Eurovo investe sulle bevande proteiche e sul rinnovo delle Naturelle
La strategia di diversificazione del Gruppo da 700 milioni di fatturato, di cui il 15% grazie all’export, 10 milioni di uova al giorno per 300 referenze
di Emiliano Sgambato
2' di lettura
Nuovi prodotti da un lato e nuova veste per il prodotto più tradizionale e affermato dell’azienda dall’altro. È duplice la strategia di innovazione che Eurovo – 10 milioni di uova al giorno per 300 referenze che valgono 700 milioni di fatturato, di cui il 15% grazie all’export – presenterà a Cibus (a Parma dal 3 al 6 maggio).
Il debutto è rappresentato da ProUp, una bibita proteica a base di uova e con il 20% di frutta (mirtillo e lime-zenzero i primi due gusti). Il perché di questa scelta lo spiega Federico Lionello, alla direzione commerciale e marketing del gruppo, che insieme alla sorella Silvia rappresenta la terza generazione della famiglia che controlla ancora il 100% dell’azienda nata nel 1950 vicino Padova : «Il settore dell’iperproteico a livello globale è cresciuto nell’ultimo anno quasi del 10% – dice – e noi veniamo dall’esperienza dell’albume, un mercato che è quintuplicato in 5 anni e in Italia vale 33 milioni di euro di sell out. Abbiamo deciso di seguire questo trend e grazie all’albume riusciamo a offrire una bibita con molte meno calorie rispetto a quelle a base latte e che non contiene né lattosio né glutine».
Punta invece sulla tradizione il lavoro fatto sulla gamma le Naturelle, il marchio più rappresentativo di Eurovo (che, prima realtà in Italia, per il 60% produce per il private label, ma comprende anche brand come Maia, Nonna Anita, Novissime e White Force) su cui sono stati investiti per ora circa 10 milioni per lo sviluppo ad esempio delle Naturelle Bio con provenienza da filiera certificata antibiotic-free o delle Naturelle all’Aperto “arricchite” di Vitamina D attraverso il mangime.
E poi c’è il progetto di ripopolamento apiario che sarà messo in evidenza sulla confezione, assieme al nome della famiglia e all’italianità. «Siamo partiti dal fatto che il 30% degli italiani non sa indicare un marchio di riferimento per le uova – racconta Lionello –. Un dato che può sorprendere se si pensa che si tratta di un alimento consumato dal 93% delle famiglie».
Il denominatore comune che unisce le due strade seguite è la sostenibilità. «In un solo anno – racconta Lionello – abbiamo raddoppiato l’energia rinnovabile prodotta, arrivando a una potenza di 12 megawatt che copre il 40% del nostro fabbisogno. Abbiamo poi investito 40 milioni in tre anni per incrementare la produzione bio, che ora copra circa il 7% del totale. E sul fronte del benessere animale azzereremo gli allevamenti in gabbia entro la fine dell’anno, mentre in Italia rappresentano ancora circa la metà del totale».
Ma le vendite di uova sono in calo, non solo rispetto al boom registrato durante la pandemia ma anche sul 2021 (-9% nel trimestre) e nella settimana di Pasqua (vedi Food24 del 23 aprile). «All’inizio del 2021 era più difficile mangiare fuori casa, mentre ora i consumi sono tornati a spostarsi nel food service, dove quest’anno le uova sono cresciute del 60%. E complessivamente noi oggi registriamo un +3% anno su anno». A preoccupare sono i costi: «Considerando solo l’uovo prodotto in allevamento il costo è del 30% in più, il mangime pesa per il 75% e i rincari sono sotto gli occhi di tutti».
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