortizzatori i tempi di una procedura iniziata nel 2009 con lo stop agli impianti della raffineria che, per la sua capacità produttiva di 1,07 milioni di tonnellate l'anno di allumina, viene considerata dagli esperti una delle più grandi d'Europa. Elemento scatenante, gli alti costi dell'olio combustibile necessario per la produzione di vapore, il calo drastico del prezzo dell'allumina e dell'aumento della bauxite. Poco tempo, l'avvio delle attività propedeutiche alla riaccensione degli impianti con progetti e protocolli nazionali. E una serie di progetti che hanno spaziato dall’utilizzo del gas legato al progetto Galsi (mai attuato) e poi quello successivamente accantonato per la realizzazione di una centrale di cogenerazione a carbone, seguito da quello di vapordotto in grado di collegare gli impianti Eurallumina con quelli della vicina centrale elettrica, e infine il gas. Con la Fsru.
Il progetto da 300 milioni
Per rimettere in marcia gli impianti, attraverso un programma di sistemazione degli impianti l’azienda, che negli ultimi dieci anni ha speso circa 230 milioni di euro per garantire manutenzioni e cig del personale, ha dato vita a un piano di investimenti che vale 300 milioni di euro. Il nuovo progetto prevede la costruzione di un nuovo Chp a gas, la trasformazione e conversione a gas dei forni di calcinazione esistenti e eliminazione dell'area di smaltimento fanghi con la realizzazione di un progetto di stoccaggio a secco. Appresso anche un piano occupazionale per lo stabilimento che oggi garantisce l'impiego a 230 dipendenti (130 in servizio e un centinaio in cassa integrazione), e prevede l'inserimento al lavoro di 363 persone dirette e un indotto composto da appaltatori e subappaltatori di 1.500 addetti. Con il piano anche la movimentazione di 4 milioni di carichi nell'area portuale di Portovesme.
Nodo energia
L’approvvigionamento energetico dovrebbe essere garantito dalla metaniera Golar Artic. Quella che la Snam ha rilevato dalla Golar Lng e che, dopo una conversione in unità di stoccaggio e con una capacità di 140.000 metri cubi, sarà installata nell'area di Portovesme.
Tutto fermo
Il progetto però ancora non arriva a compimento. A frenare la procedura che va avanti da anni e non ha risparmiato proteste e manifestazioni in piazza, tre nodi da sciogliere. Ossia il Paur, il procedimento autorizzativo unico regionale, il Dpcm Sardegna impugnato dalla Regione prima al Tar (ricorso respinto) e poi davanti al Consiglio di Stato. E inoltre il porto. Il fondale è troppo basso per permettere la navigazione di grosse navi. Le risorse sono disponibili ma le opere, progettate da anni, ancora non sono partite. Inoltre manca anche la sottoscrizione dell'Addendumal Memorandum of Understanding dove c’è l’impegno dell’azienda a sostenere i costi della Cigs sino al riavvio della produzione.
Un anno di tempo
Ora l’ultimo anno di cassa integrazione e quindi la speranza che il cammino autorizzativo possa concludersi. Per il presidente della Regione Christian Solinas si tratta di un accordo “importante per la tutela dei lavoratori e delle loro famiglie che permette di guardare con maggiore serenità al futuro e al rilancio dell'azienda».
Una situazione insostenibile
A prendere posizione sollecitando risposte rapide, anche alla luce di una tempistica che ormai «va avanti da troppi anni», sono le organizzazioni sindacali. «Le persone sono stanche di vivere di ammortizzatori sociali, è necessario che dalle Istituzioni arrivino risposte immediate - dice Francesco Garau, segretario regionale della Filctem - anche perché non si è mai vista un’azienda internazionale che non demorde e pur di portare avanti il progetto spende una marea di soldi».
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