Europrogettisti, il colpo vincente tra bandi e «call»
Boom dei consulenti per conquistare le risorse Ue Come formarsi in assenza di corsi di studio ad hoc
di Flavia Landolfi
3' di lettura
C’è chi la definisce la professione del futuro; chi ne fa un’attività collaterale da coniugare con la consulenza alle imprese vera e propria; chi al contrario ha puntato sulla specializzazione costruendo studi dedicati. Fatto sta che quello dell’europrogettazione è un “mestiere” completamente deregolamentato. Una giungla, direbbero alcuni. Non c’è un albo e non c’è nemmeno un percorso professionale ben definito. Men che meno un corso di laurea ad hoc, com’è logico che sia in assenza di requisiti.
Eppure è una professione che “tira”. Il motivo è schiacciante e nasce dalla mole di risorse messa in pista dalla programmazione comunitaria: tra fondi diretti e fondi strutturali c’è un tesoro per le imprese e da qualche anno anche per i professionisti da andare a conquistare. E qui entrano in scena i consulenti dell’europrogettazione: monitorano call e bandi sia regionali che nazionali, presentano le domande di finanziamento (project designer) e a risorse ottenute controllano l’andamento del progetto (project manager).
La formazione
Europrogettista fai-da-te. Non ci sono requisiti di legge per svolgere l’attività e tutto è demandato all’iniziativa personale e al mercato. «L’approdo all’attività di europrogettazione è spesso il punto di arrivo di percorsi professionali tra i più diversi, che proprio in questa eterogeneità trova il proprio punto di forza - spiega Silvana Mura, componente del Consiglio direttivo di Assoepi (Associazione europrogettisti italiani) -. Per diventare europrogettista non è necessario essere laureati. Esistono, però, diversi master e corsi di formazione in europrogettazione che forniscono le conoscenze di base per intraprendere la professione».
Le fa eco Valentina Vitale, membro del consiglio di Assoeuro (Associazione italiana europrogettisti): «Il mercato è saturo di piccoli corsi e master privati che ti danno un’infarinatura, ma a mio avviso la cosa migliore è sporcarsi le mani, imparando direttamente sul campo». In quanto al primo ingresso nel mercato la strada non è tutta rosa e fiori. «È molto difficile entrare, per questo il mio impegno nell’associazione è dedicato ai giovani, per aiutarli e sostenerli in un percorso meraviglioso ma non semplice».
Le competenze
Che la legge non prescriva un iter obbligatorio non significa che questa attività sia affrontabile a mani nude. «È indispensabile un’ottima padronanza della lingua inglese, una buona conoscenza del funzionamento delle istituzioni europee, delle tecniche di europrogettazione e dei principi di project management - prosegue Mura -. Molto utile è anche un’esperienza all’estero, meglio se a Bruxelles, per conoscere in modo più approfondito le modalità di gestione dei fondi e delle istituzioni europee». E sul fronte delle capacità personali «bisogna essere innovativi - aggiunge Vitale - ma anche costantemente aggiornati. Quindi, si è destinati a studiare sempre e tanto, oltreché avere una propensione a lavorare in team e a dialogare con le istituzioni».
Il progetto dei commercialisti
È del Cndcec (Consiglio nazionale dottori commercialisti ed esperti contabili) l’idea di traghettare i commercialisti all’interno degli enti pubblici per i controlli di primo livello e per la rendicontazione della programmazione. «Il progetto - spiega Marcella Galvani, consigliera nazionale con delega alle politiche europee - prevede innanzitutto di costruire uno standard di controlli uguale in tutte le regioni in modo da uniformare le procedure che oggi sono a macchia di leopardo».
Dopodiché si entrerà nel vivo delle attività con l’avvio di «un registro nazionale di esperti già formati su questa materia e che siano tutti assicurati, in modo da sollevare gli enti pubblici da eventuali errori». Ma perché i commercialisti? «Si tratta di attività tipiche di questi professionisti - aggiunge Galvani - per la loro esperienza nella revisione dei conti: in ogni caso il progetto prevede corsi di formazione ad hoc prima nel controllo di primo livello e in un secondo momento nell’europrogettazione». Il beneficio, secondo il Cndcec, sarebbe duplice: «Perché da un lato - aggiunge Galvani - si creano spazi di lavoro e occasioni professionali e dall’altro si persegue un interesse pubblico con un beneficio per lo Stato». Il progetto è già stato presentato a livello ministeriale «e sarà lanciato - annuncia Galvani - nella prossima programmazione europea, quella che sarà inaugurata nel 2021 con il nuovo settennato di programmazione».
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