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Export agroalimentare: +18% nei primi 7 mesi 2022. Ma la bilancia commerciale è negativa

Report Ismea: risultato che risente delle spinte inflattive, ma ottenuto nonostante la crisi e i record del 2021. Frutta in controtendenza. Aumentano però anche le importazioni: il deficit è pari a 381 milioni di euro

di Giorgio dell'Orefice

(Pietro Recchia / SOPA Images/Sip)

2' di lettura

Export agroalimentare italiano più forte dell'escalation dei costi e delle tensioni geopolitiche. Nei primi sette mesi del 2022 le vendite all'estero di prodotti del food & wine made in Italy hanno raggiunto un fatturato di 34,5 miliardi di euro con un incremento del 18% sui primi sette mesi del 2021, anno che ha fatto segnare il record di 52 miliardi di euro di esportazioni. Un risultato raggiunto nonostante la crisi energetica, l'impennata dei costi di produzione delle aziende e lo spettro di una recessione globale. A renderlo noto è Ismea nel proprio report “La Bilancia dell'agroalimentare italiano”.

Ed è infatti l'intera bilancia commerciale alimentare made in Italy che compie un balzo in avanti perché oltre alle esportazioni fanno segnare una grande crescita anche gli acquisti dall’estero che nello stesso periodo sono aumentati a un ritmo ancora superiore rispetto alle spedizioni: +29,2%.
Un dato che secondo Ismea non è da salutare negativamente: «Dopo il surplus registrato nel biennio 2020-2021 – commentano a Ismea – il forte incremento del valore delle importazioni agroalimentari (+29,2% per 34,9 miliardi di euro), sotto la spinta dei rincari delle materie prime agricole, ha riportato il saldo della bilancia commerciale in negativo, con un deficit di 381 milioni di euro. Tuttavia l' andamento positivo delle importazioni è una spia della buona tenuta dell'attività di trasformazione nonostante la forte pressione sui costi delle industrie alimentari italiane».
Va ricordato infatti che l'industria alimentare italiana è un'industria prevalentemente trasformatrice che acquista cioè materie prime agricole e le trasforma in prodotti alimentari ad alto valore aggiunto.

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Tornando invece alle esportazioni i dati in valore – sottolineano a Ismea – risentono della forte spinta inflattiva, ma crescono anche i flussi in volume delle referenze più rappresentative quali: pasta, prodotti della panetteria e biscotteria, vini spumanti, formaggi freschi e stagionati, prosciutti, pelati e polpe di pomodoro, a conferma che oltrefrontiera la presenza del made in Italy a tavola è un fatto ormai irrinunciabile.

Unico settore in controtendenza e quindi in negativo il comparto della frutta fresca il cui export in valore è calato dello 0,5% a causa delle flessioni registrate da mele, kiwi e nocciole sgusciate.

Sul piano geografico le esportazioni agroalimentari italiane sono cresciute a due cifre sia in ambito Ue (+21% nel primo semestre del 2022) che presso i Paesi terzi (+16%). Risultato quest’ultimo favorito anche da un euro debole sul dollaro. Secondo le elaborazioni di Ismea nei principali mercati di sbocco la progressione è, nell'ordine, del 11% in Germania, del 21% negli Usa, del 18% in Francia. Anche nel Regno Unito, quarta destinazione per importanza, le vendite sono aumentate del 19% a dispetto dei segnali rallentamento dei due anni precedenti che avevano alimentato diffusi timori per le conseguenze della Brexit. Da segnalare anche il forte incremento delle esportazioni verso Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca, mentre risultano in controtendenza solo i flussi verso Cina e Giappone.

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