Ex Ilva, i fondi Riva restano alle bonifiche, non passa la linea del Governo
Milleproroghe: articolo 21 bocciato da Pd, M5S, Forza Italia e Italia Viva
di Domenico Palmiotti
I punti chiave
4' di lettura
Un ampio pezzo della maggioranza di Governo ha affondato la notte scorsa alla Camera, nelle commissioni Bilancio e Affari costituzionali, l'articolo 21 del decreto Milleproroghe che assegnava una parte dei fondi delle bonifiche ex Ilva (si è partiti da 575 milioni) ai progetti di decarbonizzazione da farsi nel siderurgico di Taranto.
L'articolo 21 è stato infatti abrogato dal voto convergente di Pd, M5S, Italia Viva, Forza Italia, nonchè di deputati del Gruppo Misto e di “Alternativa”. A favore, invece, Lega, Fratelli d'Italia ed una delle due relatrici del Milleproroghe: Simona Bordonali della Lega (l'altra relatrice è Daniela Torto dell'M5S). I soldi restano dunque alle bonifiche per essere spesi dai commissari di Ilva in amministrazione straordinaria in quelle aree (18 in tutto, di cui 3 sotto sequestro della Magistratura) che nel novembre 2018 non sono state prese in carico da ArcelorMittal subentrato nella gestione degli impianti ad Ilva in amministrazione straordinaria. Dopo il voto notturno delle commissioni della Camera, dichiarazioni soddisfatte arrivano da un po' tutti i partiti attestati per il no.
“Giustizia è fatta” dichiara Ubaldo Pagano, capogruppo Pd in commissione Bilancio. Per il vice presidente M5S, Mario Turco, già sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel Governo Conte II, “abbiamo difeso le bonifiche dell'area più inquinata d'Europa e salvaguardato la possibilità di riqualificare e reimpiegare gli oltre 1.000 lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria da anni in attesa di un lavoro”.
“Con la soppressione dell’articolo 21 del decreto Milleproroghe abbiamo vinto una battaglia di civiltà. Non si poteva pensare di realizzare i progetti per i futuri impianti di decarbonizzazione attraverso l'uso dei fondi destinati alla bonifica dei siti per chi ha subito danni ambientali e sanitari” commenta Silvia Fregolent, dell'ufficio di presidenza di Italia Viva e capogruppo in commissione Ambiente alla Camera. Sulla stessa linea sono anche altri parlamentari che hanno presentato emendamenti soppressivi: Giampaolo Cassese dell'M5S, Giovanni Vianello di Alternativa, Alessandra Ermellino di Centro Democratico. Plaude inoltre il sindacato Usb: “Ora è opportuno che le risorse libere, dunque ancora non vincolate, vengano sfruttate per i lavoratori”.
La vicenda è nata a fine 2021
La vicenda é nata negli ultimissimi giorni del 2021 quando nel testo del Milleproroghe licenziato dal Governo, é emerso che dal “patrimonio destinato” di Ilva in amministrazione straordinaria (costituito da 1.157 milioni che i Riva, ex proprietari e gestori Ilva, avevano fatto rientrare alcuni anni fa in Italia dall'estero su azione del Governo e della Procura di Milano), al 31 marzo 2021 c'erano ancora 878 milioni. Questo al netto dei rimborsi corrisposti sempre a tale data al gestore dello stabilimento a fronte degli interventi ambientali. E che alla stessa data, inoltre, non risultavano esborsi per gli interventi che un decreto del presidente del Consiglio dei ministri di settembre 2017 “pone in capo ad Ilva in amministrazione straordinaria, né ulteriori progetti da parte della struttura commissariale di Ilva in amministrazione straordinaria”. Tracciato questo quadro, il dl Milleproroghe all’art. 21 disponeva quindi che tenendo conto delle somme già allocate per gli interventi ambientali ad opera del gestore ArcelorMittal (e stimando per gli interventi previsti dal decreto del presidente del Consiglio, direttamente in capo ad Ilva in as, un fabbisogno di circa 100 milioni di euro), residuavano ancora 575 milioni. Questi, si affermava, “possono essere utilmente impiegate per interventi di decarbonizzazione ed elettrificazione del ciclo produttivo dello stabilimento siderurgico di Taranto, nel quadro degli obiettivi nazionali ed eurounitari di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra ed in coerenza con i più generali obiettivi di risanamento e ammodernamento del sito di Taranto”.
Le proteste di Taranto e gli emendamenti soppressivi
Appena appresa la norma, sono scoppiate le proteste. A Taranto e nelle forze di maggioranza (oltretutto a Taranto in primavera si vota per il sindaco e l'ex Ilva resta un tema delicato). Si è sottolineato che se la decarbonizzazione è il futuro sostenibile dell'acciaieria, questo però non può essere a discapito delle bonifiche, ritenute egualmente importanti. E anche se il Mise, col vice ministro Gilberto Pichetto Fratin, ha difeso la norma sostenendo che la decarbonizzazione integrava le bonifiche ai fini del miglioramento dell'impatto ambientale, nelle settimane scorse è comunque partito in fuoco di sbarramento. Presentati diversi emendamenti soppressivi dell'articolo 21 da parte di esponenti di maggioranza. Nei giorni scorsi nelle commissioni, le relatrici, vista l'aria e col parere conforme del Governo, hanno chiesto e ottenuto di accantonare gli emendamenti abrogativi per aprire una discussione.
Il tentativo delle proposte correttive
Nelle ultime ore sono emerse delle proposte correttive. Una, definita anche con un testo, ha previsto di aumentare i fondi per le bonifiche sino a 675 milioni lasciandone però 294 alla decarbonizzazione e prevedendo che ogni intervento sia di Ilva in as, sia del gestore della fabbrica (ora Acciaierie d'Italia di cui è partner lo Stato con Invitalia) doveva essere approvato è autorizzato da un decreto interministeriale. Poi si è fatta strada la proposta di riservare alla decarbonizzazione solo 150 milioni. Sta di fatto, però, che queste correzioni non si sono fatte strade e l'articolo 21 del Milleproroghe - destinato alle imprese strategiche di interesse nazionale - alla fine é stato soppresso.
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