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Europa, per i singoli Stati transizione ecologica troppo costosa senza aiuti Ue

Un rapporto della New Economics Foundation ha espresso dubbi sulla capacità di molti Paesi a raggiungere gli obiettivi climatici dell'Accordo di Parigi

dal nostro inviato Beda Romano

Mattarella: "Agricoltura è una frontiera nella sfida sul clima"

3' di lettura

STOCCOLMA – A pochi giorni dalla presentazione della Commissione europea delle proposte per la riforma del Patto di Stabilità, un rapporto della New Economics Foundation ha espresso dubbi sulla capacità di molti Paesi a raggiungere gli obiettivi climatici dell'Accordo di Parigi, in un contesto nel quale le regole di bilancio restano restrittive.
La ricerca, messa a punto da un istituto di ricerca britannico fondato nel 1986 e dedicato alla “giustizia sociale, economica e ambientale”, sottolinea un aspetto già messo in luce da alcune forze politiche nel Parlamento europeo.

L'ambiziosa strategia comunitaria in campo ambientale rischia di essere molto costosa sul piano nazionale e richiederebbe la creazione di nuovi strumenti finanziari a livello europeo.Le proposte di Bruxelles hanno come obiettivo di imporre un risanamento dei conti pubblici, promuovendo nel frattempo nuovi investimenti. Nota Sebastian Mang, uno degli autori del rapporto: «Le proposte sono più restrittive delle attese. Oltre a un aggiustamento di bilancio minimo, il progetto legislativo prevede l’obbligo di mantenere la spesa pubblica al di sotto della crescita potenziale».

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Europa a più velocità

Secondo la New Economics Foundation, appena quattro Paesi, pari al 10% del PIL europeo, sarebbero in grado di spendere abbastanza per raggiungere gli obiettivi stabiliti nell’accordo sul clima di Parigi, al fine di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Questi sono la Svezia, l'Irlanda, la Danimarca e la Lettonia. Solo altri cinque Paesi – il Lussemburgo, la Bulgaria, la Lituania, la Slovenia e l'Estonia – hanno margini di bilancio per raggiungere i target europei, meno ambiziosi.

Sempre secondo la ricerca, 13 Paesi sarebbero incapaci di investire sufficiente denaro per raggiungere anche i più limitati obiettivi climatici dell'Unione europea senza infrangere i limiti del debito o del deficit. Questi sono la Francia, l'Italia, la Spagna, i Paesi Bassi, la Polonia, il Belgio, la Finlandia, la Slovacchia, il Portogallo, la Grecia, l'Ungheria, la Romania e la Croazia.

Tre possibilità per la Ue

Nei fatti, e sulla base di queste premesse, l'Unione europea, avrebbe tre possibilità.La prima è di rivedere in senso meno restrittivo gli obiettivi di bilanci. La seconda è di rendere meno impegnativi i target climatici. La terza è di spostare l'onere finanziario a livello europeo (da notare: l'Italia ha evidenti difficoltà a spendere il denaro già a disposizione). In questo contesto, la New Economics Foundation propone che i governi mantengano una quota azionaria nelle aziende che ricevono denaro pubblico, per recuperare i loro investimenti e influenzare le imprese nel ridurre le emissioni di carbonio.

Inoltre, il rapporto ritiene che la Commissione dovrebbe escludere le spese legate al clima dalle regole di bilancio e soprattutto creare nuovi programmi finanziari in comune, sulla falsa riga del NextGenerationEU, in aggiunta al programma RePowerEU e al Fondo sociale per il Clima, già istituiti.

Negli scorsi mesi, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha proposto la nascita di un Fondo Sovrano. Novità dovrebbero emergere prima della pausa estiva.Rimane la questione delle difficoltà a spendere il denaro già sul tavolo, in un paradossale contesto segnato da una storica carenza di investimenti. «La situazione italiana - spiega ancora Sebastian Mang - dimostra che la pianificazione strategica della pubblica amministrazione è importante. Forse più importante di avere fondi da spendere. La doppia transizione, ambientale e digitale, richiede da parte delle autorità nazionali ed europee sforzi per migliorare le politiche pubbliche».

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