Family office italiani al giro di boa
Il Politecnico di Milano e il Centro per il Family Business Management della Libera Università di Bolzano avviano un progetto per mappare i cambiamenti che interessano questo ecosistema
di Lucilla Incorvati
5' di lettura
I family office, tradizionalmente votati alla gestione e alla tutela del patrimonio familiare, stanno vivendo una trasformazione anche alla luce del forte impatto della crisi pandemica e allargano di anno in anno il loro raggio d’azione: quelli attivi in Italia a ottobre 2020 erano 158 (8 in più rispetto al 2019).
Di questi 24 sono di origine bancaria (spesso attraverso fiduciarie controllate) anche se alcuni (Ceresio, i due di Ersel, Nattino, Sella) hanno il doppio cappello familiare e bancario. Sono ben 78 poi i family office professionali (Sim e Scf) e 56 sono single o multifamily controllati da famiglie imprenditoriali la cui principale attività riguarda soprattutto la gestione finanziaria del patrimonio, più che la gestione dei costi, del reporting integrato e delle transazioni, come invece accade oltreoceano. Tuttavia, è bene ricordare che il mondo dei family office ha origini abbastanza recenti visto che i due terzi dei family office a livello mondiale sono nati negli ultimi vent’anni.
Un mercato in movimento
A fronte di un mercato in espansione, si notano anche spinte centripete di consolidamento degli attori principali, spesso tramite fusioni e acquisizioni così come il passaggio dalla forma del singol a quella del multifamily office.
Due esempi recenti sono l'acquisizione da parte di Cfo Sim di Alpe Adria Gestioni Sim, per consolidare il mercato dei family office nel Nord Est, e quella di Sireco Fiduciaria da parte di Sella Fiduciaria, che si occupa di servizi integrati fiduciari e di family office. Vi è infatti la necessità da parte dei family office di professionalizzare e diversificare i propri servizi, per far fronte a una clientela sempre più esigente e internazionale che è quella delle nuove famiglie imprenditoriali. Senza trascurare la spinta digitale che impatta nel mondo dei servizi dei family office sempre più interessati dall’entrata dell’intelligenza artificiale ad una maggiore interazione dell’interazione digitale e alla sostituzione con prodotti tradizionali.
Una ricerca inedita
Sono questi alcuni dei principali risultati del primo studio sui Family Office in Italia condotto dalla School of Management del Politecnico di Milano e dal Centro per il Family Business Management della Libera Università di Bolzano che offrono dati inediti sull’universo dei family office e delineano come gestire alcune sfide cruciali per il futuro di questo comparto al quale sarà dedicato un osservatorio.
In particolare, lo studio vuole indagare sulla crescita del fenomeno e la diversità dei Family Office; gli investimenti in startup e imprese innovative in Italia, EU e Usa; le principali dimensioni della trasformazione del Family Office e del ruolo delle nuove professionalità impegnate e le strategie di investimento. A supporto del progetto ci sarà un questionario (Family Office Italia 2021) che sarà una delle fonti dirette alla quali si farà riferimento per analizzare questo complesso ecosistema.
«Oggi non esiste una definizione univoca dei family office e uno sguardo più approfondito mostra come la realtà dei FO sia molto eterogenea, in termini di struttura, attività e processi che la interessano. Il nostro progetto aiuterà a fare chiarezza nell’identificazione di questi soggetti e nell’individuarli - sottolinea Alfredo De Massis, a capo del Centro per il Family Business Management della Libera Università di Bolzano -. Inoltre i contenuti del lavoro toccherà molti aspetti dalla governance alle attività tipiche svolte dai family office, dalle attività innovative come il venture capitale ai supporti tecnologici e agli aspetti regolamentari fino a tutti quei servizi che oggi cercano di rispondere alle esigenze nuove e mutevoli degli stessi FO».
«L'attenzione alle strategie di gestione e continuità del patrimonio delle famiglie imprenditoriali sta crescendo. In Italia, i FO sono sempre più all'ordine del giorno dell'agenda di operatori di wealth management, di advisory finanziaria e strategica e delle famiglie stesse, che spesso si ritrovano a gestire un patrimonio complesso senza poter disporre delle competenze necessarie», sottolinea Josip Kotlar del Polimi.
Gli investimenti
I Family Office si stanno affermando come elemento importante nella governance di una famiglia imprenditoriale, che si estende oltre un singolo family business. In questo senso, oltre agli investimenti tradizionali, fatti in ottica di preservazione del patrimonio, si nota un crescente interesse da parte dei Family Office agli aspetti sociali e di impatto. Inoltre, crescono fortemente, in Europa così come in Italia, gli investimenti “imprenditoriali” in startup e imprese innovative. La crisi Covid sembra aver avuto un impatto sulle attività e gli investimenti dei FO. La ricerca mostra che in Europa continuano a crescere nel 2020, con 111 investimenti quelli in start-up e imprese innovative, segnando un +19,9% in termini di valore investito rispetto al 2019. I capitali dei family office europei atterrano soprattutto in startup e imprese innovative (dall'e-commerce al fintech, dalla “app economy” al mondo IT e l'artificial intelligence), ma anche in settori più tradizionali come health care e food & beverage.
Il quadro italiano
La situazione in Italia è più altalenante, con un 2020 che ha segnato un drastico calo sia del numero di investimenti (da 12 a 9) sia di valore (-51%) . Il tutto a fronte del fatto che nel 2017 gli investimenti dei family office italiani pesavano per il 21% del totale europeo, mentre nel 2020 sono l’8%. Ciò si spiega in parte con la bassa numerosità dei family office italiani (i Paesi europei che ne hanno di più sono Germania, Svizzera e Svezia), compensata però dal loro alto numero di investimenti imprenditoriali, il più alto in Europa. L'Italia risulta al 5° posto nella classifica delle start-up e imprese innovative con investimenti dai FO, con 45 deal portati a termine da parte di FO europei tra il 2015 e il 2020.
Club deal, soluzione preferita dai FO made in Italy
Per i FO italiani il club deal resta uno degli strumenti più usati dalle famiglie imprenditoriali per diversificare il proprio patrimonio tramite asset illiquidi. «I casi sono tanti da Branca a Lavazza e fino a Tamburi Investment Partners - conclude Kotlar - che hanno fatto del club deal il proprio marchio di fabbrica, investendo in imprese del calibro di Moncler e Eataly. Ma esistono anche esempi di family office che effettuano o hanno effettuato investimenti diretti assimilabili alle attività di venture capital o private equity. Un fenomeno evidente in tutto il mondo (il tasso di ritorno è in media superiore al segmento fund investing, 16% versus 12%), mentre in Italia è emergente e di nicchia».
Per esempio, sempre secondo la ricerca tra il 2016 e il 2019 i FO italiani hanno fatto circa 90 investimenti diretti di venture capital, inclusi quelli di equity crowdfunding, di cui 69 in Europa e 17 negli Stati Uniti, per un valore di 3 miliardi di dollari. In questa nicchia si mettono in luce i cosidetti “family venture capitalist” con i casi di H14 (Berlusconi), gruppo Bertoldi e Rancilio Cube, che approcciano il patrimonio famigliare in ottica di rischio, abbandonando la visione tradizionale per lo più conservativa, e mettendo il patrimonio al servizio dell'innovazione e dell'economia reale, in un'ottica di finanza imprenditoriale.
loading...