Ex Ilva, Bernabè: futuro del sito molto incerto
Per il presidente dell’holding di Acciaierie d’Italia tocca agli azionisti, il privato ArcelorMittal e la società pubblica Invitalia, «intervenire tempestivamente»
di Domenico Palmiotti,
I punti chiave
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Esordisce richiamando «il senso di urgenza» di una crisi «tra le più complesse del nostro Paese», Franco Bernabé, presidente dell’holding di Acciaierie d’Italia, nell’illustrare alla Camera il 17 ottobre (commissione Attività produttive) la situazione dell’ex Ilva. E subito Bernabè infila uno dietro l’altro gli elementi di gravità di questa crisi e dichiara: «La società si spegne per consunzione». Bernabè sottolinea ai deputati che «è molto incerto il futuro del sito», quindi tocca agli azionisti, il privato ArcelorMittal e la società pubblica Invitalia, «intervenire tempestivamente per garantire un equilibrio tra i due soci». E tocca farlo subito, perché tempi lunghi non sono più compatibili con «l’urgenza che la situazione finanziaria impone».
Il ministro Raffaele Fitto, riconosce, fa bene a negoziare con ArcelorMittal per vedere quali intenzioni di investimento ha l’azionista di maggioranza di AdI e se un’intesa può esserci, ma una soluzione, rileva Bernabè, va trovata subito. I 650 milioni erogati ad inizio d’anno da Invitalia ad AdI? Sono serviti a far sopravvivere AdI, dice il presidente, tenuto conto che il 2022 ha visto l’esplosione dei costi energetici, schizzati a 1,4 miliardi, altrimenti senza quei soldi pubblici la società sarebbe già chiusa dall’anno scorso.
Il fattore tempo
Più volte, nel suo intervento alla Camera, Bernabè richiama la crucialità del fattore tempo per AdI («non abbiamo più tempo», sottolinea), ricorda di aver denunciato ripetutamente la crisi anche al Parlamento, e aggiunge: «Di più non posso fare e per questo ho messo a disposizione il mio mandato». Il riferimento è al fatto di aver messo a disposizione del Governo il suo incarico di presidente della holding.
Le difficoltà
Le difficoltà dell’Ilva sono varie e molteplici. Si parte dal deconsolidamento di AdI dal perimetro della multinazionale dell’acciaio e si prosegue con l’impossibilità «di Acciaierie di accedere a forme di finanziamento di mercato», in quanto «non ha la proprietà degli impianti» (AdI infatti li gestisce in fitto perchè la proprietà è dell’amministrazione straordinaria di Ilva), e il fatto che gli accordi tra gli azionisti sono di durata limitata. Finiti nel 2022, sono stati rinnovati sino al 2024, dopodiché «la società può andare in liquidazione».
«Nessuna società affida a AdI», evidenzia Bernabè, e gli affidamenti bancari che sinora ci sono stati sono avvenuti con «un lavoro intenso» ma di entità molto limitata, sufficiente a garantire un minimo di flessibilità finanziaria. Questo avviene, dice Bernabè, perchè AdI lavora con la cassa generata dal ciclo di produzione.
Prima, rammenta, «sin quando l’azionista era Mittal, il problema non sussisteva. Mittal comprava le materie prime, le forniva, vendeva il prodotto finito e la gestione del circolante avveniva nel sistema». Poi quando Mittal ha staccato la spina con deconsolidamento di AdI, quest’ultima è stata costretta a gestire «la produzione col giro di cassa», ma ogni giro di produzione si riduce la produzione stessa, con un minor acquisto di materie prime, poiché quanto si ricava va in parte agli investimenti e ad altri fabbisogni. Lo squilibrio é nei numeri: AdI fattura 3 miliardi ma il suo fabbisogno di circolante è di 2 miliardi.
Gas a rischio stop
A tutte le difficoltà esposte, Bernabè ne aggiunge infine altre due. Una immediata e l’altra di prospettiva a breve. «C’é un rischio imminente di stop alla fornitura di gas», con ripercussioni sugli impianti, perché, sostiene Bernabè, l’azienda sta per ultimare l’approvvigionamento in default per passare a quello commerciale, ma è «estremamente difficile» adempiervi perché bisogna dare «un centinaio di milioni al fornitore, un pagamento anticipato, e non siamo in grado di farlo».
In prospettiva, invece, peserà tanto l’acquisto dei certificati verdi di cui AdI, ancora senza preridotto, senza forno elettrico, senza decarbonizzazione, dovrà munirsi per continuare a produrre.
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