Ex Ilva, su immunità penale Consulta rinvia atti a gip
La Corte Costituzionale ha rimesso gli atti al giudice delle indagini preliminari di Taranto
di Domenico Palmiotti
3' di lettura
Sull'ex Ilva, la Corte Costituzionale ha rimesso gli atti al giudice delle indagini preliminari di Taranto affinché valuti “se permangono la rilevanza delle questioni e i dubbi di legittimità costituzionale“ sollevati poichè il quadro legislativo è cambiato. La decisione è stata presa dopo la camera di consiglio di oggi, relatore il vice presidente Marta Cartabia. Si attende ora il deposito dell'ordinanza. A rivolgersi alla Consulta lo scorso febbraio era stato il gip Benedetto Ruberto che, in fase di trattazione di alcuni procedimenti relativi all'Ilva, aveva sollevato l'incostituzionalità della legge del 2015, quella che ha attribuito ai commissari straordinari Ilva, loro delegati e al futuro acquirente l'immunità penale relativamente all'attuazione del piano ambientale della fabbrica. Il gip ha fatto riferimento alle norme che, rammenta la Consulta, “hanno consentito la prosecuzione dell'attività dello stabilimento Ilva ed esonerato da responsabilità penale i soggetti che hanno dato e danno attuazione al piano di risanamento, in quanto non rispettose di vari principi costituzionali, tra cui, anzitutto, quelli relativi alla tutela della salute e dell'ambiente”. La Corte ha esaminato il caso ed è giunta alla conclusione che quella norma del 2015 in realtà non è più attuale perché è stata, nel frattempo, cambiata per due volte. Quest'anno e perdipiù nel giro di pochi mesi. Una prima volta col decreto legge n. 34, Crescita, già convertito in legge, che ha previsto l'abolizione dell'immunità dallo scorso 6 settembre. Poi, a fronte della dura presa di posizione di ArcelorMittal - che ha dichiarato che senza scudo penale avrebbe lasciato il siderurgico di Taranto dalla stessa data, il 6 settembre, non essendo possibile gestire il piano ambientale senza correre il rischio di essere incolpati per vicende del passato -, la norma è stata cambiata di nuovo. Con una correzione di rotta, già il Governo gialloverde ha ripristinato l'immunità col decreto legge n. 101, Imprese e crisi, prevedendo l'immunità a scadenza progressiva. In sostanza, se la precedente vigeva per tutta la durata del piano ambientale sino alla conclusione ad agosto 2023, la nuova segue invece l'iter di messa a norma di ciascun impianto. La nuova immunità ha inoltre un perimetro applicativo più circoscritto e vale solo per gli attuali gestori e futuri acquirenti, ArcelorMittal, e non anche per i commissari. Il decreto n. 101 è attualmente al vaglio del Senato. Non ha ancora ricevuto il voto dell'Aula e in seguito dovrà andare alla Camera. Nei Cinque Stelle c'è qualche fibrillazione per il ripristino della immunità, sia pure in modo diverso dal passato, considerato che della sua abolizione il Movimento, a partire dal leader Luigi Di Maio, ne aveva fatto un cavallo di battaglia politica.
In un documento trasmesso al Senato, i vertici della Procura di Taranto hanno intanto dichiarato che la nuova norma mantiene in vita l'immunità con “alcune importanti modifiche”. Tuttavia, per la la Procura, “desta perplessità la modifica volta a prolungare l'operatività della disposizione che esonera da responsabilità penale o amministrativa i gestori dello stabilimento sino alla scadenza del piano ambientale”. Per la Procura “occorre considerare che “il termine ultimo per l'esecuzione del piano ambientale è fissato al 23.08.2023 e seppure è vero che per i singoli interventi vi sono termini più brevi, trattasi comunque di termini abbastanza ampi che vanno persino a raggiungere i 42-48 mesi dall'ingresso del nuovo gestore“. La dilatazione delle scadenze dell'impianto normativo dagli iniziali 36 mesi, osserva infine la Procura, è arrivata “sino a giungere all'incredibile termine di 11 anni, che è quello che si consumerebbe appunto il 23.08.2023”, visto che il sequestro degli impianti da parte del gip di Taranto è avvenuto il 25 luglio 2012.
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