Evergrande, il gigante del mattone cinese in ristrutturazione fa bancarotta a New York
La società, crollata sotto il peso di 300 miliardi di dollari di debiti, per un quarto bond emessi sul mercato estero, ha chiesto a un tribunale di Manhattan la protezione dai creditori.
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Evergrande, secondo real estate developer cinese alle spalle di Country Garden , anch’essa insolvente, conferma che la complessa ristrutturazione in patria procede, ma intanto negli Stati Uniti. dove è quotata a Wall Street, ha chiesto di essere posta sotto procedura fallimentare, decisione motivata dalla necessità di proteggere i suoi asset. La ristrutturazione del debito globale da 300 miliardi di dollari, di cui un quarto bond emesso onshore, all’estero, si sta rivelando molto più complessa del previsto.
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Una mossa disperata
Evergrande, preso atto delle notizie diffuse dai media, ha chiarito per iscritto in una nota alla Borsa di Hong Kong che «la società sta portando avanti la sua ristrutturazione del debito offshore come previsto. L’istanza depositata a Manhattan è una normale procedura di ristrutturazione del debito offshore e non comporta istanza di fallimento».
L'iniziativa del colosso dell’immobiliare sulla bancarotta protetta negli Usa, nota come “Chapter 15”, punta a tutelare la società insolvente proteggendo i suoi beni statunitensi mentre lavora alla ristrutturazione dei debiti. Di certo la decisione rappresenta una svolta drammatica nei due anni di crisi del colosso cinese, il primo grande real estate developer ad alzare bandiera bianca sotto il peso di debiti per oltre 300 miliardi di dollari.
Da mesi il gruppo sta lavorando a un progetto di ristrutturazione del debito che ruota intorno alla proposta di convertirlo in nuove obbligazioni e una partecipazione in due controllate, compreso il settore dei veicoli elettrici nel quale Evergrande si era gettato a capofitto per diversificare gli asset.
I procedimenti di ristrutturazione in corso si stanno svolgendo a Hong Kong dove Evergrande è quotata in Borsa. A luglio, il gruppo ha annunciato una perdita netta di oltre 113 miliardi di dollari (100 miliardi di euro) per gli anni 2021 e 2022.
La proposta al tribunale
La situazione è precipitata in queste ore in cui si discuteva di oneri offshore per 31,7 miliardi di dollari tra bond, garanzie e obblighi di riacquisto, un pò a sorpresa dato che mercoledì scorso il gruppo aveva annunciato il rinvio della riunione dei creditori sulla ristrutturazione del debito offshore a fine mese, dal 23 al 28 agosto prossimi.
Un aggiustamento al piano che era apparso squisitamente tecnico, per consentire di affinare i dettagli in vista dei negoziati e per dare ai creditori “tempo per considerare” l’ultima proposta di vendita di nuove azioni della controllata di veicoli elettrici quotata a Hong Kong, China Evergrande New Energy Vehicle Group (-8% a Hong Kong), a NWTN (Zhejiang) Automobile, con sede a Dubai e quotata al Nasdaq, fondata da Alan Nan Wu.
In base alla proposta, NWTN acquisirà il 27,5% del capitale azionario (con uno sconto unitario del 63% sui valori azionari dell'accordo siglato lunedì) dell'unità EV di Evergrande per quasi 500 milioni di dollari (3,88 miliardi di dollari di Hk) per “sostenere la ripresa e la crescita aziendale” di Evergrande.
Il domino del mattone
Sul gruppo, finito nella stretta ai prestiti bancari decisa dalla leadership comunista circa 2 anni fa per ripulire i conti del mattone introducendo le tre linee rosse dei bilanci, si è abbattuta la tegola della controllata al 63% Hengda Real Estate, in pratica il suo core business immobiliare.
Hengda, come nel gioco del domino, è finita a sua volta nel mirino della China Securities Regulatory Commission (la Consob cinese) per sospetta manipolazione dei dati finanziari, secondo quanto rivelano i media locali. Pur non essendo quotata, Hengda ha continuato ad emettere bond e a raccogliere finanziamenti a dispetto delle difficoltà. Resta da capire, sulla procedura della protezione del capitolo 15, quanto la vicenda peserà o sarà condizionata dalle altalenanti relazioni tra Washington e Pechino e, soprattutto, quanto peserà sull'economia cinese in deciso affanno e alle prese con pesanti turbolenze finanziarie e rischi crescenti di contagio.
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