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Ex Ilva, il governo estende Cig in deroga fino a fine 2023

Il Consiglio dei ministri soccorre l'ex Ilva, ora Acciaierie d'Italia, sulla cassa integrazione e supera la scadenza di quella straordinaria al 19 giugno

di Domenico Palmiotti

(Gaetano Lo Porto / AGF)

3' di lettura

Il Consiglio dei ministri soccorre l'ex Ilva, ora Acciaierie d'Italia, sulla cassa integrazione e supera la scadenza di quella straordinaria al 19 giugno. Nella serata del 15 giugno, é stata approvata una norma che «fa riferimento alle crisi aziendali, con riferimento alle aziende di più di 1.000 dipendenti, aziende di interesse strategico e interessate da complesse riorganizzazioni, che non sono riuscite a dare completa attuazione alle procedure che garantiscono la cassa integrazione straordinaria». «Consentiamo a queste aziende di poter ricorrete alla cassa integrazione in deroga fino al 31/12/2023. Una di queste è l'Ilva di Taranto. Così possiamo gestire la situazione senza creare problemi occupazionali», dichiara il ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo. Si era infatti aperto il problema della cassa integrazione per lo stabilimento di Taranto. Coinvolti 2.500 dipendenti sui 3.000 del gruppo che l'azienda ha messo in cig. AdI per il sito di Taranto ha chiesto la continuità della cassa a partire dal 19 giugno, passando dalla straordinaria (rinnovata a fine marzo e con termine a giorni per l'esaurirsi del plafond) a quella in deroga. Ma i sindacati metalmeccanici hanno detto tutti no alla cassa in deroga. Dissenso anche dalle sigle (Fim Cisl, Fiom Cgil e Ugl) che due mesi fa avevano firmato l'intesa sulla straordinaria, al contrario di Uilm e Usb che l'avevano invece respinta. Due riunioni al ministero del Lavoro, il 13 e il 15 giugno, non sono servite a sbloccare la situazione. E adesso c'é il problema di come coprire i lavoratori sospesi temporaneamente dal 19 giugno in poi.

Le posizioni

Per Davide Sperti della Uilm, «Acciaierie d'Italia non ha mutato posizione, il piano industriale non c'é, la prospettiva del gruppo non è in alcun modo delineata e soprattutto noi riteniamo di non poter più discutere con l'attuale management». Secondo Valerio D'Alò della Fim Cisl, che pure contesta le posizioni aziendali e chiede «un cambio di governance», «l'auspicio è che per quanto riguarda le competenze della Regione Puglia e del ministero del Lavoro sulla gestione della copertura della cassa integrazione per i lavoratori, si trovi una soluzione rapida anche rispetto a nuovi strumenti e interventi messi in campo dal Governo». La Fiom Cgil, con Roberto D'Andrea e Francesco Brigati, afferma che è del tutto evidente che la vertenza ex Ilva è in una fase di stallo per responsabilità della multinazionale sia nella gestione della cassa integrazione, che di investimenti certi sulle manutenzioni ordinarie e straordinarie e di rilancio della produzione dello stabilimento di Taranto e degli altri siti». Secondo la Fiom ci sono «responsabilità del Governo che, ad oggi, non ha fatto chiarezza sui futuri assetti societari, soprattutto nella mancata presentazione di un piano industriale che riguarda anche la transizione ecologica». Infine, Leo Caroli, capo della task force Lavoro della Regione Puglia, sostiene che «esaurita quella straordinaria, esiste un'ulteriore possibilità di cassa integrazione a Taranto per Acciaierie d'Italia, ma serve l'accordo con i sindacati che, allo stato, non sono disponibili».

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Le altre opzioni

L'alternativa, indica Caroli, consiste nell'utilizzare quanto inserito «nella legge di Bilancio per il 2022, che, modificando l'articolo 44 del D.lgs n. 148 del 14 settembre 2015, il Jobs Act, prevede la possibilità di concedere, ad alcune specifiche categorie di datori di lavoro, un ulteriore trattamento straordinario di integrazione salariale di durata massima pari a 52 settimane. Questo per fronteggiare nel biennio 2022-2023 processi di riorganizzazione e situazioni di particolare difficoltà economica. Sono stanziati al riguardo 150 milioni di euro per i 2 anni in questione».

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