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Federica, Giulio e la carica degli ingegneri ventenni nel pneumatico del futuro di Pirelli

Dopo 18 mesi si è chiusa la prima edizione del master biennale con il Politecnico di Milano a cui hanno partecipato 34 neoassunti

di Cristina Casadei

3' di lettura

Federica Perugini e Giulio Piazza. Poco più di 50 anni in due. Classe 1994, nata a Roma lei. Classe 1996, nato a Palermo lui. Ingegnere meccanico, con laurea alla Sapienza e seconda laurea a New York saltata per un soffio, a causa dell’impossibilità a partire per il Covid, Federica. Ugualmente ingegnere meccanico ma con laurea italiana al Politecnico di Torino e laurea americana alla Oakland university di Detroit, nel Michigan, Giulio. Entrambi sono arrivati in Pirelli poco più di due anni fa, dopo aver superato la selezione dedicata ai talenti da inserire nel master R&D excellence next che Pirelli ha costruito con il Politecnico di Milano, prevedendo diversi moduli - tecnici e non - e una squadra di docenti di diversa estrazione: per i 3 quarti universitaria e per il resto aziendale. Piero Misani, Executive Vice President Research and Development and Cyber di Pirelli, dice che «la complessità del pneumatico oggi è tale da richiedere un livello di specializzazione altissimo e un tempo di sperimentazione il più breve possibile. Solo con competenze digitali sempre nuove e aggiornate possiamo competere sul mercato da protagonisti. E questo master ci ha consentito di consegnare un know-how imprescindibile a questi 34 ragazzi e ragazze che già oggi stanno ripagando l’azienda conseguendo risultati importanti».

I superingegneri

I giovani ingegneri, che in Pirelli già chiamano i superingegneri, pochi mesi dopo il loro arrivo in azienda sono stati, «catapultati in un progetto che ci ha fatto capire che l’azienda conta su di noi e dà valore a quello che facciamo», dice Federica. «Pirelli ha un’identità forte e lo si inizia a percepire subito quando si entra - aggiunge Giulio -. Personalmente non ho avuto altre esperienze di lavoro, ma l’ambiente per me è positivo e stimolante, soprattutto perché c’è una propensione a collaborare per un interesse comune molto forte. E questo lo si vede nella disponibilità con cui i colleghi si spendono per spiegare le cose». Il master è stata una vera e propria alternanza tra alta formazione universitaria e lavoro, con 8 ore alla settimana in aula e un project work da sviluppare, tutto all’interno dell’orario contrattuale.

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Il project work

Con Federica, Giulio ha lavorato allo stesso progetto, in cui «abbiamo studiato la dinamica delle prestazioni dello pneumatico nelle condizioni di neve». Il project work è stato un momento importante di tutto il percorso e come spiega Edoardo Sabbioni, docente del Politecnico di Milano e direttore scientifico del Master, è stata proprio la migliore espressione del percorso di crescita. Nei project work i nostri studenti hanno sintetizzato le competenze acquisite dalle diverse aree di apprendimento e le hanno applicate in modo critico e creativo a situazioni di vita reale, coniugando i background dei diversi componenti dei gruppi di lavoro».

La prospettiva

Guardandosi indietro, ma forse più guardando avanti, Federica dice che «sono stati 18 mesi che ci hanno dato una visione di insieme del nostro lavoro, in cui abbiamo visto cosa fanno le altre funzioni. Io mi occupo di simulazione con il metodo degli elementi finiti del pneumatico e questi 18 mesi mi sono serviti a sviluppare quelle competenze trasversali che aiutano quando si affronta una problematica su un prodotto su cui serve una visione di insieme. Nel futuro mi porterò proprio questo, l’importanza di avere una visione di insieme». Per Giulio che si occupa di «sviluppo prodotto per il mercato nordamericano il master è stato fondamentale per procedere secondo linee guida in una visione di insieme dove però diventa fondamente il time management, la gestione del tempo, soprattutto quando ci si deve coordinare con altre funzioni». Ma non solo. Per Giulio prima l’arrivo in Pirelli e poi il master ha significato entrare in un mondo di certezze. «Molti miei coetanei, nel passaggio dall’Università al mercato del lavoro vivono una condizione di spaesamento dovuta al fatto che non sanno come valorizzare le conoscenze che l’università dà e magari scoprono che nella realtà il lavoro che devono fare è diverso da come se lo immaginavano. Nei diversi moduli, sui materiali o sui processi, ho capito quello che ognuno fa e quanto è importante integrare le diverse competenze, conoscere e riconoscere il valore dei diversi punti di vista e non rimanere chiusi nel proprio piccolo. Fare un master così, mi ha dato una sicurezza in più e mi ha reso più consapevole di essere dentro a un percorso definito, in cui l’azienda ha una prospettiva per me e dove si premia chi dà di più e ottiene i risultati migliori». Per dirla con Federica, questo «è solo un inizio» e, come aggiunge Giulio, «adesso inizia la partita».

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