Famiglie, il reddito migliora ma non troppo. Male il risparmio
Dopo il crollo nei primi mesi di pandemia, si registra un cauto miglioramento di scenario. Ma rimangono diverse incognite
di Raffaele Lungarella
I punti chiave
3' di lettura
L’insorgere della pandemia e la sua diffusione hanno inciso sulla preoccupazione delle famiglie per il loro reddito, per la possibilità di far fronte agli impegni finanziari assunti e sul timore di non riuscire a mantenere il tenore di vita che avevano prima che il virus mettesse tutto a rischio. Il pericolo è, naturalmente, sentito più forte dai nuclei famigliari che già si trovavano in maggiori difficoltà.
L’indagine Bankitalia
A 2 anni ormai dall’inizio della pandemia ė, ovviamente, ancora diffusa l’apprensione per il loro presente e per il futuro della loro capacità economica. Dopo il forte shock iniziale, non si può dire che si sia tornati al punto di partenza, ma sembra che durante questi ormai quasi 2 anni di circolazione del virus, le famiglie abbiano attenuato la percezione circa l’incertezza sul domani del loro reddito.
Questa, in breve, la lettura che si può fare dei risultati delle 6 indagini straordinarie sulle famiglie, realizzate dalla Banca d’Italia, per monitorare la reazione economica delle famiglie alla diffusione del virus. Queste rilevazioni campionarie, con ognuna delle quali sono state intervistate sempre almeno 2mila persone, sono state pubblicate tra giugno 2020 e novembre 2021 e coprono il periodo che va tra la fine di aprile e l’inizio di maggio del 2020 e la fine di agosto e l’inizio di settembre del 2021.
L’impatto del lockdown
Nei primi 2 mesi di confinamento in casa, di chiusura di una parte delle fabbriche e delle altre attività economiche, la metà delle famiglie intervistate accusò una riduzione del reddito. Il colpo fu particolarmente duro per le famiglie le cui entrate derivavano dal lavoro dipendente precario o dagli incassi quotidiani delle attività autonome svolte: il reddito degli impiegati e operai si ridusse almeno della metà in 1 caso su 2 e quello dei commercianti, artigiani e professionisti 2 volte su 3.
Benché l’Inps continuò a pagare loro gli stessi importi pre pandemia, anche per un 20% dei pensionati il reddito si dimezzò. Verosimilmente doveva trattarsi di persone che integravano un vitalizio relativamente basso con entrate derivanti dall’affitto di un immobile o con il reddito ottenuto continuando a svolgere qualche lavoro.
Le progressive riaperture
La progressiva riapertura delle fabbriche, dei laboratori, delle attività professionali e le misure messe in campo dal Governo di sostegno alle persone e alle attività economiche, già a partire dalla fine di agosto dello scorso anno sembrano avere fatto da argine agli effetti negativi sul reddito della persistenza del virus: la seconda indagine svolta dalla Banca centrale registrò che per il 68% del numero totale di famiglie il reddito era rimasto invariato, con un aumento di 20 punti percentuali rispetto alla rilevazione di marzo-aprile. Nei monitoraggi successivi le oscillazioni intorno a questo livello furono di qualche punto percentuale.
Le prospettive di miglioramento del reddito dei nuclei familiari sono state, però, sempre relativamente modeste. Anche se, con l’evoluzione della situazione pandemica, si deve registrare un restringimento dell’area del pessimismo: nel giro di 1 anno le famiglie che prevedono una riduzione del loro reddito rispetto al livello raggiunto prima dell’emergenza sanitaria sono passate da una su quattro a una su sette.
Penalizzato il risparmio
Questo non sembra avere migliorato di molto le possibilità di risparmio: la quota di famiglie che in ogni indagine prevede di essere in grado di mettere da parte qualche euro nei successivi 12 mesi è oscillata tra il 42 e il 44 per cento; la maggioranza di esse vedeva, quindi, una prospettiva di risparmio zero o addirittura delle necessità di indebitarsi per coprire le spese.
Nell’ultima rilevazione, solo 3 famiglie su 10 hanno dichiarato di avere risparmiato qualcosa; verosimilmente sono quelle con i redditi più elevati, il che giustificherebbe anche l’aumento dei depositi nei conti correnti registrato durante la pandemia.
Non bisogna comunque dimenticare che il virus piombò su una condizione che per tante famiglie era già più che precaria: la metà di esse con il reddito disponibile faceva fatica ad arrivare alla fine del mese.
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