ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùI nodi dell'acciaio

Ex Ilva, sciopero di 24 ore. Federacciai: valutare intervento Stato

Si protesta contro la situazione di stallo in cui l'azienda è da molti mesi, stretta tra bassa produzione, impianti fermi, cassa integrazione, creditori da pagare e mancanza di liquidità

di Domenico Palmiotti

(ANSA)

5' di lettura

Sciopero il 21 novembre in tutto il gruppo Acciaierie d'Italia, ex Ilva. A Taranto, principale polo produttivo, è di 24 ore, con la possibilità di farne a breve altre 24, mentre negli altri siti industriali l'astensione dal lavoro è di 4 ore. Il presidio delle portinerie del siderurgico pugliese è scattato questa mattina tra le 4 e le 5. All'esterno della fabbrica, presenti in molti tra delegati e lavoratori. Consentito l'accesso in stabilimento dei dipendenti inseriti nelle “comandate” dall'azienda per la sicurezza degli impianti.

Di primo mattino si è mosso un corteo che ha toccato tutte le portinerie della fabbrica per poi sostare sotto la direzione. Da qui lavoratori e delegati sindacali, diverse centinaia, si sono spostati sulla statale Appia che collega Taranto a Bari bloccandola temporaneamente al transito. Traffico deviato e presenti sul posto Polizia di Stato, Polizia locale e Carabinieri. Tolto il blocco stradale, il corteo si é mosso, sempre lungo la statale, in direzione della città - che dal siderurgico dista circa 3-4 chilometri - per raggiungere prima il Municipio e poi la Prefettura. Il corteo verso la città non era stato preannunciato. A Taranto lo sciopero di 24 ore è stato organizzato in modo distinto da Fim, Fiom e Uilm e Usb.

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Si protesta contro la situazione di stallo in cui l'azienda è da molti mesi, stretta tra bassa produzione, impianti fermi, cassa integrazione, creditori da pagare e mancanza di liquidità. Si protesta inoltre contro la recente sospensione, decisa da Acciaierie d'Italia, di 145 imprese dell'indotto col rischio di altri 2mila addetti in cassa integrazione. I sindacati sollecitano il Governo ad intervenire. L'ultimo sciopero di 24 ore all'ex Ilva si è svolto lo scorso 6 maggio. Quello del 21 novembre coinvolge, sui tre turni, i diretti di Acciaierie d'Italia e i lavoratori dell'indotto. Coinvolti anche i cassintegrati dell'amministrazione straordinaria di Ilva. Il Governo ha già tenuto un vertice giovedì scorso con i ministri Adolfo Urso (Imprese) e Marina Calderone (Lavoro).

Erano presenti sindacati, Invitalia (partner pubblico di minoranza del privato Mittal in Acciaierie d'Italia), Confindustria e Regioni sedi degli stabilimenti. L'azienda é stata invitata ma non ha partecipato al confronto ministeriale. E la sospensione delle 145 realtà dell'indotto non é stata ritirata malgrado le richieste del Governo. Sospensione definita “improvvisa”, “improvvida” e ingiustificata dal ministro delle Imprese. Urso ha intanto annunciato la volontà di favorire il riequilibrio della governance aziendale “in modo che davvero ci sia una risposta rispetto agli impegni presi”.

L'esecutivo deve decidere anche sull'impiego di un miliardo di euro che il dl Aiuti Bis ha assegnato all'Ilva affidandone la gestione ad Invitalia. Per il 25 novembre é infine convocata l'assemblea dei soci di Acciaierie d'Italia e il presidente di AdI, Franco Bernabè, ha auspicato che in questa sede possa esserci un chiarimento su come proseguire tra il pubblico Invitalia, che rappresenta lo Stato, e il privato Mittal.

Sindaco Taranto: Ilva italiana e nazionalizzata

“Credo che da qualche tempo su alcune, semplici cose ci sia una grande sintonia, adesso non dobbiamo fare l'errore di dividerci e di mostrare fuori che la comunità non ha le idee chiare. Le semplici cose sono che anche per gli enti locali è ormai imprescindibile che ArcelorMittal vada via”. Così il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, parlando sotto il Municipio a lavoratori e delegati sindacali che dalla fabbrica hanno raggiunto in corteo Palazzo di Città. “Serve un'Ilva italiana, nazionalizzata - afferma Melucci - che possa affrontare tutte le tematiche non solo quelle del mondo del lavoro ma che sono care a questa città. E tutto questo si fa su un tavolo più o meno della forma che è stata insediata l'altro giorno dal ministro Urso. Noi abbiamo fiducia che si prosegua in quella direzione”. “Noi chiederemo di nuovo a gran voce, insieme tutte le parti sociali, che il Governo prenda il timone di quell'azienda e intervenga seriamente attraverso quel tavolo per il futuro di tutti quanti voi” dice Melucci ai lavoratori. “Dobbiamo fare il tentativo di restar tutti quanti insieme su quel tavolo, altrimenti non porteremo a casa niente” conclude il sindaco di Taranto.

Federacciai: valutare intervento transitorio Stato

“L'asfissia finanziaria di Taranto è spiegata dal fatto che Arcelor Mittal non sostiene finanziariamente l'Ilva perché altrimenti l'Ilva non sarebbe strangolata come è. Bisogna prendere atto della situazione, definire i problemi e esplorare le strade che esistono per salvare questo asset strategico per l’economia italiana”. Si esprime così Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, a margine dell'assemblea di Confindustria a Genova del 21 novembre, dove sta partecipando anche il presidente Carlo Bonomi. Per Gozzi “bisogna partire dalla considerazione che l'Ilva è un asset strategico nazionale. L'Italia senza Ilvaè un’altra Italia dal punto di vista industriale. La situazione oggi è di blocco tra un privato che ha cessato di investire a Taranto da anni, che ha tolto i finanziamenti a Taranto”. E infine chi dovrà risollevare le sorti dell’azienda, il presidente di Federacciai afferma: “Noi, come ha detto il presidente Bonomi, siamo disponibili a fare la nostra parte: siamo siderurgici, ci intendiamo del mestiere e siamo disponibili attorno ad un tavolo col Governo e i sindacati per ragionare su cosa sia possibile fare per salvare questo asset”. “Potrebbe essere che lo Stato, in fase transitoria, decida di intervenire seriamente sull'azienda e costruisce un’ipotesi di privatizzazione a termine” conclude Gozzi.

Le reazioni sindacali

“Occorre una svolta in tempi rapidissimi. Non è pensabile arrivare al 2024 in queste condizioni, si deve sciogliere adesso il nodo dei rapporti con Arcerlor Mittal. Lo Stato acquisisca il controllo e la gestione degli impianti, nazionalizzando o comunque diventando maggioranza da subito nel consiglio di amministrazione”. Lo chiede Gianni Venturi, segretario nazionale Fiom Cgil. Il riferimento Fiom al 2024 é alla nuova data prevista per il passaggio dello Stato al 60 per cento del capitale, che inizialmente sarebbe dovuto avvenire a maggio scorso. Per Rocco Palombella, segretario generale Uilm, “nè riequilibrio dei rapporti tra Invitalia per lo Stato e Mittal per il privato, nè rinegoziazione dei ruoli. Al punto gravissimo in cui è l'ex Ilva, occorre essere drastici e risoluti. Bisogna mandare via Mittal, allontanarlo definitivamente dalla gestione del gruppo”.

Per Palombella, “in questo momento lo Stato deve nazionalizzare l'ex Ilva. Non abbiamo altre possibilità. Lo Stato, il Governo, devono assumere il pieno controllo dell'azienda”. Secondo Roberto Benaglia, numero 1 della Fim Cisl, “i miei colleghi sindacalisti parlano di nazionalizzazione dell'ex Ilva. Attenti sulle parole: perchè nazionalizzazione significa un'azienda tutta statale mentre qui parliamo di Stato in maggioranza”. “Io alla nazionalizzazione non ci sto. Se facciamo la nazionalizzazione, scappano gli imprenditori - aggiunge Benaglia -. E lo Stato non è nelle condizioni di fare da solo tutti gli investimenti necessari nelle fabbriche dell'acciaio e in particolar modo a Taranto. Serve anche il privato e servono soprattutto capitali”.

“Bisogna rifare un patto con Mittal. In questa cornice lo Stato va in maggioranza e mette i soldi” conclude Benaglia riferendosi al miliardo di euro che per l'ex Ilva é nel dl Aiuti Bis.

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