Asia e Oceania

Feff Udine: omaggio a Brigitte Lin e tanti film “patriottici”

di Stefano Carrer

3' di lettura

L'idea di un Festival del cinema dell'Estremo Oriente a Udine, afferma la cofondatrice Sabrina Baracetti, venne sulla scia del film “Hong Kong Express” ovvero “Chunking Express” (1994) di Wong Kar-wai, con la memorabile interpretazione di Brigitte Lin Ching Hsia, vera e propria icona del cinema di Hong Kong e Taiwan.
A lei sul palco, tra l'arrivo a sorpresa della figlia, e' stato assegnato il Gelso d'Oro alla carriera nella ventesima edizione del Far East Film Festival (Feff). Un riconoscimento omnicomprensivo, ha detto, che non le era mai stato assegnato. In tempi di movimento #MeToo, Brigitte Lin non si e' sottratta alla domanda sul maschilismo nel mondo del cinema. “Mia madre non dormi' per tre notti quando iniziai la carriera in un settore considerato moralmente pericoloso. Ma non ho mai avuto veri problemi di molestie, forse anche perche' divenne famosa in modo subitaneo”, dice. Solo una volta, rivela, un attore le urto' deliberatamente il seno con il gomito: penso' di denunciare la cosa, ma alla fine preferi' fulminarlo con il suo sguardo da dura.

Feff: tra Brigitte Lin e il nuovo cinema nazionalista cinese

Ospite d'onore al Feff e' stata anche la famosa produttrice di Hong Kong, Nansun Shi, secondo cui, se 3-4 anni fa il cinema di Hong Kong era dato in semiagonia, ora appare in ripresa, anche in tandem con la crescita del cinema della Cina continentale, ma soprattutto per l'emergere di una nuova andata di giovani registi (25 solo l'anno scorso). Non e' chiaro, dice, quale sara' l'impatto della nuova regolamentazione che pone il mondo del cinema cinese direttamente sotto l'egida di una apposita commissione del partito.
NAZIONALISMO AL CINEMA. In questa edizione del Far East Film Festival ci sono molti film storico-patriottici, ai quali si associa una tendenza chiaramente nazionalista. A differenza del cinema coreano, legato a un nazionalismo antigiapponese del passato - osserva acutamente Nansun Shi - la cinematografia cinese propone ora un nazionalismo del presente, conscio della ritrovata forza e statura mondiale del Paese, esaltando il neonato ruolo internazionale della Cina e delle sue forze armate, ad esempio nelle crisi africane. Un esempio tipico di questa nuova tendenza e' “Wolf Warrior II”, che ha battuto nella seconda meta' dell'anno scorso ogni record di incassi ai botteghini. Film di azione, elettrizzante, ma con tanti messaggi non poi tanto subliminali: esalta il ruolo positivo in Africa di una Cina che cerca di salvare non solo i suoi connazionali, ma anche molti africani piombati nel gorgo della guerra civile. Una Cina che aiuta la crescita economica con le sue merci e le sue fabbriche decentrate, che istituisce ospedali, scopre vaccini, e' presente con la sua Marina anche quando quella americana se ne e' andata. Una Cina la cui bandiera e' rispettata al massimo. Con un eroe cinese che combatte la pirateria ed elimina i cattivi mercenari occidentali, accennando persino a diventare un sex symbol: se il capo mercenario gli dice “quelli come te non possono aver la meglio su di noi”, lui riesce a ucciderlo replicando “questo valeva per il passato”. Un film che preconizza, insomma, la sostituzione del mito americano, non solo nel cinema.
Sulla stessa scia si pone la produzione mista Hong Kong/Cina “Operazione Mar Rosso” del veterano Dante Lam: tra Africa, pirateria e ordine di evacuare i cittadini cinesi, un grande action movie piuttosto brutale (anch'esso re ai bottegHini) che rinvia a uno spiccato patriottismo culminante in un finale incongruo e inquietante. Dopo la missione compiuta in Africa e il solenne funerale dei caduti, le navi da guerra cinesi tornano verso la patria e nel Mar cinese meridionale rilevano intrusioni. “Qui siete in acque territoriali cinesi, lasciate immediatamente la zona”, ordinano gli altoparlanti in modo ossessivo (evidentemente a navi americane impegnate nell'affermare la liberta' di navigazione in quel mare).
Le forze armate cinesi sono protagoniste positive anche in film ambientati in periodi delicati come quello della rivoluzione culturale e della guerra contro i “compagni” vietnamiti: e' il caso di “Youth” (“Giovinezza) di Feng Xiaogang, affresco storico-generazionale con un afflato epico, in cui gli eccessi della rivoluzione culturale sono accennati senza che intacchino il prevalente idealismo del gruppo di protagonisti.
Mettono invece in pieno il dito nella piaga della storia del loro Paese i due registi coreani che hanno scandagliato il processo di ritorno della Corea del Sud alla democrazia e la brutale resistenza al cambiamento della dittatura allora al potere: Jang Joon-hwan con “1987: When the Day Comes” e Kwon Gyeong-won con il documentario “Courtesy to the Nation”. Film che ci ricordano che la democrazia non e' scontata e che va conquistata e meritata.

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