Expo 2020 al via a Dubai: ecco com’è fatto il padiglione Italia
Struttura a tre «scafi» e connessioni hi-tech per la struttura che ospita 50 aziende: gli Emirati non sono solo buyer, ma anche potenziali investitori
dall'inviata Giovanna Mancini
I punti chiave
3' di lettura
L’Italia della bellezza, certo. Ma non solo. All’Expo di Dubai che venerdì 1 ottobre apre i suoi cancelli a 192 Paesi del mondo - primo grande evento di incontro internazionale dopo un anno e mezzo di pandemia - il nostro Paese si presenta con tutta la sua carica di innovazione e creatività. Che non si limita alle (pur importantissime) «3F» in cui è da anni riconosciuto leader globale (Food, Fashion and Furniture), ma si estende ai tanti settori produttivi che compongono la nostra manifattura e rappresentano una voce importante delle esportazioni di made in Italy: dalla meccanica all'aerospazio, dall’energia alla componentistica.
Com’è fatto il padiglione Italia
Beni di consumo, beni intermedi e beni strumentali. Nel padiglione italiano (uno dei più scenografici di Expo Dubai, progettato da Carlo Ratti, Italo Rota, Matteo Gatto e F&M Ingegneria) c’è un assaggio di tutto questo. C’è la scienza ingegneristica di Fincantieri, applicata alla struttura esterna, con la forma di tre scafi, unita alla ricerca sui neomateriali del Gruppo Boero, che ha rivestito il padiglione con 17mila litri di vernici, dando vita alla bandiera tricolore più grande del mondo. Ci sono la duna di sabbia e la passerella, ricoperti con polvere di caffè, bucce di arancia e sabbia del sito di Expo 2020, grazie alla tecnologia di Mapei, che ha permesso di riutilizzare materiali naturali di riciclo. C’è la ricerca in campo acustico di Caimi Brevetti, che ha creato un «tunnel del silenzio» di 80 metri, avvolto in 800 pannelli fonoassorbenti. E ancora, c’è la tecnologia di Tim, che ha dotato l'edificio di infrastrutture digitali e connessioni di ultima generazione. Ci sono installazioni come l’orologio atomico di Leonardo o la diagnostica per immagini del gruppo Bracco. Ci sono arte, design e cultura.
In mostra «prodotti veri»
«L’elenco completo sarebbe troppo lungo: più di 50 aziende italiane, grandi, medie e piccole, hanno contribuito a costruire materialmente e a riempire di contenuti la partecipazione italiana a Dubai», racconta il Commissario dell’Italia a Expo, Paolo Glisenti. Oltre all’allestimento fisico, il contributo delle imprese partner prende forma in un fitto programma di eventi e dibattiti dedicati ai temi che saranno al centro della stessa Expo nell’arco dei sei mesi. Bellezza, tecnologia, innovazione, sostenibilità, inclusione: il padiglione italiano è tutto questo, come sintetizzato dal titolo scelto: «La Bellezza unisce le Persone». Quello che si vede all’interno sono «prodotti veri, ingegnerizzati e messi in vendita, non si tratta di dichiarazioni di intenti o progetti futuribili», precisa il commissario Glisenti. «Le aziende hanno portato a Dubai il loro saper fare applicato a prodotti che sono già sul mercato o stanno per arrivarci». All’impegno delle imprese partner, si unisce quello di 70 istituzioni, 15 Regioni e 30 Università. Tutti assieme daranno vita ai forum e agli eventi che animeranno il padiglione fino al 31 marzo, in una grande operazione di sistema che ha per obiettivo la promozione del Paese e del made in Italy.
Emirati Arabi mercato strategico
Dubai e gli Emirati Arabi Uniti sono del resto un mercato strategico per le nostre aziende. Lo sono in sé (ottavo tra i paesi verso cui l’export italiano crescerà di più nei prossimi tre anni, secondo Sace) e lo sono in prospettiva, come nuovo snodo fondamentale tra il Mediterraneo, il Medio Oriente e il Sud Est asiatico. I primi a crederci sono proprio loro, gli emiratini, che in questa Esposizione faraonica (oltre 400 ettari, più del doppio di quella di Milano 2015) hanno investito circa 8 miliardi di dollari di infrastrutture, creando attorno al sito una grande area produttiva che attrae e genera investimenti. Anche questo è un elemento che le imprese italiane devono tenere bene a mente: a Dubai si viene per incontrare non solo buyer per vendere i propri prodotti, ma anche fondi istituzionali e investitori per attrarre capitali nel nostro Paese, «in un nuovo rapporto di reciprocità», come suggerisce il presidente di Ice Agenzia, Carlo Ferro, «che proprio in questi mesi di Expo può mettere le sue fondamenta».
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