Fabbriche protagoniste: così le maison comunicano (anche) con gli stabilimenti
Da Zegna a Fendi, le aziende del lusso usano le loro factory per raccontare al grande pubblico l’impegno in sostenibilità e per attrarre nuovi talenti
di Chiara Beghelli
4' di lettura
Non è un caso se Andy Warhol chiamò “Factory” il suo studio di New York: la “fabbrica” era infatti il luogo dove si assemblavano le sue celebri serigrafie, e insieme centro di ricerca e creatività, svincolato eppure strettamente connesso alle logiche della produzione (e della riproducibilità). La “fabbrica” può essere in sé un efficace mezzo di comunicazione: lo avevano ben capito, fra Otto e Novecento, gli industriali tessili come Alessandro Rossi e Gaetano Marzotto, artefici delle due “company town” accanto ai loro lanifici in Veneto, e come Cristoforo Benigno Crespi, che per gli operai del suo cotonificio costruì Crespi d’Adda, villaggio dalle atmosfere moresche e dal 1995 patrimonio Unesco.
È su questa scia che Fendi, lo scorso giugno, ha organizzato la sfilata della collezione maschile per la primavera-estate 2024 nella sua fabbrica di pelletteria di Capannuccia, inaugurata nel novembre di un anno fa non lontano da Firenze. I modelli sono passati fra i tavoli da lavoro, indossando loro stessi la versione pret-à-porter di grembiuli da lavoro e con esili metri-sciarpe al collo. Ci sono altri casi, per esempio quello di Ermenegildo Zegna che nel 2020, in occasione dei 110 anni dell'azienda, aveva organizzato la sfilata della PE 2021 (trasmessa in streaming a causa della pandemia) nella storica sede del lanificio di Trivero, nel biellese, mentre nel giugno 2022 ha scelto come passerella i tetti del lanificio nell’Oasi Zegna, riserva naturale di oltre 100 km quadrati fra Trivero e le Alpi Biellesi. Anche Ferrari aveva presentato la prima collezione di abbigliamento AI 21 nella linea di assemblaggio della V12, a Maranello.
Tornando a Fendi, con un gioco di parole quello di Capannuccia si potrebbe definire pertanto uno “stabilimento-statement”, dunque un luogo che diventa messaggio. Anzi, a ben vedere più di uno. Alla fine della sfilata, la direttrice creativa Silvia Venturini Fendi è uscita a salutare gli ospiti attorniata dalle maestranze dello stabilimento. Una scena corale che riecheggia le uscite di Pierpaolo Piccioli, direttore creativo di Valentino, fra le sarte del suo atelier al termine di ogni sfilata della collezione haute couture. Un modo efficace per portare in prima linea volti e mani che restano normalmente confinati nei backstage, e un sapiente mezzo per attrarre verso questi mestieri anche giovani risorse e talenti, proprio quelli che continuano a mancare e soprattutto nei ruoli di produzione.
Da queste fabbriche-eventi, però, passa anche un altro messaggio: quello che comunica l’impegno in sostenibilità dei marchi. La fabbrica di Fendi è stata progettata da Piuarch sul sito, in degrado, di una vecchia fornace di laterizi, come un elemento che si potesse fondere anche cromaticamente nel paesaggio. Gucci ha fatto una scelta simile quando nel 2016 ha inaugurato la sua sede milanese, Gucci Hub, nella ex Caproni, fabbrica e hangar di aeronautica costruita nel 1915 e abbandonata negli anni Cinquanta (il progetto era sempre di Piuarch).
Al di là degli obiettivi di più ampio respiro, la valorizzazione delle fabbriche passa inoltre dalla riscoperta del loro essere luoghi di contatto con i clienti, versione contemporanea del negozio-bottega che era luogo di vendita e produzione dell’artigiano. Scoprire come e dove nasce un abito o una borsa è un’esperienza sempre più ricercata , come dimostra il successo delle Journées Particulières di Lvmh: inaugurate nel 2011, e organizzate ogni due anni, con un programma distribuito in tre giorni, il più grande gruppo del lusso al mondo apre le porte di boutique, atelier e manifatture (riportando a volte gli artigiani in negozio) dei suoi marchi. L’ultima edizione, nel 2022, ha avuto 200mila accessi, per 93 luoghi aperti; quella precedente 180mila in 77 location, quella ancora prima 145mila con 53 indirizzi. Nel 2017 la filosofia delle porte aperte è stata ripresa anche dal progetto italiano ApritiModa, che quest’anno tornerà il 21 e 22 ottobre: inizialmente limitata agli atelier e alle fabbriche di Milano, si è poi esteso a tutta Italia.
Il concetto di vicinanza con i clienti giunge fino a offrire di cenare nei luoghi della produzione, come accade nell’Antico Setificio Fiorentino (dal 2010 proprietà di Stefano Ricci): fra i telai del Settecento una sposa può anche organizzare il proprio banchetto di nozze, dopo aver scelto il tessuto per l’abito. Ma visto che in fabbrica si deve primariamente lavorare, gli imprenditori vogliono che i loro collaboratori (e sperabilmente coloro che lo diventeranno) lo facciano immersi e ispirati dalla bellezza degli spazi. Lo aveva intuito Antonio Ratti, quando nel 1958, in tempi non sospetti, volle che il nuovo setificio di Guanzate (Como) avesse grandi finestre, per mettere le persone in contatto con la natura circostante. Quando lo scorso aprile Patrizio Bertelli annunciava i 60 milioni di investimento nei siti produttivi del gruppo Prada, disse che sarebbero stati pensati come «l’ambiente in cui i giovani devono essere orgogliosi di lavorare», sottolineando come «una fabbrica con queste caratteristiche ha pure una redditività maggiore». Ecco perché ci sono pergolati di rose e vigne nel polo logistico a Levanella e lo stabilimento di Valvigna è stato definito una fabbrica-giardino.
La nuova frontiera dopo le sfilate in fabbrica? Potrebbe essere un’altra reinterpretazione del passato, quella degli “house organ”, quei magazine che per decenni hanno raccontato ai clienti la filosofia di aziende e marchi: la moda non è mai stata una loro grande fan, a parte i casi delle Cronache della Rinascente e di Top, rivista del Lanificio Zegna spedita su abbonamento fra gli anni Sessanta e Ottanta. Nell’era digitale, potrebbe avere anche il volto di un podcast.
Consigli24: idee per lo shopping
Scopri tutte le offerteOgni volta che viene fatto un acquisto attraverso uno dei link, Il Sole 24 Ore riceve una commissione ma per l’utente non c’è alcuna variazione del prezzo finale e tutti i link all’acquisto sono accuratamente vagliati e rimandano a piattaforme sicure di acquisto online
loading...