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Fase 2, così la filiera dell’energia lancia un assist per far ripartire il Paese

Secondo lo studio, serviranno 110 miliardi di investimenti da qui al 2030 in infrastrutture energetiche per realizzare il piano nazionale e la strategia europea

di Celestina Dominelli

Per raggiungere gli obiettivi del Pniec servono infrastrutture e stabilità normativa

3' di lettura

La progressiva decarbonizzazione dell’economia come tappa obbligata per allineare l’Italia agli obiettivi tratteggiati dal Piano governativo per l’energia e il clima (Pniec) e dai target fissati da Bruxelles. Ma anche, e forse soprattutto, come irrinunciabile alleato per far ripartire il Paese nella Fase 2. Perché dal cambio di rotta, indicato dal combinato disposto tra strategia nazionale ed europea, discende una consistente molte di investimenti e ricadute più che positive per l’economia della penisola. Un impatto che Confindustria Energia, supportata dalle associazioni di tutto il comparto (Anigas, Assogasliquidi, Assomineraria, Elettricità Futura, Igas Imprese Gas e Unione Petrolifera), dai due gestori della rete elettrica e di quella del trasporto gas (Terna e Snam) e dall’Osservatorio Mediterraneo dell’Energia, quantifica in 110 miliardi di euro di investimenti da mettere in campo da qui al 2030.

Ricci: le infrastrutture energetiche come opportunità per la ripresa
«Nella difficile situazione economica causata dall’emergenza sanitaria gli investimenti in infrastrutture energetiche rappresentano per l’Italia un’opportunità per la ripresa economica post coronavirus, uno strumento essenziale per il raggiungimento degli obiettivi del Pniec e del Green Deal Europeo e un modello di sostenibilità per lo sviluppo nella Regione del Mediterraneo», sottolinea il presidente di Confindustria Energia, Giuseppe Ricci che ricorda poi come le aziende della filiera energetica «sono rimaste in piena operatività durante tutta la fase 1 dell’emergenza, resa possibile grazi all’individuazione e all’attuazione tempestiva di misure rigorose di prevenzione e gestione dei rischi».

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Rinnovabili in forte crescita
La parte del leone sarà giocata dalle fonti verdi che, anche considerazione dei nuovi obiettivi fissati dal Pniec, registra un impegno in crescita di circa il 30% per impianti solari ed eolici, bionergie e biometano. E ad avanzare saranno anche gli investimenti finalizzati al potenziamento di tutto quel bagaglio di “munizioni”, dagli accumuli elettrici agli stoccaggi, indispensabile per garantire la tenuta complessiva del sistema. Dove, per effetto dei provvedimenti dell’esecutivo adottati nei mesi scorsi, sarà invece destinata a declinare tutto il comparto di produzione idrocarburi: qui gli investimenti seguiranno una curva discendente, collegata alla forte limitazione delle attività oil&gas nazionali, con una riduzione del 25 per cento.

Le ricadute per il sistema e l’occupazione
Insomma, una grande macchina è pronta a rimettersi in moto per portare a termine questa svolta. E l’impatto per l’economia nazionale sarà consistenti: secondo lo studio, condotto con il supporto analitico di PwC Strategy&, le ricadute complessive ammonteranno a 350 miliardi durante la fase di realizzazione e di esercizio delle infrastrutture con un effetto positivo sul Pil dello 0,8% in media nel prossimo decennio, al netto di entrate fiscali e oneri accessori e senza impatto sul debito pubblico nazionale. Non solo. L’indagine firmata da Confindustria Energia indica anche un significativo riverbero occupazionale pari a 135 mila unità lavorative annue impiegate durante la costruzione e la vita utile degli impianti e di competenze qualificate per le tecnologie innovative e i sistemi digitalizzati, oltre a una netta riduzione dei gas climalteranti.

La strada: regole certe e iter autorizzativi semplificati e accelerati
Per mettere in pista questa immensa mole di investimenti, servono però alcuni tasselli che Ricci riassume in due punti: «un quadro di regole certo» e «iter autorizzativi semplificati e accelerati». Ma la velocizzazione del processo amministrativo, osserva lo studio, richiede anche interventi sulla governance dei rapporti tra le istituzioni locali e nazionali, e la necessità di rafforzare la struttura delle commissioni Via/Vas . Con un ruolo chiave per l’Osservatorio Pniec presso la presidenza del Consiglio che viene considerato lo strumento fondamentale di coordinamento e che dovrebbe avere poteri sostitutivi in caso di difficoltà nella gestione del percorso autorizzativo.

L’Italia come traino della transizione energetica del Mediterraneo
L’energia si candida quindi a fare da stimolo nella Fase 2 con l’Italia che, grazie alla sua posizione geografica, può legittimamente puntare a rivestire un ruolo di primo piano favorendo la maggiore integrazione del mercato energetico del Mediterraneo con quello europeo. Non a caso, l’Osservatorio Mediterraneo dell’Energia stima, entro il 2030, investimenti per il settore energetico tra 1700 e 1900 miliardi, di cui circa 900 miliardi nei Paesi delle sponde Sud ed Est. E indica proprio nell’Italia il miglior traino per favorire un’accelerazione della transizione energetica sostenibile nel contesto regionale del Mediterraneo.

Per approfondire:

Energia, asse tra elettricità e gas per decarbonizzare l’Italia
La scommessa dell’idrogeno per un'energia sostenibile

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