ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùOpinioni

Europa in crisi, la via d'uscita

Flussi inarrestabili di migranti dal Mediterraneo meridionale. Ritmo inadeguato di conversione verso le energie rinnovabili. Esigenze di difesa autonoma del territorio con forze e tecnologie delle quali non disponiamo

di Antonio Padoa Schioppa

(olrat - stock.adobe.com)

3' di lettura

Flussi inarrestabili di migranti dal Mediterraneo meridionale. Ritmo inadeguato di conversione verso le energie rinnovabili. Esigenze di difesa autonoma del territorio con forze e tecnologie delle quali non disponiamo. Approntamento su larga scala di medicinali e di strumenti di prevenzione contro le pandemie. Produzione autonoma di segmenti essenziali di ogni prodotto avanzato, dai chips di ultima generazione alle batterie all'intelligenza artificiale. Sono i settori dai quali dipende il nostro futuro in ognuno dei Paesi europei.

L'irreversibilità della crisi climatica e ambientale è ormai prossima; la nostra dipendenza da altre potenze è indiscutibile. Altrettanto chiaro è il fatto che nessuno dei Paesi europei è in grado di fare fronte isolatamente a queste sfide. I Paesi più indebitati possono investire di più solo a condizione di dilatare ulteriormente il proprio debito pubblico rischiando di mettere nuovamente in crisi la moneta comune. Basta poco per scatenare i mercati, come è accaduto in passato, con conseguenze drammatiche per tutti. Neppure il meccanismo revisionato del Mes basterebbe più. E l'Italia è il fronte più esposto.

Loading...

Una via d'uscita esiste, forse la sola in questa fase cruciale. Occorre mettere in atto in tempi brevi una strategia di grandi investimenti che solo l'Unione europea può permettersi di realizzare. Occorre potenziare il bilancio pluriennale dell'Unione, come si è fatto con la storica svolta del luglio del 2020 per rispondere alla crisi indotta dalla pandemia. Difesa comune, energia solare massicciamente disponibile con investimenti nel Sahara, politiche di sostegno e di investimento dell'economia e della formazione nei Paesi africani, tali da disincentivare la spinta tragica verso le migrazioni in Europa e tali da organizzare un flusso di ingressi monitorati e razionalizzati, del quale in Europa c'è d'altronde assoluta necessità in risposta almeno parziale al declino demografico. Anche per la difesa comune non deve trattarsi di iniziative parcellizzate ma di investimenti comuni, gestiti a livello europeo.

E' questo il significato della presa di posizione di Mario Draghi nell'intervista ormai celebre all'Economist del 5 settembre scorso. Il suo richiamo alla necessità di una accresciuta “sovranità condivisa” significa precisamente questo: investimenti in beni pubblici europei disposti al livello comune entro le istituzioni democratiche dell'Unione: Parlamento europeo, Commissione, Consigli deliberanti a maggioranza. Questo è possibile anche prima della pur necessaria riforma dei Trattati, alla quale sta lavorando proficuamente il Parlamento europeo in vista dell'allargamento e di una Convenzione che richiederà comunque un difficile percorso e un tempo di anni. Ma occorre procedere da subito, prima che sia tardi. E questo è possibile, come il modello del PNRR ha mostrato.

Occorre mettere in campo risorge ingenti, indirizzate a questi fini. Probabilmente basterebbe disporre di un punto di Pil in più nel prossimo programma settennale. Il modello sarebbe quello instaurato dal Next Generation Europe: un mix di nuove risorse proprie, di prestiti garantiti dall'Unione e di bonds europei, per investimenti su beni pubblici europei condizionati a precise riforme; e con una quota riservata direttamente alla Commissione per progetti transnazionali. Nulla di più ma nulla di meno di questo. Naturalmente, queste misure dell'Unione dovrebbero e potrebbero agevolare e incentivare cospicui investimenti privati in ognuno dei settori menzionati.

Chi non fosse d'accordo resterebbe fuori, a proprio danno. Anche questo è possibile, ma si può sperare e confidare che ciò non accada. La campagna elettorale per il Parlamento europeo del 2024 è ormai in corso. L'iniziativa di investimento dell'Unione per beni comuni europei dovrebbe costituire un punto centrale del dibattito dei partiti. Dall'esito dell'elezione su questo fronte può dipendere il futuro dell'Europa.

Riproduzione riservata ©

loading...

Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti