Ex Ilva, dieci anni fa il sequestro degli impianti a Taranto. Il rilancio incompiuto
Nel 2012 uno dei principali nodi industriali del Paese finiva al centro di una inchiesta giudiziaria. Impianti sotto sequestro e otto arresti. A dieci anni di distanza non tutto è stato risolto
di Domenico Palmiotti
I punti chiave
5' di lettura
Dieci anni fa come oggi, 26 luglio. Era il 2012 quando, al termine di una lunga indagine, su richiesta della Procura di Taranto, il gip Patrizia Todisco disponeva il sequestro senza facoltà d'uso dell'area a caldo dello stabilimento siderurgico Ilva a Taranto e i primi otto arresti, che colpivano i vertici proprietari e dirigenziali del gruppo industriale privato Riva che gestiva l'acciaieria, acquisita dall'Iri nel 1995. “L'imponente dispersione di sostanze nocive nell'ambiente urbanizzato e non, ha cagionato e continua a cagionare un grave pericolo per la salute pubblica... danno che si è concretizzato in eventi di malattia e di morte”: così scriveva il gip Todisco nella sua ordinanza. Le accuse: disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro.
Decreti legge, commissariamento, vendita
Da quel lontano 26 luglio 2012, sono successe tante cose. La fabbrica non si è mai fermata, nè ha mai spento gli impianti. È stata concessa la facoltà d'uso e sono intervenuti vari decreti legge (una decina) che hanno coinvolto più Governi. Inoltre, si è espressa la Corte Costituzionale, l'azienda é stata commissariata dallo Stato nel 2013 e a giugno 2017 è stata messa sul mercato con una gara internazionale che ha visto affermarsi ArcelorMittal. Infine, nella primavera del 2021 si è arrivati all'attuale assetto. Gli impianti di tutto il gruppo ex Ilva sono di proprietà dell'amministrazione straordinaria (la gestione commissariale pubblica) ma dati in gestione ad Acciaierie d'Italia, società in cui il privato Mittal è maggioranza e lo Stato, con Invitalia, minoranza. A maggio scorso i ruoli si sarebbero dovuti invertire, con lo Stato in maggioranza al 60 per cento, ma tutto è stato rinviato di due anni, a maggio 2024, perchè non essendoci stato nel frattempo il dissequestro degli impianti, non è avvenuta alcuna operazione sul capitale dell'azienda. Così come Acciaierie d'Italia non ha acquisito dell'amministrazione straordinaria i rami di azienda di Ilva.
Importante stretta giudiziaria
In definitiva, a dieci anni dal sequestro l'atteso rilancio resta incompiuto. E la stretta giudiziaria sull'acciaieria è ancora importante. Negando di recente il dissequestro degli impianti, che aveva chiesto Ilva in amministrazione straordinaria, ed uniformandosi al parere negativo espresso dalla Procura, la Corte d'Assise ha evidenziato come “la realizzazione parziale delle prescrizioni Aia non sia idonea a garantire la sicurezza degli impianti”, e quindi è ancora attuale “il presupposto legittimante il sequestro preventivo”. Si è pronunciata la Corte d'Assise perchè i reati che portarono al sequestro sono sfociati in un lungo processo conclusosi a fine maggio 2021 con pesanti condanne e la confisca degli impianti, che peró avrà validità solo a valle della conferma da parte della Corte di Cassazione.
Mite e Ispra: ok le prescrizioni ambientali
Proprio sull'aspetto ambientale, tuttavia, più di qualcosa è cambiato nel siderurgico. “Gli interventi previsti per l’adeguamento degli impianti sono stati quasi tutti completati e certificati” e “l'esecuzione degli interventi rimanenti è in linea con i tempi previsti”. Inoltre, è stato stimato “lo scenario emissivo post-operam (ossia lo scenario successivo alla realizzazione degli interventi previsti) e relativo a una produzione annua di 6 milioni di tonnellate di acciaio” ed è emersa “una riduzione significativa delle emissioni di polveri rispetto allo scenario ante-operam”. Così il ministero della Transizione ecologica evidenzia le conclusioni dell'Ispra, che a giugno ha verificato lo stato di attuazione del piano ambientale dell'ex Ilva (ora Acciaierie d'Italia) le cui prescrizioni sono normate dal Dpcm di settembre 2017. Il piano procede dunque verso la conclusione, fissata ad agosto 2023. Ma la Magistratura la pensa diversamente, tant'è che non ha dissequestrato gli impianti, e diversamente lo pensano anche gli ambientalisti. Oggi, in Procura, al termine di una marcia, é stata depositata una nuova denuncia contro Acciaierie d'Italia, e nel rione Tamburi - il quartiere vicino all'acciaieria - c'é una iniziativa pubblica per ricordare il 26 luglio 2012.
Bernabè: investiti 700 milioni sull'ambiente
Per il presidente di Acciaierie d'Italia, Franco Bernabè, “la quasi totalità degli investimenti ambientali nell'area è stata realizzata e a maggio 2023 gli interventi verranno completati, non c'é alcun dubbio su questo”. “Basta fare una ricerca - ha detto Bernabè - per vedere la differenza delle infrastrutture di protezione ambientale tra Taranto e gli altri grandi stabilimenti siderurgici europei”. Bernabè ha inoltre rilevato che negli ultimi tre anni sono stati investiti nell'ex Ilva 1,1-1,2 miliardi di euro, di cui 700 milioni riferiti alla sola parte ambientale.
Il sindaco di Taranto: investire su decarbonizzazione
Ma per il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, rieletto a giugno al primo turno col 60 per cento dei consensi, il cammino da fare é ancora tantissimo. “L’amministrazione comunale, che è stata appena rieletta con largo consenso popolare, ritiene che in quel voto democratico ci siano fermi desiderata della comunità tarantina nella direzione di un cambio di paradigma economico, della decarbonizzazione dell’area industriale di Taranto, della rigenerazione del tessuto urbano e delle relazioni sociali e della transizione giusta europea” ha dichiarato Melucci. Il Just Fund Transition assegna all'area di Taranto, affinchè superi la dipendenza dell'economia dalle fonti fossili e impattanti, 800 milioni di euro. E il piano di riconversione della fabbrica messo in cantiere da Acciaierie d'Italia, come ha spiegato lo stesso Bernabè, prevede tre grandi obiettivi, ambiente, occupazione e sostenibilità economica, un'azienda che rilancia la produzione, un lavoro di dieci anni, dal 2022 al 2033, e investimenti per complessivi 5,5 miliardi.
La situazione oggi, la crisi di liquidità
Scenario, questo, ancora molto lontano. Mentre l'oggi vede un'azienda, Acciaierie d'Italia, con diversi impianti fermi, tra cui l'altoforno 2, una bassa produzione, un elevato ricorso alla cassa integrazione straordinaria (2.500 addetti a Taranto su 8.200 di organico e altri 250 a Genova), una rete di imprese legate al polo siderurgico, l'indotto, in sofferenza a causa dei mancati o ritardati pagamenti del committente. Fonti vicine all'azienda dichiarano che nel 2021, per la prima volta dopo la vicenda Riva, si è tornati all'utile con oltre 300 milioni. Tuttavia c'é un grosso problema da affrontare che si chiama, per l'ex Ilva, scarsezza di circolante. Una condizione che incide molto sulla liquidità dell'azienda e le impedisce di comprare le materie prime, produrre adeguatamente e pagare i fornitori, anche se l'ad Lucia Morselli ha dichiarato che nel 2022 c'è un più 20 per cento di produzione rispetto al 2021 e che “stiamo producendo tutto il possibile con questa situazione finanziaria e stiamo lavorando per avere la finanza sufficiente al ramp-up previsto”.
Rinviato al 3 agosto il vertice al Mise
Il 26 luglio era in programma un vertice al Mise per affrontare tra l'altro i nodi finanziari ma é stato rinviato al 3 agosto alle 15. Ci sarà il ministro Giancarlo Giorgetti. La notizia attesa è che la garanzia pubblica Sace su un intervento da 500 milioni per Acciaierie d'Italia si è finalmente perfezionata. In tal senso non dovrebbero esserci più problemi visto che il 21 luglio sulla “Gazzetta Ufficiale” è stato pubblicato il Dpcm del 12 luglio relativo a “Disposizioni per l'attuazione del sostegno alle imprese energivore di interesse strategico attraverso le garanzie di Sace spa”. Per sostegno pubblico di Sace, si intendono garanzie alle banche che attiveranno linee di credito nei confronti delle imprese energivore ma anche strategiche per il Paese. E tutto il gruppo ex Ilva ha da tempo questo riconoscimento per via legislativa.
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