ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùverso le elezioni di maggio

Europa, la scalata dei sovranisti: già undici governi dipendono da movimenti anti-sistema

di Beda Romano

Salvini: guidare alleanza sovranisti? Se lo chiedono ci penserò

3' di lettura

Bruxelles - A poco più di tre mesi dal prossimo delicato rinnovo del Parlamento europeo, si rafforza la presenza al potere dei partiti più nazionalisti. Sono ormai 11 i governi dell’Unione europea sostenuti da una maggioranza di cui fanno parte movimenti sovranisti, anti-sistema o semplicemente euroscettici. Quali conseguenze avrà questa tendenza sulla composizione delle prossime istituzioni comunitarie? A conti fatti, l’impatto non sarà secondario, soprattutto sul lavoro quotidiano, ma forse meno dirompente delle attese di alcuni.

L’ultimo Paese in cui è arrivato al potere un partito nazionalista è la Lettonia. Il nuovo esecutivo, guidato dal premier Arturs Krišjānis Kariņš, è sostenuto da cinque partiti, tra cui il Kpv Lv, un acronimo che sta per la domanda: a chi appartiene lo Stato? Al di là di una vena euroscettica diversa da Paese a Paese, partiti nazionalisti o anti-sistema sono al potere in Italia, in Austria, in Polonia e in Ungheria; ma anche in Bulgaria, in Finlandia, nella Repubblica Ceca, in Slovacchia, in Grecia, e in Romania.

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Una recente ricerca di Matthijs Rooduijn, professore dell’Università di Amsterdam, faceva notare in autunno che ormai un europeo su quattro vota per un partito populista. Lo sguardo è tutto rivolto al rinnovo del Parlamento europeo. Gli ultimi sondaggi lasciano intravedere che i partiti nazionalisti e anti-sistema potrebbero raccogliere nel nuovo Parlamento europeo fino a 200 seggi, su un totale di poco più di 700 deputati. È probabile che per contrastare l’ascesa di questi partiti, popolari e socialisti dovranno allearsi a liberali e verdi.

Oggi i partiti nazionalisti di destra sono sparsi in almeno quattro gruppi parlamentari: il Partito popolare europeo (nel quale siede il Fidesz di Viktor Orbán), l’Europa delle Nazioni e delle Libertà (che raccoglie la Lega e il Rassemblement National), i conservatori europei dell’ECR (dominato dal PiS polacco), e l’Europa della libertà e della democrazia diretta (che comprende Alternative für Deutschland e il Movimento 5 Stelle). Quanto più i movimenti sovranisti riusciranno a unirsi in uno stesso gruppo parlamentare, tanto più potranno influenzare i lavori del Parlamento europeo.

L’EUROPA A TRAZIONE SOVRANISTA

(Fonte: Politico.Eu)

L’EUROPA A TRAZIONE SOVRANISTA

Una minoranza di blocco?
In una ricerca pubblicata nei giorni scorsi, lo European Council for Foreign Relations sostiene che «i partiti antieuropeisti potrebbero bloccare il Parlamento europeo dopo le elezioni di maggio». Cinque le aree a rischio: la politica estera, lo stato di diritto, il futuro di nuovi accordi commerciali, la libertà di circolazione, gli sforzi globali per frenare il cambiamento climatico facendosi promotori del ritiro del proprio Paese e dell’Unione in generale dagli accordi multilaterali.

Altro quesito: quanti saranno i governi a inviare a Bruxelles un esponente nazionalista per sedere nella prossima Commissione? Certo, rischiano di essere più numerosi di oggi. «Ciò detto, è da capire se i governi sostenuti dai movimenti anti-sistema vorranno inviare un leader troppo controverso, col rischio che venga bocciato durante le audizioni parlamentari o che riceva un portafoglio minore», nota Christian Franck, professore emerito dell’Università cattolica di Lovanio. Lo sguardo corre all’ungherese Tibor Navracsics che nella Commissione Juncker si occupa di sport.

La partita delle nomine
Un altro tema d’attualità sono le prossime nomine istituzionali. Quest’anno scadono le presidenze della Commissione europea, del Consiglio europeo e del Parlamento europeo. Il desiderio dell’establishment comunitario è di garantire un equilibrio politico. L’idea che alla guida dell’esecutivo vada il capolista del partito vincitore alle elezioni di maggio, lo Spitzenkandidat, non piace a molti Paesi, che vorranno mantenere l’ultima parola del Consiglio europeo nella selezione del nuovo presidente.

Infine per quanto riguarda proprio la presidenza del Consiglio europeo il rischio che questa carica possa andare a un esponente euroscettico o anti-sistema è relativamente limitato, salvo uno sconvolgimento da qui alla fine dell’anno, quando scadrà il mandato di Donald Tusk. Il presidente è scelto dalla maggioranza qualificata, col risultato che neppure una alleanza tra Italia, Polonia e Ungheria avrebbe un potere di veto. Ciò detto, il rischio è che la selezione si riveli assai più lunga e complicata che in passato.

Intanto, già oggi l’influenza sovranista sta pesando sui lavori del Consiglio, l’organismo che riunisce i governi e che partecipa al processo di co-legislazione. Per esempio, la stessa unione bancaria è di là da essere completata, tanto che in un recente discorso a Bruxelles l’amministratore delegato di UniCredit Jean-Pierre Mustier ha avvertito i suoi interlocutori che l’assicurazione in solido dei depositi è «molto lontana», «perché ci sono troppe differenze tra i Paesi e tra i mercati in termini di profilo di rischio».

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