Ex Ilva, accordo pronto: la firma tra dieci giorni
L’impianto della trattativa che porterà all’ingresso dello Stato in ArcelorMittal c’è. Le parti si prendono un margine di tempo per studiare gli ultimi approfondimenti
di Domenico Palmiotti
3' di lettura
L’accordo che sancisce l’ingresso dello Stato in ArcelorMittal sarà firmato tra dieci giorni, le parti si sono prese un supplemento di tempo per gli ultimi approfondimenti, ma l’impianto c’è ormai tutto. E prevede, in sintesi, 2,1 miliardi di investimenti, 8 milioni di tonnellate di acciaio e mantenimento degli occupati – questi due ultimi aspetti, però, a regime –, riduzione degli inquinanti, Stato che entra col 50% del capitale per poi salire di quota. È una video call che il Governo, con i ministri Stefano Patuanelli e Nunzia Catalfo, e l’ad di Invitalia, Domenico Arcuri, tengono con i vertici dei sindacati, a spiegare come sarà la “nuova” Ilva pubblico-privata.
«Abbiamo raggiunto un accordo – annuncia Arcuri –. Oggi arriviamo ad un memorandum che contiene i punti salienti e la data ultima del 10 dicembre per sottoscrivere l’accordo di co-investimento come da previsione nel contratto del 4 marzo. Invitalia – prosegue l’ad – entra nel capitale con una quota del 50%. Ma salirà significativamente in un arco temporale pari, al massimo, alla data in cui verrà sottoscritto il contratto di acquisto. Che ad oggi è, al più tardi, a giugno 2022. «Noi – specifica Arcuri – lavoreremo per anticipare questa data a prima possibile. In quel momento, Invitalia arriverà al 60% diventando azionista di maggioranza e Mittal al 40%»».
Per Arcuri, «questo progetto non è finanziario, né di possesso di quote azionarie, ma è uno strategico progetto industriale: 2 miliardi e 100 di investimenti». Arcuri aggiunge: «L'implementazione del piano avviene da subito e l’azienda ha una governance condivisa in ogni aspetto». Ecco i punti salienti del piano:
Occupazione: se il mercato porterà ad una ripresa della domanda, ci sarà una correlazione con l’occupazione. «Per ora, si prevede una cassa integrazione al massimo di 3.000 persone del 2021 e 2.500 nel 2022» per poi scendere a 1.200 nel 2024 e a 0 cassintegrati nel 2025, anno di compimento del piano.
Produzione: «Noi – dice Arcuri – abbiamo chiesto un progressivo innalzamento dei livelli di produzione: da 5 milioni subito per salire a 6-7-8 milioni di tonnellate». Per l’ad di Invitalia, «la creazione del più grande impianto di produzione di acciaio verde d’Europa» vedrà «la combinazione di fonti e filiere produttive con la progressiva decarbonizzazione, la realizzazione di 2 forni elettrici, l’avvio di un impianto esterno per il dri (direct reduce iron)». E ancora, si spegneranno i due altiforni più vecchi e si ricostruirà l’altoforno 5. Inoltre, si spegneranno le batterie più vecchie per usare quelle più competitive.
Inquinamento: l’obiettivo è portare a -93% l'ossido di zolfo, a -90% le diossine, a -78% le polveri sottili e a -78% la CO2. Le reazioni sindacali. «Per quanto apprezziamo che ci venga dato come orizzonte il 2025 a zero esuberi, bisogna però considerare tutti i passi da qui fino al 2025. Sarà fondamentale combinare il rilancio dell’acciaio alla necessità di garantire l'occupazione», dichiara Roberto Benaglia della Fim Cisl. «Oggi doveva essere il giorno della verità sull'accordo tra Invitalia e ArcelorMittal, ma è diventato il giorno del rinvio», sostiene Rocco Palombella della Uilm. E aggiunge: «Non firmeremo mai un accordo che preveda migliaia di esuberi». Infine per Francesca Re David della Fiom Cgil «questo cambiamento deve significare il rilancio della siderurgia nel Paese, l’ingresso delle migliori tecnologie verdi esistenti sul mercato e la salvaguardia di tutta l’occupazione».
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