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FedEx crolla e brucia 13 miliardi. Pesano i dubbi sulla recessione

Il gigante delle spedizioni lancia un profit warning e in Borsa perde oltre il 20%. Ma sulla sua fragilità c’è l’ombra delle scelte di Amazon

di Biagio Simonetta

Reuters

3' di lettura

Alan Greenspan, presidente della Federal Reserve per oltre vent’anni, ha sempre avuto un certo interesse per il titolo di FedEx. L’economista americano, oggi 96enne, l’ha più volte etichettato come un anticipatore del ciclo economico. Per la serie: guardare alle azioni di FedEx per capire dove vanno i mercati, e forse il mondo.

Se la teoria di Greenspan è ancora valida, quello che è successo nelle ultime ore al titolo del gigante americano delle spedizioni è un segnale decisamente preoccupante. La società con sede a Memphis, Tennessee, è scivolata rovinosamente a Wall Street, perdendo il 23% all’inizio delle contrattazioni, dopo che nella serata di giovedì 15 settembre - a mercati chiusi - aveva reso noti risultati finanziari sotto le attese, con entrate in contrazione per mezzo miliardo di dollari nel primo trimestre fiscale (chiuso il 31 agosto scorso, ndr), e aveva lanciato un profit warning carico di preoccupazioni. Perché con l’economia in contrazione e i venti di recessione che soffiano sempre più forti, i consumatori sono più cauti sugli acquisti non essenziali, preferendo la strada del risparmio a tutela di beni come gas e cibo.

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IL VOLUME DELLE SPEDIZIONI, PER ANNO FISCALE, NEGLI STATI UNITI
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Alla luce di questi dati, FedEx ha annunciato contestualmente la chiusura di 90 sedi, il blocco delle nuove assunzioni e la temporanea sospensione dei voli. E le parole dell’amministratore delegato, Raj Subramaniam, sono state poco rassicuranti: «I volumi globali sono diminuiti dal momento che le tendenze macroeconomiche sono notevolmente peggiorate, sia a livello internazionale che negli Stati Uniti. Stiamo affrontando rapidamente queste problematiche, ma data la velocità con cui le condizioni sono cambiate, i risultati del primo trimestre sono al di sotto delle nostre aspettative».

Il crollo più grave di sempre

Con le azioni scivolate del 23%, circa 13 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato sono stati spazzati via. Ma c’è dell’altro: il movimento ha anche segnato il calo percentuale più ripido del titolo in un giorno, superando quello del “Black Monday” del 1987, quando le azioni di FedEx persero il 16,4%. E ha trascinato verso il basso un po’ tutti i titoli legati alla logistica, dalla tedesca DHL ad Amazon, fino alla cinese Cosco.

Cosa c’entra Amazon

Ma la storia di FedEx si intreccia pesantemente con quella di Amazon. E sembra scontato sottolineare come proprio le mosse del gigante dell’eCommerce abbiano influito sulla maggiore fragilità attuale della società di Memphis. Lo dicono i numeri. Fino a qualche anno fa, Amazon faceva molto affidamento su FedEx (ma anche su UPS) per consegnare i pacchi ai propri clienti. Tanto che nel 2014, i pacchi consegnati dalla stessa Amazon negli Stati Uniti erano appena lo 0,2% del totale. Poi la società di Bezos ha cambiato strategia. E lo ha fatto dopo una disastrosa tornata di consegne, durante lo shopping natalizio del 2013. La logistica si riscoprì non all’altezza della crescita di Amazon, causando ritardi diffusi. E l’anno successivo, il gigante di Seattle iniziò a premere su quella che oggi è Amazon Logistics, accelerando la costruzione dei propri centri di distribuzione, comprando flotte di aerei cargo e furgoni per le consegne. Da allora, Amazon ha spostato costantemente un numero sempre maggiore di consegne da FedEx e UPS verso le sue operazioni logistiche interne. E dal 2020, Amazon Logistics è il terzo player logistico americano, alle spalle di Usps e UPS (con quest’ultima nel mirino).

I dolori della logistica

E che per la logistica sia un momento nero, lo conferma al Sole24Ore, Damiano Frosi, direttore dell'Osservatorio Contract Logistics “Gino Marchet” del Politecnico di Milano: «Mancano autisti in tutti i Paesi, non si trovano operatori di magazzino, si sta contraendo il numero di aziende (in Italia il numero di autotrasportatori è passato da 104mila del 2009 a meno di 80mila nel 2020), gli investimenti per nuovi mezzi di trasporto (a minor impatto ambientale) sono ingenti e i tempi di consegna molto elevati. Inoltre aumenta il costo dei principali fattori produttivi della logistica (carburante, energia, manodopera). Mentre non crescono le tariffe degli operatori. E tutto questo incide sulla marginalità delle aziende del settore, portando gli operatori logistici al limite della sostenibilità e con una difficoltà importante a fare ulteriori investimenti. Il problema è serio e non solo di settore, perché lo scenario possibile di recessione economica può essere ancora peggiore se viene a mancare il sostegno della logistica, che sappiamo essere un elemento chiave e strategico per la continuità e il supporto ad ogni business».

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