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Ex Ilva, cigs per 3mila in un anno (ma i sindacati si spaccano)

Accordo sulla cassa integrazione straordinaria con Fim, Fiom, Ugl e Fismic, contrari Uilm e Usb. La misura interessa 2.500 addetti a Taranto

di Domenico Palmiotti

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4' di lettura

Un altro anno di cassa integrazione straordinaria per 3mila dipendenti di Acciaierie d’Italia di cui 2.500 a Taranto. Per la città dei due mari la cassa straordinaria dura sino al 19 giugno perché vanno esaurite le precedenti tranche di cassa. Dopo questa data, Acciaierie d’Italia chiederà la cassa in deroga solo per Taranto. L’accordo è stato firmato nel pomeriggio del 29 marzo in collegamento video call col ministero del Lavoro. Ma i sindacati, che un anno fa non avevano firmato in blocco, stavolta si sono spaccati. Hanno detto sì all’intesa Fim Cisl, Fiom Cgil, Ugl e Fismic. Nessuna firma, invece, da Uilm (primo sindacato in fabbrica a Taranto) e Usb.

L’accordo

Nell’accordo, condiviso anche dalle Regioni sedi di siti ex Ilva (Puglia, Liguria, Piemonte e Lombardia), Acciaierie d’Italia dichiara che «lo strumento della cigs è volto a garantire la continuità ed il rilancio dell’attività aziendale nonché la salvaguardia dei livelli occupazionali» mentre il ministero delle Imprese «prende atto delle richieste delle organizzazioni sindacali di convocazione di un tavolo ministeriale sul piano industriale dell’azienda». I 3mila dipendenti «potranno essere contemporaneamente posti in cigs» e «i lavoratori interessati - recita l’accordo - saranno sospesi fino ad un massimo di zero ore».

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I sindacati evidenziano che «lo strumento della cigs è rivolto ai lavoratori di Acciaierie d’Italia e sottolineano l’urgenza di avviare presso il Mimit un confronto sul piano industriale e sull’efficacia dell’accordo sottoscritto dalle parti in data 6 settembre 2018, a partire dalla tutela occupazionale dei lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria». Anche «le Regioni presenti al tavolo ministeriale ribadiscono l’importanza di aprire, in tempi brevi, un tavolo di confronto presso il Mimit avente ad oggetto il piano industriale della società». Nel verbale si afferma infine che «l’azienda riconoscerà ai lavoratori posti in cigs la piena maturazione della tredicesima mensilità in relazione ai periodi di intervento dell'ammortizzatore sociale» e «anticiperà il trattamento di integrazione salariale alle normali scadenze di paga».

Le divisioni sindacali

L’intesa raggiunta segna «per noi un passo importante. Si riavviano le relazioni con un’azienda che era sorda agli incontri col sindacato ma che ora torna a confrontarsi con noi e a fare trattative». Lo dichiara il segretario nazionale Fim Cisl, Valerio D’Alò. La Fim è tra le sigle che ha firmato. D’Alò parla di «punti importantissimi» dell’accordo, «primo fra tutti - specifica - è che non ci sono esuberi. Non segna esuberi una procedura di cassa integrazione, gestisce solamente una fase di contrazione della produzione per cui i lavoratori sono a casa. Sbaglia chi dice che firmare la cassa integrazione significa certificare esuberi. Su questa cosa vogliamo essere chiari. Abbiamo firmato un accordo in AdI su come questa procedura deve essere gestita e dare un futuro più stabile a chi ne sarà coinvolto», conclude D’Alò.

Per la Fiom Cgil nazionale, si è lavorato «da subito e fino all’ultimo momento per arrivare a un verbale condiviso unitariamente con lo scopo di raggiungere migliori condizioni per i lavoratori di Acciaierie d’Italia. Il verbale sottoscritto - afferma la Fiom - assicura migliori condizioni per i lavoratori a partire dalla piena corresponsione della tredicesima; sancisce il principio della rotazione per distribuire in modo equo il ricorso alla cassa integrazione straordinaria e ridurne il più possibile l’impatto; prevede la verifica da parte delle rsu della rotazione stessa e possibili internalizzazioni di funzioni e/o attività attraverso un monitoraggio mensile in ogni stabilimento del gruppo e quindicinale per lo stabilimento di Taranto, data la complessità industriale e occupazionale del sito». Per la Fiom Cgil, «è urgente ora avviare presso il Mimit un confronto sul piano industriale».

Contrari Uilm e Usb

Pollice verso all’accordo da parte sia di Uilm nazionale e Taranto che di Usb. La Uilm dice che «fino alla fine abbiamo provato a trattare per richiedere che non si determinassero 3mila esuberi strutturali, chiedendo tutte le condizioni di garanzia, a partire dalla salvaguardia dei 1600 lavoratori in Ilva in as e dell’indotto, senza escludere una giusta integrazione salariale all’ammortizzatore sociale. L’azienda - sostiene la Uilm - non ha voluto riconoscere, nell’accordo di cigs, la validità dell’accordo del 6 settembre 2018 che rappresenta l’unico atto di salvaguardia ambientale, occupazionale ed industriale dell’ex Ilva».

Per la Uilm, «l’azienda non ha voluto riconoscere la temporaneità e la transitorietà dello strumento di cigs, determinando la strutturalità degli esuberi dichiarati in procedura. Non ha presentato nessun piano industriale di rilancio e di investimenti che assicurasse una reale prospettiva di lungo periodo». Inoltre, afferma il sindacato, «non ha dato nessuna certezza su assetti produttivi, sulla ripartenza dell’altoforno 5 e sulla realizzazione dei forni elettrici. Atto gravissimo quello con cui alcune sigle sindacali certificano per poche centinaia di euro, moltissimi esuberi strutturali. Si assumono una responsabilità pesante dal momento che la firma certifica l’esclusione dei 1600 lavoratori ex Ilva in amministrazione straordinaria oltre al serio rischio di ulteriori esuberi» è infine il commento di Usb.


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