Fenicotteri, cavallucci marini e delfini: ecco la Taranto che resiste all’inquinamento
di Domenico Palmiotti
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Dici Taranto e l'immagine che più viene associata alla città è quella dei fumi dell’Ilva o delle polveri minerali che assediano il quartiere Tamburi, vicino alla fabbrica. E anche se l'Arpa Puglia asserisce da tempo che la qualità dell'aria a Taranto è migliorata perchè l'Ilva produce meno rispetto a sette-otto anni fa, prima della tempesta giudiziaria e dei sequestri, gli ambientalisti ribattono affermando che le polveri che sono nell'aria di Taranto hanno comunque una tossicità maggiore, e quindi più impattanti sulla salute dei cittadini, perchè di estrazione siderurgica.
Sia chiaro: Taranto resta un'area critica sotto il profilo ambientale, forse più che per il presente, per i guasti del passato. E il risanamento è un'opera enorme che richiede tempo e risorse. Basti pensare che, ciascuno con una sua competenza, vi sono delegati un commissario di Governo, i commissari dell'amministrazione straordinaria dell'Ilva e il nuovo proprietario dell'acciaieria, Arcelor Mittal.
Ma Taranto regala anche delle sorprese straordinarie. Con la natura offre segni di vivacità e reattività che fanno ben sperare per il futuro. Quantomeno indicano che non tutto, per fortuna, è irrimediabilmente compromesso. Dalla palude “La Vela” al Mar Piccolo e al Mar Grande, tra fenicotteri rosa, cavallucci marini e delfini (questi ultimi da anni attrazione turistica con le escursioni della Jonian Dolphin Conservation), viene fuori il quadro di un'altra Taranto. E stupisce il Mar Piccolo, dove si “specchia” un pezzo importante dell'acciaieria.
I fenicotteri rosa a Mar Piccolo
“Ci sono sempre stati” dicono Marco D'Errico e Fabio Millarte, rispettivamente responsabile scientifico e responsabile del WWF Taranto. “Il punto è che - commenta Marco Dadamo, direttore della palude “La Vela” - in questa stagione ne stiamo notando oggettivamente di più. Si sono create le condizioni ottimali perché i fenicotteri rosa si fermino e svernino in quest'area”. “Di recente - aggiunge D'Errico - ho contato 72 esemplari. Suppongo che andando oltre nelle settimane, possiamo contare una quota superiore a 100”.
“Il fenicottero non é a rischio di estinzione, non è una specie da conservare - aggiunge Dadamo - ma è una specie bandiera. Da questa presenza traiamo due messaggi: che il Mar Piccolo di Taranto, sul quale la palude “La Vela” si affaccia, è uno scrigno prezioso di biodiversità e che la natura, nonostante le offese che le vengono arrecate, nonostante gli assalti che dispregiano l'ambiente, fa di tutto per proteggersi, rigenerarsi e creare delle condizioni ottimali.
E quest'area si va sempre più configurando come un riferimento per l'avifauna migratoria e stanziale”. “Ma non facciamo della presenza dei fenicotteri una ragione per dire: vedete? Ci sono i fenicotteri sul Mar Piccolo, non distanti dall' Ilva, quindi l'inquinamento non sussiste, perché non è così - riprende Millarte -. Noi come WWF continuiamo a ritenere quella fabbrica incompatibile con lo sviluppo nuovo che prefiguriamo per Taranto”.
“Stiamo lavorando per sviluppare le risorse green di cui Taranto è dotata - afferma l'assessore comunale all'Ambiente, Francesca Viggiano -. E si va verso l'istituzionalizzazione dell'ecomuseo che servirà per i laboratori didattici. L'area dell'ecomuseo comprende sia l'oasi “La Vela” che Mar Piccolo. É stata per lungo tempo sottratta alla città e adesso è una delle direttrici di sviluppo che come Comune perseguiamo rivisitando l'intero tratto costiero. Proprio “La Vela” é un'oasi dove stupirsi diviene la norma, perché accanto ai fenicotteri ci sono colonie di cavallucci marini e i cavalieri d'Italia, uccelli acquatici”.
I cavallucci marini nel Mar Piccolo
Secondo la letteratura scientifica, gli ippocampi sono considerati organismi indicatori di habitat costieri caratterizzati da un buono stato ecologico, molto sensibili alle variazioni delle condizioni. Quindi, la presenza di questa “popolazione” in un mare fortemente inquinato come il Mar Piccolo di Taranto smentisce l'attestazione. Anche perché, soprattutto negli ultimi tre decenni, il paesaggio originario e l'ecologia del Mar Piccolo sono stati radicalmente modificati. E invece, nonostante condizioni ambientali critiche, il Mar Piccolo continua a presentare condizioni favorevoli allo sviluppo di queste specie. Lo evidenzia il commissario delegato alla bonifica di Taranto, Vera Corbelli, che ha proprio Mar Piccolo tra le sue priorità. “Oggi lavoriamo per assicurare al Mar Piccolo sostenibilità ambientale - spiega Corbelli -.
La prima azione messa in campo ha riguardato il censimento degli scarichi - ben 180, di cui il 50 per cento chiusi - e lo svolgimento di oltre cento indagini per monitorare acqua e sedimenti e di migliaia di analisi per caratterizzare lo stato dei fondali. Poi l'eliminazione dei tantissimi rifiuti di natura antropica presenti sui fondali: ordigni bellici, attrezzi da pesca, carcasse di auto e moto. Una volta eliminate le cause che hanno generato negli anni lo stato di degrado, altrimenti è tutto vano, si partirà con le attività di biorisanamento associate ad altre di natura tecnologica nell'ambito di una gara per il Mar Piccolo da 32 milioni di euro chiusa nei mesi scorsi”. “Col biorisanamento - aggiunge Corbelli - sperimentiamo particolari organismi come batteri appartenenti alle alghe o al mondo animale, in grado di modificare la natura dei sedimenti ed eliminare gli inquinanti che si sono accumulati”.
Tra i vari step che hanno caratterizzato gli interventi preliminari in Mar Piccolo c'è stato il “trasloco” delle specie più pregiate sotto il profilo della conservazione come la “Pinna nobilis” (il più grande mollusco del Mediterraneo, “trasferiti” 7.017 esemplari) e gli ippocampi. Specie “traslocate” in aree più “riparate” dello stesso Mar Piccolo per il tempo necessario alla bonifica. Un lavoro durato un anno, unico nella sua dimensione numerica, premiato dall'Accademia dei Lincei e accompagnato da una serie di accorgimenti: espianto e riallocazione in una stessa giornata per evitare alle specie stress di ogni tipo, temperatura dell'acqua non superiore ai 27 gradi, uso di vasche forate per il trasferimento, immerse in altre vasche con acqua di mare e provviste di pompe per il ricambio idrico costante, collarini di colore diverso per i cavallucci marini (solubili dopo un breve periodo di contatto con l'acqua di mare) per individuarne la tipologia.
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