ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa battaglia sul polo dell'acciaio

Ex Ilva, il sindaco di Taranto: non si produce senza decarbonizzazione

Il sindaco di Taranto interviene dopo l'ipotesi, prospettata dal Sole 24 Ore, che l'impianto del preridotto possa traslocare dal Pnrr (già finanziato con un miliardo) al Fondo sviluppo e coesione

di Domenico Palmiotti

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4' di lettura

Altolà del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, all’ipotesi che sfumi la possibilità di decarbonizzare la produzione di acciaio nell’ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia, spostando il progetto dell’impianto di preridotto (un semiprodotto che alimenterà i futuri forni elettrici della fabbrica) dal Pnrr, dove é già stato finanziato con un miliardo, al Fondo sviluppo e coesione (ne ha parlato il Sole 24 Ore nell’edizione del 16 giugno). Melucci dice no alla possibilità che l’ex Ilva, a seguito dello stralcio del progetto sul preridotto, punti sulla ricostruzione dell’altoforno 5, spento dal 2015, proseguendo così la produzione basata sui minerali.

Rivolgendosi al ministero dell’Ambiente (Mase in sigla), Melucci dice che «siamo ai soliti trucchi al Mase. Con o senza Pnrr, deve essere un’ex Ilva completamente decarbonizzata, oppure non si produrrà più acciaio a Taranto. Fine di ogni elucubrazione». «Desideriamo semplicemente ribadire al Governo e a tutti gli interlocutori istituzionali - afferma il sindaco di Taranto - che o si decarbonizza sul serio o noi non consentiremo mai alcun altro futuro per l’ex Ilva e faremo ricorso ad ogni strumento per impedire altri danni ai cittadini e all’ambiente. Questo è il sentimento ormai di una intera comunità e indietro non si può tornare». 

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«Il Governo ha assunto un impegno sulla transizione»

 «Noi restiamo - sostiene il sindaco di Taranto - alle recenti parole dei ministri Adolfo Urso e Raffaele Fitto, che, in differenti occasioni, hanno pubblicamente garantito il coraggio e l’impegno dell’esecutivo nazionale nella direzione di un accordo di programma sull'ex Ilva, volto alla chiusura delle fonti inquinanti, alla transizione verso i forni elettrici e l’idrogeno, alla riconversione della forza lavoro e dell'indotto locale con la leva dei fondi europei disponibili per Taranto». Per Melucci, «troppe volte il Mase si è inspiegabilmente dimostrato il dicastero di ArcelorMittal e del mercato, invece che il responsabile della materia ambientale degli italiani, la voglia di cassare il Pnrr sulla decarbonizzazione ci desta grande preoccupazione, ma non sorpresa purtroppo».

Melucci, rivolgendosi sempre al ministero guidato da Gilberto Pichetto Fratin, evidenzia «che senza accordo di programma per la decarbonizzazione, noi non accetteremo che si conduca alcun finto e superficiale processo di revisione dell'Aia dello stabilimento siderurgico». «Data la confusione e la indeterminatezza che regna tra i suoi collaboratori sulla vicenda, a questo punto attendiamo fiduciosi chiarezza e un intervento da parte del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni - conclude Melucci -. Prolungare questa pantomima sull'acciaio italiano equivale, oltre che continuare a ferire la nostra comunità, a trasmettere fuori dal Paese l'idea che il nostro sistema industriale non ha alcuna programmazione e protezione».

 Una produzione di 2,5 milioni di tonnellate per i futuri forni elettrici

 La possibilità di spostare il finanziamento dell’impianto di preridotto  dal Pnrr al Fondo di coesione é stata anche confermata da fonti del ministero dell’Ambiente sulla base di quanto scritto dal Sole 24 Ore. Tale possibilità, tuttavia, non sarebbe stata ancora ufficializzata a Dri d’Italia, la società pubblica (fa capo interamente a Invitalia) che costruirà il nuovo impianto a Taranto con una capacità di 2,5 milioni di tonnellate e che ha messo in cantiere anche la costruzione di un secondo impianto “gemello”, destinato però alla siderurgia privata del Nord Italia (è stato costituito un consorzio ad hoc che entro il 30 giugno parteciperà al bando di finanziamento sulla misura “Hard to Abate” per ottenere il secondo miliardo a disposizione).

Fonti vicine a Invitalia e fonti industriali dicono che non é stato comunicato ufficialmente nulla. Nessun spostamento del progetto, quindi. E spiegano che l’intervento va avanti secondo i tempi calendarizzati (Dri d’Italia effettuerà a luglio la scelta d’investimento sulle due tecnologie a confronto e a settembre affiderà i lavori) e che vale quanto stabilito con le norme. E cioè che un miliardo del Pnrr é postato sul preridotto per l’ex Ilva e che Dri d’Italia - società presieduta da Franco Bernabè, che presiede anche Acciaierie d’Italia - sarà il soggetto attuatore e gestore.

Più preoccupate, invece, fonti sindacali, che evidenziano come in questo modo l’impianto perda la blindatura del Pnrr, abbandoni un tragitto di tempi serrati con conclusione entro giugno 2026, perché il fondo di coesione é strutturato su tempi più lunghi, e rischi addirittura di svanire. A quanto pare, qualora il Governo dovesse effettivamente modificare la fonte finanziaria dell’impianto, lo farebbe per metterlo in sicurezza. Per evitare, cioè, di arrivare a metà 2026 senza aver completato i lavori. Nel dibattito che si é acceso attorno alla rimodulazione del Pnrr, é anche un’ipotesi possibile. Ma non tanto, sembrerebbe, per supposti ritardi di Dri d’Italia, che sinora ha assicurato di essere nei tempi, quanto, si osserva, per la mancata collaborazione di chi quest’impianto dovrà ospitare, Acciaierie d’Italia, che potrebbe intralciare il cronoprogramma. É dei giorni scorsi, infatti, l’attacco che l’ad di AdI, Lucia Morselli, ha mosso a Dri d’Italia, lamentando mancata condivisione con la società pubblica e rivendicando non solo voce in capitolo sul progetto, ma anche la gestione dello stesso impianto, che invece sarà gestito dalla stessa Dri d’Italia.

“Garantendo l’intervento sul preridotto dell’ex Ilva di Taranto, il Governo tutela i tarantini, l’ambiente e la produzione di acciaio nazionale. La proposta di spostare un miliardo di euro dal Pnrr al Fondo di coesione è dettata infatti dalla volontà di utilizzare concretamente queste risorse di cui abbiamo enormemente bisogno per il rilancio dell’Ilva”. Lo afferma il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto. “Speculare su una scelta tecnica - prosegue - che si stavalutando per salvare finanziamenti e consentire l’esecuzione delle opere, è fuorviante e soprattutto dannoso: per l’Ilva e per la stessa comunitá di Taranto”.

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