ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa seconda semifinale

Eurovision Song Contest sempre più «politico». Ancora boom di ascolti

Ecco gli ultimi dieci qualificati alla finale: c’è la Finlandia (nel giorno del sì alla Nato). Eliminati Achille Laruo ed Emma Muscat. Duetto pacifista Mika-Pausini

di Francesco Prisco

Aggiornato il 13 maggio 2022, ore 10:05

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4' di lettura

È ancora boom di ascolti per la seconda semifinale di Eurovision Song Contest: è stata seguita su Rai1 da 5 milioni 538 mila telespettatori pari al 27,7% di share. Si mantiene insomma alta l’attenzione del pubblico: gli ascolti sono perfettamente in linea con quelli della prima semifinale, seguita da 5 milioni 507 mila telespettatori pari al 27% di share.

Con l’Eurovision Song Contest la politica, ufficialmente, non c’entra mai eppure c’entra sempre. Ancora di più con la guerra in corso in Europa: la seconda semifinale ci regala così il duetto pacifista tra Mika e Laura Pausini sulle note di Sting e Patti Smith, ma anche la Finlandia che apre le danze nel giorno stesso in cui annuncia l’avvio delle procedure per entrare nella Nato, pezzi che alludono al lockdown, bandiere ucraine sventolate qua e là da questa o quella delegazione e pure la performance dell’Achille Lauro sammarinese che non deve essere piaciuta molto al patriarca Kirill, ammesso che l’abbia vista. E nemmeno al pubblico televotante che non l’ha televotata.

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Mika, Alessandro Cattelan e Laura Pausini (Afp)

Le ultime dieci finaliste

Quanto al verdetto della gara, tra le 18 nazioni in concorso, raggiungono la finale Belgio, Repubblica Ceca, Azerbaigian, Polonia, Finlandia, Estonia, Australia, Svezia, Romania e Serbia. Nella serata di sabato 14 maggio affronteranno le «big five» Inghilterra, Francia, Germania, Italia e Spagna, più Svizzera, Armenia, Islanda, Lituania, Portogallo, Norvegia, Grecia, Ucraina, Moldavia e Olanda, qualificatesi martedì scorso.

I finlandesi The Rasmus (Ansa)

Si parte con la Finlandia (nel giorno della Nato)

Ironia della sorte, prima nazione a esibirsi è stata la Finlandia (in un giorno tutt’altro che banale per la sua storia) con The Rasmus, vecchia conoscenza rocchettara alle prese con la power ballad zuccherosa Jezebel. Michael Ben David, in forza a Israele, propone l’inno dell’auto-accettazione I.M, rara pacchianata techno. Il messaggio è: «Be proud of who you are». Salutista la serba Konstrakta che si igienizza le mani in habitat clericale sull’elettro-pop inquietante di In corpore sano. Quello che ci vuole dopo due anni di pandemia. L’Azerbaigian dispensa il pop patetismo di Nadir Rustamli (Fade to black).

I georgiani Circus Mircus (Ap)

L’eliminazione di Achille Lauro

Bello l’esperimento tra neo-prog e Brit pop dei Circus Mircus, in rappresentanza della Georgia con Lock me in (anche qui un riferimento al lockdown?). Comunque escono: il loro regno non è di questo mondo. Emma Muscat, ex Amici in quota a Malta, la butta sulla ballatona plasticosa (I am what I am). Esce pure lei. Attenzionata speciale era San Marino, dal momento che a rappresentarla c’era Achille Lauro a cavallo di un toro meccanico per Stripper, provocazione alla prima persona femminile. Ci scappa pure il bacetto al chitarrista: niente di troppo nuovo sotto il sole. Il pubblico internazionale evidentemente non gradisce e lo elimina. Subito dopo Achille Lauro c’è qualcuno più achillelauro di lui: è l’australiano Sheldon Riley che, dietro una maschera di cristallo, gorgheggia I’m not the same. È come se all’improvviso si palesasse la differenza tra un teatrante e un teatrante che sa cantare.

Achille Lauro (Ansa)

Etno pop con la pala quello offerto da Cipro con Andromache e la sua Ela. L’Irlanda cucina junk food music e a servirla al tavolo è Brooke (That’s rich). Già il genere è quello che è, mettici pure un’interpretazione approssimativa... La Macedonia del Nord si affida al molto più educato pop melodico di Andrea (Circles). L’estone Stefan pratica cultural appropriation country western con Hope, non esattamente un brano memorabile. Tormentone latin pop la Llamame di Wrs. Ebbene sì: anche la Romania è un paese neolatino. Il polacco Ochman la butta in dramma (Rivers), mentre la montenegrina Vladana dedica alla madre scomparsa Breathe. Virtuosismi che non scaldano. Il Belgio ha i numeri di Jérémie Makiese che se la cava egregiamente con l’Rnb di Miss You. Potrebbe scapparci un podio. Patinatissima Cornelia Jakobs, proposta svedese che sfoggia la ballata pop Hold me closer. Chiude il discorso l’elettropop antemico dei cechi We Are Domi (Lights off). Anche qui crescono le aspettative in chiave di classifica finale.

Il belga Jérémie Makiese (Lapresse)

Il duetto Mika-Pausini

Effettivamente un bel momento è stato il duetto tra Mika e Laura Pausini, conduttori della kermesse, alle prese con le cover di Fragile di Sting e People have the power di Patti Smith, accompagnati dagli studenti del Conservatorio «Giuseppe Verdi» di Torino. Al collega Alessandro Cattelan è toccato invece il balletto introduttivo, al termine del quale ha rivelato: «Questa sera ho capito davvero cosa provano gli artisti quando si esibiscono». Tu chiamala, se vuoi, «strizza» (copyright Laura Pausini).

Il duetto Mika-Pausini (Reuters)

Eurovision sempre più politico

Per quanto riguarda gli ospiti, invece, si registra la curiosa esibizione dei tenorini del Volo con Piero Barone e Ignazio Boschetto in presenza, mentre ha cantato sotto forma di video Gianluca Ginoble, risultato positivo al Covid. Brano in scaletta: You are my everything, versione inglese di Grande amore con cui parteciparono all’Eurovision Song Contest del 2015. Si fa quel che si può, per portare a casa il risultato. E adesso avanti con la finale che l’Ucraina della Kalush Orchestra si appresta a vincere. Come fu nel 2005 (un anno dopo piazza Maidan) e nel 2016 (due anni dopo l’invasione russa della Crimea, con una canzone che parlava della deportazione dei tatari dalla Crimea, in era stalinista). No, l’Eurovision Song Contest non c’entra con la politica. L’Eurovision è politica.

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