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Zona euro: rimbalzo economico nel 2024, ma l’inflazione resta alta

Secondo l’organizzazione, la Bce dovrà continuare ad alzare i tassi. Inevitabile un rallentamento per ottenere una disinflazione

di Riccardo Sorrentino

(oraziopuccio - stock.adobe.com)

2' di lettura

Il rimbalzo del 2024 ci sarà. L’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico con sede a Parigi, ha riproposto per la zona Euro una previsione di crescita dello 0,9% per quest’anno, che salirà all’1,5% nel prossimo; e una di inflazione del 5,8% per quest’anno che scenderà al 3,2% l’anno prossimo. La politica economica deve però restare restrittiva: la Bce è invitata - sia pure tra mille cautele - a continuare ad alzare i tassi di interesse, mentre i governi devono condurre una politica fiscale molto prudente per evitare di alimentare l’inflazione e introdurre riforme per aumentare la crescita potenziale, stimata in calo all’1,1% l’anno prossimo, dall’1,6% del 2020 e 2021.

Nell’ampio rapporto 2023, che dedica molto spazio anche alle politiche verdi, l’Ocse sostiene l’attuale scelta della Banca centrale europea di “seguire” i dati macroeconomici assumendo decisioni “meeting dopo meeting”, senza percorsi prestabiliti. «Le dimensioni e la durata della restrizione monetaria richiesta per abbassare in modo durevole l’inflazione sono incerte», spiega il rapporto. L’inflazione core, che la Bce tenta di ridurre, è determinata sia da fattori sul lato dell’offerta che da quelli sul lato della domanda, ed è difficile, almeno per i Paesi avanzati, individuarli con sufficiente precisione.

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Una politica restrittiva è però necessaria. Se la crescita potenziale dovesse calare in modo persistente, la politica monetaria dovrà allineare la domanda a quei ritmi, più bassi. Il controllo delle aspettative di inflazione resta cruciale e così quello del rischio di una spirale prezzi-salari-prezzi che però resta piuttosto basso. La moderazione salariale non può però essere considerata come scontata.

Un po’ di prudenza è legata al fatto che «portare l’inflazione sotto controllo potrebbe comportare perdite di produzione». Lo studio fa riferimento a recentissimi lavori di ricerca secondo i quali dal 1950 non ci sono stati casi di notevole disinflazione non accompagnati da notevoli sacrifici o da una recessione, anche se i costi posso variare da episodio a episodio. «Il calo dell’inflazione - spiega - sembra improbabile senza una corrispondente crescita nel breve periodo del tasso di disoccupazione» che attualmente è, in Eurolandia, ai minimi storici.

Cruciale è il ruolo della politica fiscale. « La Banca centrale europea dovrà continuare ad alzare i tassi di interesse  per il tempo necessario a spingere l’inflazione su un sentiero sostenibile verso l’obiettivo del 2%, e questo significa stringere la politica monetaria tanto più quanto la politica fiscale resta così ampiamente accomodante». Anche la riduzione di bilancio della Bce deve procedere con una certa cautela, ma è possibile che sia attualmente «troppo lenta».

La politica dei governi deve diventare più mirata: l’inflazione e la politica monetaria hanno effetti redistributivi che solo la politica fiscale può affrontare e alcune delle misure adottate - quelle che incidono sui prezzi, le più facili - tendono a premiare le famiglie più ricche. Occorrono misure che aiutino le famiglie meno fortunate, e anche l’uso dei fondi del Pnrr «deve minimizzare il rischio di stimolare troppo l’economia» e quindi i prezzi.

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