Fed, si avvicina la fine dei rialzi dei tassi
Possibile un doppio rialzo da 0,25 punti percentuali fino a giugno, poi l’enfasi passerà sulla durata della fase restrittiva
di Riccardo Sorrentino
2' di lettura
È finita? Sta per finire? Ormai la domanda di analisti e investitori si concentra sui tempi della conclusione della stretta della Federal reserve. Diversi economisti privati parlano di giugno, e qualcuno non esclude che l'annuncio possa essere fatto già nella riunione di maggio. Sarà il momento giusto?
Quando fermarsi?
La politica monetaria incide con ritardi lunghi e variabili: decidere quando fermarsi è davvero un compito delicato. Al momento i tassi sono al 4,75-5% e potranno salire nella riunione di maggio al 5-5,25% e in quella di giugno al 5,25%-5,75%. A quel punto l'enfasi passerà definitivamente sulla durata della stretta.Il principale punto di riferimento sono, evidentemente, le aspettative di inflazione.
Aspettative di lungo periodo stabili
Le indicazioni provenienti dalle misure di mercato – che alla Fed piacciono generalmente poco, perché “alterate”, da premi alla liquidità e premi al rischio – segnalano che le aspettative di lungo periodo si sono stabilizzate, sia pure a un livello leggermente superiore all'obiettivo del 2% medio. Le intemperanze del recente passato sono superate, la Fed appare credibile.
Aspettative di breve periodo ancora alte
Le aspettative a un anno, misurate in questo da sondaggi presso i consumatori, danno un'indicazione diversa: l'indice dell'Università di Michigan ha anzi interrotto ad aprile una marcia discendente, risalendo al 4,6%, dopo essere calato fino al 3,6 per cento. I tassi reali sono dunque appena positivi.
Inflazione in leggera flessione
L'inflazione effettiva – che può incidere sulle attese dei consumatori – comincia a mostrare una flessione sia nell'indice complessivo (l'indice Pce, preferito dalla Fed) che nell'indice core, ma resta a livelli ancora relativamente alti: 5% e 4,6% rispettivamente.
Salari in rapido rialzo
Soprattutto, le pressioni sull'inflazione sono ancora elevate. Con un approccio che forse non tiene del tutto conto dei cambiamenti strutturali del mercato del lavoro – i disallineamenti tra domanda e offerta, le nuove preferenze dei lavoratori – la Fed resta preoccupata dell'andamento di diversi indicatori. I salari orari, in particolare, si muovono a una velocità superiore all'obiettivo di inflazione: 4,4%, con una produttività oraria che, a dicembre, era dell'1,7%. L'inflazione salariale viaggia quindi attorno al 3%.
Condizioni finanziarie accomodanti
Il vero punto è, però, lo stato delle condizioni finanziarie. Sono ancora accomodanti, in base all'indice di Chicago, che riassume un centinaio di indicatori lungo tutta la cinghia di trasmissione della politica monetaria. È un segnale che va seguito attentamente, sempre tenendo conto dei ritardi con cui agisce la politica monetaria. Se non segnala la necessità di tassi ancora più alti – nel 1990, con un'inflazione analoga, erano però all'8% – lascia intravvedere una stretta lunga.
Obiettivo: evitare la recessione
L'obiettivo è chiaro: evitare una recessione, sia pure breve, determinata dalla politica monetaria, come è avvenuto in passato (nello stesso 1990, per esempio); ma il rischio di far ripartire l'inflazione resta, come avvertono le aspettative di inflazione dell'Università del Michigan, resta elevato.
loading...