Facebook: le entrate del colosso social frenano, ma gli utili battono le attese
Il giro d’affari delude, salendo del 35% a 29 miliardi. Zuckerberg difende l’etica dell’azienda sotto accusa e investe in realtà aumentata e virtuale
di Marco Valsania
I punti chiave
5' di lettura
Facebook per il terzo trimestre dell’anno ha riportato un giro d’affari cresciuto del 35% ma in frenata e inferiore alle attese, pari a 29,01 miliardi di dollari contro i 29,56 pronosticati. Gli utili hanno invece battuto le stime degli analisti, in rialzo del 17% a 9,19 miliardi, pari a 3,22 dollari per azione rispetto i 3,17-3,20 dollari anticipati. Sotto le attese è parso anche l’outlook del giro d’affari per il quarto trimestre in corso: entrate tra i 31,e35 e i 34 miliardi, mentre gli analisti attendevano finora 34,53 miliardi.
I contrastati conti hanno evidenziato allo stesso tempo l’attuale forza di Facebook e i suoi punti deboli in futuro. A Wall Street, nel dopo mercato, la reazione iniziale è stata positiva, con il titolo in rialzo di quasi il 4% anche se in seguito il guadagno si è ridimensionato all’1 per cento. Gli investitori hanno tenuto probabilmente conto di un andamento tuttora considerato solido e forse temevano maggiori sorprese negative, sull’onda del moltiplicarsi di controversie e dubbi sulla performance.
La frenata nelle revenue
La frenata nelle entrate - erano cresciuto del 56% e del 48% nei due precedenti trimestri - segnala tuttavia l’emergere di un tallone d’Achille per il gruppo di Mark Zuckerberg. E’ stata almeno in parte attribuita dagli osservatori a più stringenti requisiti di privacy che stanno prendendo piede su Internet e sulle app, anzitutto in seguito alla decisione di Apple nei mesi scorsi di introdurre nuove regole per i propri device mobili che creano maggiori limiti alla pubblicità digitale mirata. Il terzo trimestre è stato il primo a riflettere la svolta nella protezione della privacy.
Gli utenti, aumentano senza brillare
Anche i dati sugli utenti hanno risentito di incognite all’orizzonte. Gli users attivi quotidiani sono stati in media 1,93 miliardi, in linea con le attese e in aumento del 6% sull’anno scorso. Gli utenti mensili sono stati 2,91 miliardi invece dei 2,93 miliardi anticipati, anche se a loro volta in rialzo del 6 per cento. Le entrate medie per utente sono state di 10 dollari, meno dei 10,15 dollari ipotizzati dagli osservatori. Fb sta soffrendo di fughe di utenti giovani, che sollevano lo spettro di battute d'arresto in una fascia demografica ritenuta essenziale.
La difesa Zuckerberg
Zuckerberg ha cercato di rispondere anche all’assedio etico e politico che si stringe attorno a facebook. Ha difeso l’azienda dalle accuse di sacrificare l’interesse pubblico e la salute dei suoi stessi utenti affermando che contro Fb è in corso uno “sforzo coordinato per utilizzare selettivamente documenti riservati per dipingere una falsa immagine della nostra azienda”.
Le ombre sul business
Per Facebook negli ultimi mesi sono aumentate sempre più le preoccupazioni di business, oltre che etiche e politiche. Il social Snap è stato premonitore con la sua trimestrale dell’evoluzione in corso. Ha mostrato come la pubblicità digitale, grande motore delle entrate e profitti del settore, abbia risentito delle strette sulla privacy, a cominciare appunto da quelle legate al sistema operativo iOS dei device mobili targati Apple che limitano il “tracciamento” degli utenti e delle loro abitudini e ne richiedono il consenso esplicito. Una delusione sul fatturato e sui pronostici ha penalizzato il titolo Snap di oltre il 20% in una sola seduta all'indomani dei suoi conti.
Le altre tech in arrivo
Facebook è giunta a sollevare il sipario sui risultati dopo la trimestrale dello streamer Netflix e del leader dell’auto elettrica Tesla, oltre le attese, con Tesla che ha appena valicato una market cap da mille miliardi.
Fb sarà ora seguita dalle altre Big Tech, barometro più influente ormai sia di Wall Street che del grande business americano. Alphabet e Microsot danno i conti martedì 26 sera; Apple e Amazon il 28 ottobre.
Ad oggi l’84% delle società che hanno riportato bilanci ha battuto le attese e la crescita degli utili trimestrali appare avviata ad un passo del 32,7 per cento. Gli utili del comparto information technology e communications, che comprende molte delle società tech, sono parsi in linea con questo andamento. Meno chiare sono tuttavia a volte parse le prospettive, davanti a nodi che comprendono incertezze economiche, battaglie antitrust e di privacy e problemi alla supply chain.
Il metaverse, investimenti per 10 miliardi
In risposta a tutte queste sfide, il ceo e fondatore Mark Zuckerberg ha promosso di recente l'idea di creare quello che è stato definito come un metaverse, concetto che vuol promuovere un'esperienza online sempre più interattiva integrando piattaforme e tecnologie.
Secondo indiscrezioni Fb ha anche accarezzato l'dea di cambiare nome al gruppo a livello corporate, per non essere solo più identificata solo come social network ma come gruppo di servizi Internet diversificati, sullo stile di quanto fatto da Google dando vita alla casa madre Alphabet, pur mantenendo il motore di ricerca quale divisione principale.
Nell’annunciare i risultati, per ora, l’azienda di Zuckerberg ha indicato un cambiamento nelle modalità di bilancio: scorporerà in futuro, a partire dal quarto trimestre, la performance del segmento Facebook Reality Labs, dedicato proprio a hardware, realtà aumentata e prodotti e servizi di realtà virtuale, un business che è considerato cruciale per il progetto metaverse e che richiede forti investimenti. Zuckerberg ha fatto sapere che l’impegno in Reality Labs ridurrà i profitti operativi di dieci miliardi già nel 2021.
La talpa testimonia al Parlamento di Londra
Più ancora dei nodi di business, a scuotere il gruppo sono tuttavia nell’immediato le polemiche attorno alle pratiche e alla cultura di Fb. Sono riassunte nella figura della grande talpa del gruppo, l’ex dipendente Frances Haugen. Ha testimoniato al Parlamento della Gran Bretagna dopo aver parlato al Congresso americano. E ha rilanciato dall’aula di Londra le accuse al colosso dei social media, che privilegerebbe troppo il profitto rispetto alla salute degli utenti e del mondo. Fb, stando a Haugen, fatica ovunque a contenere la disinformazione e l'odio sulle sue piattaforme, nonostante sia cosciente degli effetti. “Finchè non ci sarà un contrappeso, le cose verranno gestite a vantaggio degli azionisti e non dell'interesse pubblico”, ha denunciato facendo appello a nuove leggi su tech e nuovi media su entrambi e lati dell'Atlantico, con una maggior supervisione e regolamentazione dei protagonisti. Le rivelazioni sono state definite da alcuni osservatori come la più grave crisi nella storia dell’azienda.
I mancati stop al content estremista
Il nuovo avvertimento di Haugen è partito mentre, negli Stati Uniti, Facebook è sempre più sotto assedio peri mancati controlli sul content che diffonde. Dai documenti interni dell'azienda, noti come i Facebook Papers e svelati in gran parte dalla “talpa” Haugen, sono venute alla luce ulteriori, controverse rivelazioni: Facebook ha mancato di contrastare siti di estrema destra statunitensi, quali Breitbart. Li ha lasciati in particolare nel suo prezioso News Tab curato dalla stessa azienda e inteso a promuove articoli di fiducia. La ragione? Era preoccupata anzitutto di ripercussioni politiche - in particolare di irritare Donald Trump.
La violenza in India
Nel suo più grande mercato internazionale, l'India, come in molti altri paesi in via di sviluppo, Fb è finita sotto accusa per essere coinvolta in drammi ancora più gravi: avrebbe a lungo ignorato la necessità di supervisione e verifiche, lasciando che i suoi algoritmi rilanciassero odio e falsità. Nonostante moniti partiti dall'interno della stessa azienda, non ha stanziato risorse per personale e protocolli di sicurezza adeguati a Nuova Delhi, dando spazio a spirali di aperto incitamento alla violenza contro le minoranze musulmane. Il ceo Mark Zuckerberg è stato anche criticato per le dimostrazioni di vicinanza al governo indiano di Narenda Modi, da più parti denunciato per il ricorso a una pericolosa retorica ultra-nazionalista.
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