Exxon sotto processo per la contabilità falsa dell’effetto serra
Exxon è accusata dalla procura dello Stato di New York di aver ingannato gli azionisti. Di aver tenuto, volutamente e di nascosto, “libri” paralleli sui costi per l’azienda delle future misure di lotta cambiamento climatico, usando poi stime che li sottovalutavano
di Marco Valsania
3' di lettura
New York - Non è il processo Exxon Valdez, per la gigantesca perdita di greggio che devastò le coste dell’Alaska. Ma il caso che si apre in tribunale martedì 22 ottobre a New York potrebbe avere un impatto di lungo periodo anche più significativo nella battaglia su cambiamento climatico e responsabilità di Big Oil, dei colossi dell’energia e dei carburanti fossili: al cuore dello scontro legale sono le pratiche finanziarie di Exxon, le modalità con le quali ha fatto i conti con rischi e regolamentazioni per il suo business legate all’effetto serra. In gioco, cioè, non è direttamente l’inquinamento di oceani o atmosfera, né la distruzione di economie locali; è bensì l’inquinamento delle informazioni riversate a una constituency non più importante ma sicuramente più influente: quella degli investitori di Wall Street.
Exxon è accusata dalla procura dello stato di New York, riassumendo il caso in poche parole, di aver ingannato gli azionisti. Di aver tenuto, volutamente e di nascosto, “libri” paralleli sui costi per l’azienda delle future misure di lotta cambiamento climatico, usando poi stime che li sottovalutavano quando considerava scelte di investimento e gonfiando di conseguenza prospettive e valutazioni del gruppo.
Il processo è sotto i riflettori non solo a New York ma in altri stati che potrebbero a loro volta essere incoraggiati a muovere azioni contro Exxon. Exxon rischia non poco, non solo in termini d’immagine: stando alle richieste dei procuratori potrebbe dover sborsare da quasi 500 milioni fino a 1,6 miliardi di dollari in danni. Nonché di dover accettare un supervisore esterno che tenga sotto esame le sue pratiche. Questo se trovata colpevole di violazioni del cosiddetto Martin Act, una legge del 1921 contro pratiche e promesse finanziarie ingannevoli nella vendita e promozione di titoli e commodities. Il Martin Act fu usato con successo per perseguire truffe tra le grandi banche d’investimento di Wall Street, strappando ingenti multe - 1,4 miliardi all'inizio del secolo - attraverso accordi extragiudiziari. La legislazione prescrive che basti provare l’esistenza di un inganno, anche se non intenzionale.
L’azienda nega seccamente di aver manipolato dati e mentito ai soci e al mercato. Si difende affermando che non esistono misure univoche per calcolare il costo di rischi e regolamentazioni ecologiche. E attacca la magistratura newyorchese come politicamente motivata e alla guida di indagini infondate.
Ma quel che è certo è che il giudice Barry Ostrager della Corte Suprema dello stato, dove si svolge il procedimento, ha già previsto almeno tre settimane per ascoltare il caso, con una trentina di testimonianze tra le quali si contano quella di dipendenti del colosso petrolifero e esperti di finanza. Al setaccio verranno passati centinaia di documenti legati alla vicenda. Una decisione è poi attesa, salvo sorprese, entro 30 giorni.
L’ufficio della procura statale ha preparato il caso per oltre due anni. Tutto era nato quando nel 2014 azionisti premettero su Exxon per una maggior trasparenza sul cambiamento climatico e l’azienda rispose dando alle stampe due rapporti sottoscritti dai massimi vertici - compreso l’allora chief executive e futuro Segretario di Stato di Donald Trump, Rex Tillerson - e che le autorità considerano fraudolenti. Secondo la procura, nei fatti, Exxon indicò che applicava un costo futuro legato all’effetto serra, il cosiddetto “Chg proxy cost”, pari a 80 dollari a tonnellata nelle sue decisioni su investimenti. In realtà internamente applicava, nel prendere simili decisioni, un costo dimezzato oppure del tutto nullo. Così facendo avrebbe mentito agli investitori sul futuro pericolo corso dalle sue attività, comprese forti svalutazioni di asset davanti a strette nelle regolamentazioni e disastri ambientali. La procura sostiene oltretutto che gli azionisti sono già stati danneggiati, perché il titolo Exxon avrebbe risentito di quanto portato alla luce dall’inchiesta, e che quindi hanno diritto a essere rapidamente risarciti.
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