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Ex Ilva: gestione Riva condannata a risarcire Comune Taranto e aziende con 12,5 milioni

Il giudice ha dichiarato la responsabilità di Luigi Capogrosso, ex direttore del siderurgico di Taranto, e di Emilio Riva (ex presidente Ilva scomparso anni addietro)

di Domenico Palmiotti

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5' di lettura

Gli ex vertici dell’Ilva (gestione Riva) sono stati condannati in primo grado dal Tribunale civile di Taranto a risarcire il Comune di Taranto e le aziende comunali Amat e Amiu con 12,5 milioni di euro complessivi per i danni causati dall’inquinamento dell’acciaieria al patrimonio e ai mezzi dell’ente locale. Otto milioni sono relativi al danno non patrimoniale: immagine e reputazione della città. Il giudice ha dichiarato la responsabilità di Luigi Capogrosso, ex direttore del siderurgico di Taranto, e di Emilio Riva (ex presidente Ilva scomparso anni addietro) per «le immissioni illecite e inquinanti di polveri prodotte, nell’arco temporale compreso tra il 1995 e il 2014, dallo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto».

Di conseguenza, sono stati condannati “in via solidale” Luigi Capogrosso e Arturo Fabio Riva, quest’ultimo figlio ed erede di Emilio Riva, «a corrispondere le somme risarcitorie, devalutate, rivalutate e maggiorate di interessi legali». Il Comune è stato rappresentato in giudizio dall’avvocato Massimo Moretti. In particolare, nella sentenza di primo grado il giudice Raffaele Viglione ha disposto che in favore del Comune di Taranto vadano 3.239.615,93 euro, più Iva, a titolo di risarcimento dei danni materiali subiti dal patrimonio immobiliare comunale ubicato nei quartieri città vecchia e Paolo VI; 30.789,96 euro a titolo di ristoro delle spese sopportate per i lavori di manutenzione straordinaria eseguiti sulle coperture dei padiglioni della scuola Gabelli; 662.886,18 euro, più Iva, a titolo di danni materiali riportati dalle strutture scolastiche dei quartieri città vecchia e Paolo VI.

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Sempre nei confronti dell’ente locale, il giudice ha riconosciuto 189.000,00 euro a titolo di danni da pulizia straordinaria di pozzetti e tubazioni e installazione di un nuovo impianto di raccolta e drenaggio delle acque meteoriche nel cimitero di San Brunone; 8.000.000,00 euro “a titolo di danno non patrimoniale all’immagine, alla reputazione e all’identità storica e culturale della città di Taranto”.

Per Amat, l’azienda del trasporto pubblico urbano, il giudice ha invece riconosciuto 216.513,95 euro a titolo di danni derivanti dai maggiori oneri per ricambi e sostituzioni dei materiali d’uso dei mezzi di trasporto. Mentre in favore di Amiu, l’azienda dell’igiene urbana, il giudice ha riconosciuto 112.655,11 euro a titolo di maggiori costi sopportati per lo svolgimento delle attività di spazzamento e di lavaggio delle strade nei quartieri Tamburi e cittá vecchia; 34.361,58 euro a titolo di danni derivanti dall’implementazione dell’attività di lavaggio stradale; 9.306,72 euro a titolo di danni derivanti dalla dotazione di tute integrali ai dipendenti della stessa Amiu.

Il magistrato: soppiantata la storia antica della città

Il giudice scrive nella sentenza che «la storia gloriosa e millenaria di Taranto, che l’aveva vista “capitale della Magna Grecia”, è stata soppiantata dalla sua storia recente, una cronaca nera fatta di immagini terrorizzanti e record percentuali indesiderati». Per il magistrato, «la percezione di un territorio tossico e contaminato, finanche nei prodotti alimentari che offre, foriero di danni alla salute e di pericoli per la vita umana, pronto al coprifuoco e soggetto a tempeste di polveri di minerali nei giorni più ventosi di maestrale, incarna la massima lesione possibile dell’immagine di una città trasformata in “capitale della diossina”». «Un luogo - sottolinea il giudice Viglione - ove il valore stesso dell’esistenza umana appare ridimensionato ed esposto a rischi altrove inaccettabili; l’unicità della conformazione e posizione topografica di Taranto, il suo sorgere gremita tra due mari, le sue ricchezze naturalistiche e le molteplici testimonianze storico-artistiche, archeologiche e architettoniche del suo importante passato, altro non rimangono che brandelli di irrisorie virtù di fronte agli animi di istintiva sopravvivenza che la rappresentazione del suo degrado ambientale muove nel sentire comune».

Mise: decreto per risarcire proprietari immobili deprezzati

E intanto il ministero dello Sviluppo economico ha definito il decreto che servirà ad erogare gli indennizzi economici ai proprietari di alloggi nel rione Tamburi di Taranto che hanno visto i loro immobili deteriorarsi e deprezzarsi per l’inquinamento del complesso ex Ilva e che per questo hanno ottenuto una sentenza definitiva di risarcimento.

Lo ha dichiarato il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, rispondendo, nel question time, al senatore Antonio Misiani, del Pd. Gli indennizzi sono stati previsti con un emendamento parlamentare del deputato Dem, Ubaldo Pagano, inserito ed approvato nel dl 73/2021, e consistono in 5 milioni per il 2021 e in 2,5 milioni per il 2022. Varata la norma, al Mise erano poi delegate le misure di attuazione. «Il Mise - ha dichiarato Giorgetti - ha ultimato la predisposizione dello schema di decreto che è stato inoltrato al Mef per le verifiche inerenti gli aspetti finanziari e per il concerto previsto dalla norma».

«Posso già dire - ha aggiunto il ministro - che si sono privilegiati criteri di semplificazione e di velocizzazione della presentazione e gestione delle domande, riducendo quanto più possibile gli adempimenti burocratici e individuando in parametri fissi e di rapido accertamento quegli elementi quali lo stato dell’immobile e il calcolo del parametro indennitario che la legge ha rinviato al decreto ministeriale». «L’auspicio - ha rilevato Giorgetti - è di una piena e rapida condivisione del Mef dello schema, che, una volta acquisito il concerto, potrà essere inoltrato agli organi di controllo e poi pubblicato».

Il legale del Comune: sentenza importante

«La sentenza è molto importante sotto il profilo giuridico poiché riconosce una serie di diritti estremamente importanti in materia di risarcimento del danno subito da enti pubblici in seguito alla commissione di reati ambientali. Essa, inoltre, va letta sotto il profilo economico unitamente all’esito dei giudizi trasferiti al Tribunale di Milano nei confronti delle società del gruppo Riva dopo la loro ammissione alla procedura concorsuale».

Lo afferma l’avvocato Massimo Moretti che ha rappresentato il Comune di Taranto in giudizio. «In quella sede - aggiunge Moretti in relazione al Tribunale di Milano - si sono ottenuti provvedimenti di insinuazione al passivo delle società che vanno tenuti in conto nel complessivo esito del giudizio iniziato nel 2014, prendendo atto dell’inescusabile inerzia del ministero dell’Ambiente, che, in base al Testo unico enti locali, avrebbe dovuto attivarsi per l’affermazione del principio “chi inquina paga”».

Il sindaco di Taranto: la città si aspetta molto di più

«Le parole del giudice Raffaele Viglione sono inequivocabili: Taranto, la sua storia e le sue stesse aspirazioni hanno subito un danno enorme, a causa delle emissioni dello stabilimento siderurgico. Quelle parole sono terribili e confortanti, allo stesso tempo, perché raccontano quel che ci è accaduto, ma confermano anche la bontà degli sforzi che in questi anni abbiamo compiuto per riposizionare l’immagine della città. È stato riconosciuto un risarcimento. Quel che la comunità si aspetta, però, è molto di più».

Lo dichiara il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, commentando la sentenza del Tribunale sul risarcimento danni verso il Comune da parte dell’ex Ilva.«Vorremmo essere liberi dalle conseguenze di questa convivenza, vorremmo esprimere quell’autodeterminazione che consente ovunque di poter essere anche, e non solo, città industriale, senza il carico di conseguenze e sofferenze che appesantiscono il nostro sviluppo», dice Melucci. «Crediamo nella giustizia e crediamo anche nella politica - afferma ancora il sindaco di Taranto -. Soprattutto perché questa vicenda ha bisogno di uno sforzo congiunto di tutte le istituzioni coinvolte, a partire dal Governo». «È certo che non arretreremo di un passo, dritti verso l’obiettivo di ricostruire la relazione tra industria e città: a Roma chiederemo ancora, e con voce sempre più alta, un accordo di programma che tenga insieme salute, lavoro e sviluppo», conclude Melucci.


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